I giovani chiedono «sapere» non solo banchi per sedersi

Riflessioni sulla protesta degli studenti e le risposte della scuola Riflessioni sulla protesta degli studenti e le risposte della scuola I giovani chiedono «supere» non solo banchi per sedersi 1 ^' deviante credere 1„ cata risposta all'inc Olii non conosce la logica , jiei media può essere rimasto ; .sconcertato venerdì scorso ,1\e\ leggere i titoli In prima ,,pagina dei quotidiani; quegli ,.8l£Bsi quotidiani che per pri*JWl avevano acceso i riflettori ,,della simpatia al primo ac, Rendersi della protesta giovanile. Dopo averli coccolati ,con le luci della ribalta ades«p 1' criminalizzano con le . pmbre dei ricordi roventi depli anni di fuoco. ..,,Chi come lo scrivente non .ila nascosto le sue perplessità ~£.lc sue preoccupazioni pub-Bucando su queste colonne considerazioni contro corren..Aèfll 9 settembre e il 14, 11 e 1B novembre) potrebbe adesj«> limitarsi a dire: l'avevo -.pur detto che occorreva andarci piano con gli entusiasti! [Ma questo non lo dirò; perché ormai la situazione è "cambiata: è nata — anche 'jjér via dei mass-media — juija realtà con la quale occor"re- fare i conti molto serialmente. E sarebbe presuntuo"sò pensare di avere risposte da dare, rimedi e ricette da -proporre. Mi limiterò, perciò, a porre delle domande: al ministro e agli esperti di scuola, al giornalisti e al politici, Sono domande che-rlguardano le ragioni della protesta e le.funzionl della scuola. Le ragioni della protesta. La protesta ha ragioni da vendere. Ma sarebbe sbagliato pensare che le ragioni siano materiali: le aule, le tasse, illavoro. Se cosi fosse la ragionevolezza delle risposte che su questi temi 11 ministro Fnlcuccl si è affrettato a dare — non esitando, anche coraggiosamente e in prima persona, ad affrontare il dialogo con gli studenti nelle piti diverse occasioni '— avrebbe dovuto convincere. Le ragioni non sono nemmeno bassamente politiche, come hanno cercato di dimostrare quel gruppi che, poggiando sugli obiettivi materiali, hanno ■ cercato di resuscitare tu tt a la gàfhnTa dei vecchi1 rrìóàf W far* politica che avevano attraversato gli Anni Settanta. .Non c'è voglia di protagonismo politico: di fare o di diventare «movimento». Mi sembrano più vicine a capire le ragioni della protesta quelle analisi che hanno cercato di esplorare la zona, per cosi dire, ideale e creativa dell'animo giovanile. Se osservo questa zona mi capita dispensare che i giovani hanno di che lamentarsi fortemente del tipo di proposta educativa che il mondo adulto offre loro, attraverso la scuola e attraverso l'immagine del proprio modo di vivere e di lavorare. • E allora mi chiedo e chiedo a - voi, ministro ed esperti, giornalisti e politici: non avete mai riflettuto sul fatto che alla dotnanda di senso che viene dai giovani non si è mai cercato di rispondere? Come avete potuto pensare che i giovani potessero essere pacificati dal vostro radicale pessimismo? Da quell'Immàgine di.provvisorio che in ogni vostra pubblica manifestazione voi gli offrite? Non pensate che ciò che più manca ai giovani è una risposta al desiderio di certezza, immersi come sono per definizione, data la loro condizione adolescenziale, .in un mare di incertezze? -lo chiedo al ministro e agli esperti di scuola: avete un'idea, sia pur vaga, di come funziona oggi la scuola? Dal punto di vista della sua capacità di offrire proposte educative, risposte non evasive alle domande che i giovani hanno il diritto di porre? Sapete oppure no che troppi insegnanti non sanno, letteralmente, cosa dire al loro allievi?» -Le funzioni della scuola. Sulla scia del sommovimenti del' '68 e del '77, delle giuste richieste ma anche delle grandi paure, chi ha fatto scuola — dai livelli più alti di responsabilità fino agli esperti e agli insegnanti — hsC'rltenuto che la scuola si dovesse modificare nella direzione di diventare più contemporanea e più tecnica. Tutte le riforme che si sono fatte o pensate hanno avuto in comune questa idea di fonde; con l'aggiunta del pluralismo. La «ricetta buona», che avrebbe dovuto favorire l'apertura della scuola ai nuovi allievi provenienti dai ceti e dalle classi che erano rimaste lontane o estranee all'istruzióne e alla cultura, è stata costrutta pensando di poter miscelare quel tre ingredienti: pluralismo, contemporaneità, tecnica. Si pensava, ossi, di ridurre la distanza tra K K che i motivi della conertezza, la povertà del scuola e vita, tra scuola e lavoro, tra scuola e società. E, invece, la si è di molto accresciuta, fino a renderla quasi incolmabile. La domanda che pongo, perciò, è; era la ricetta giusta? E' proprio vero che la scuola deve inseguire la vita e la società? Appiattendosi di volta In volta sulle sue pieghe e sul suol movimenti? Inseguendo le mode culturali? O le tendenze, più o meno effimere, del mercato del lavoro? Dal modo come ho posto le domande si può capire che lo ritengo che le vie da battere per cercare le risposte siano radicalmente diverse da quelle finora intraprese. Abbiamo avuto anni tranquilli per pensarci, anni durante 1 quali non c'era la scusa del disordine per non provvedere. E nulla, invece, si è fatto, salvo legittimare, spesso al più basso livello possibile, tutte le testazione siano materla proposta educativa vie: dal ritorno all'antico alle sperimentazioni più folli. Adesso ci si deve muovere e si deve capire bene che cosa ci chiedono i giovani in agitazione. Chiedono molto: chiedono sapere e cultura, orientamenti e risposte. Chiedono, soprattutto, che chi sta a contatto con loro dispieghi nel lavoro che fa passione e intelligenza, competenze e saper fare. Chiedono che la scuola sia vicina alla loro sensibilità. Per cercare di rispondere a tali esigenze non è necessario — anzi è decisamente controproducente — abbreviare 1 percorsi, rendere tutto più facile, eliminare gli antichi rituali dello studio nell'illusione distorta di fare della scuola un canale per 11 lavoro. La scuola deve, invece, essere il più possibile a contatto con il sublime e il gratuito, con ciò che la tradizione ci ha eriali - Sono la man a creare il dissenso consegnato di più alto e di più nobile: le arti e il sapere, la poesia e le altre chiavi di lettura del mondo. Nulla è finora accaduto che possa lasciar pensare che chi viene messo in condizione di impossessarsi di queste chiavi si trovi disarmato di fronte al problemi della vita. Anzi, tutto lascia credere 11 contrarlo. E, allora, modifichiamo i percorsi formativi, consentiamo davvero a tutti i giovani di Impossessarsi delle chiavi che aprono le porte del mondo; e non lasciamogli credere, per favore, che ciò sia impresa facile che non richiede né applicazione né studio. Non lasciamogli credere che basta cambiare la Falcuccl o la Finanziarla, eliminare 11 greco o promuovere tutti, per trovare la soluzione ai loro problemi. Questo si vorrebbe dire ingannarli! Giovanni Bechellonl

Persone citate: Giovanni Bechellonl