L'uomo bello piace all'Est

L'uomo bello piace all'Est L'uomo bello piace all'Est le o doveroso per le donne, e per gli uomini no?». Non trovava giusto il pregiudi-' zio per cui l'uomo bello che ha cura della propria bellezza viene spesso creduto poco serio oppure poco maschio: «Anche qui la cultura resta In tremendo ritardo rispetto alla realtà. Questo libro può forse contribuire a ridurre il gap». E non è abbastanza anomalo, come libro, nella produzione di Napoleone? L'ultimo successo editoriale della casa editrice è «La pista» di Christian Roulette, che sostiene l'inesistenza di una «pista bulgara* nell'attentato al Papa compiuto da Ali Agca e attribuisce ai servizi segreti americani l'invenzione d'un coinvolgimento nell'attentato dei bulgari e dei sovietici, difendendo l'innocenza dell'imputato bulgaro Antonov; la prossima uscita, in gennaio, è «Roma perché. La giunta di sinistra, analisi di un'esperienza», introdotto da Giovanni Berlinguer, con interventi anche dell'ex sindaco comunista della capitale Ugo Vetere e dell'ex sindaco professor Argan. In «Uomo bello» si insegna invece la ginnastica facciale antirughe («cercando di contrarre bene i muscoM,jnlmare alternatitSBSBSSEJa pronuncia del-, fa'-tótWHWx e della u francese»), l'uso estetico della barba («un mento piccolo scompare sotto una barba ben tagliata, come uh naso pronunciato viene ridimensionato da un paio di baffi; barba e baffi risolvono il problema del doppio mento»), la chirurgia plastica delle orecchie e delle palpebre, le diverse gradasioni di tinture per capelli, riflessanti, frizioni coloranti. Nessuna anomalia, dice l'editore: «Insieme con la produzione politica, ho sempre pubblicato manualistica per il tempo libero: 'Come fumare la pipa', 'L'acquario in casa', 'L'arte della maglia'*. Non c'è contraddizione? «Anzi. E' quel che mi permette di salvare il bilancio della casa editrice». Lietta Tornabuonl batte sull'italiano standard, sull'italiano comune, colloquiale, quello che usiamo tutti i giorni per le nostre necessità comunicative, scritte o parlate che siano. Satta invece va a caccia dell'«errare*, applica il criterio del giusto-sbagliato alle pagine letterarie. Dovremo d'ora in poi ritenere pessimo scrittore Manzoni per qualche voluto anacoluto («noi altre monache ci piace sentale storie per minuto»; o per il lui soggetto, condannare Dante ad espiare le sue pene in Purgatorio per gli idiotismi, t forti latinismi e le voci forestiere adoperate nella Commedia, bruciare sulla pi bblica piazza gli scritti di Gadda, porre all'indice Verga per la sua sintassi pensata in dialetto, rimandare ad ottobre Pavese, metter nel banco dell'asino Beppe Fenoglio, appioppare a Montala un bel quattro perché pronunciava alla greca lo zaffiro, p-unire ancora Montale e Daniello Bartoli per i loro insieme a invece dei più corretto insieme con. Boccaccio, Goldoni, e ancora Manzoni e Pavese per i loro che polivalenti, t'uardarci da Pea per il suo vernacolo, cacciare dalle pubbliche scuole «scapigliati* come Dossi o Faldella, far prendere qualche lezione privata a Pirandello per quel po' di sintassi troppo parlata. Insomma, Satta si diverte, se ne infischia dello stile e della libertà stilistica degli scrittori, di quanto insomma segna la peculiarità, l'inventiva, la forza appunto della scrittura. E' ovvio che gli scrittori possono inflschiarsene delle sue pagelle. Ed anche coloro che vogliono apprendere l'italiano. E' certo che lo simpara anche o soprattutto leggendo romanzi. Ma non è dagli scrittori che s'apprendono le «regole* del parlare e dello scrivere corretto. Il grande prosatore ti insegna altre cose: che il maneggio della lingua è libertà, che la libertà linguistica non è anarchia, e poi le possibilità incessanti di moti compensatori, di acidi corrosivi, di contravveleni, di colori intensi di fronte ad ogni «grigiore*, di fronte alla semplificazione, alla standardizzazione, alla frase fatta. Illustrazione di Emilio Tadini 1 e non si può! Si piange sulla morte àel\ congiuntivo. Si vuol difendere la «buona lingua*. Tornano le (inutili) crociate contro l'invadenza straniera. Battaglie perdute! Della nostra lingua c'è chi stende necrologi, chi invece più saggiamente indica nel cambiare segni di vitalità e non di patologia (e rimando al dibattito accolto nell'ultimo fascicolo di «Sigma* ed al mio Italiano, lingua selvaggia?;. Ma almeno si di¬ Gianluigi Beccarla

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