Alessandro Passerin d'Entrèves tutta una vita per la cultura di Pier Franco Quaglieni

Il celebre studioso si è spento ieri a Torino a 83 anni Il celebre studioso si è spento ieri a Torino a 83 anni Alessandro Passerin d'Entrèves tutta una vita per la cultura Fu tra gli amici sta? - «Laico no E' morto Ieri a Torino, Il professor Alessandro Passerin d'Entrèves. Aveva 83 anni, Insigne studiolo del pensiero politico, collaborò In gioventù alla rivista «Rivoluzione liberate» di Piero Gobetti, di cui tu amico. Professore universitario, tu preside della Facoltà di Scienze Politiche all'Università di Torino. La Sorbonne gli conferì la laurea «honoris causa». Numeróso lo sue pubblicazioni. Ormai da parecchi anni Alessandro Passerin d'Entrèves si era ritirato a vita privata, lontano dagli amici e dagli allievi di un tempo. Eppure II suo ricordo ed il suo insegnamento continuavano ad essere sempre vivi: è stato uno di quel maestri che lasciano un segno, pur senza volerlo, perche Passerin d'Entrèves fu uomo di rara discrezione e esemplare umiltà. Appartenente a nobile famiglia valdostana, Passerin d'Entrèves, era nato a Torino nel 1902. Era stato fra I collaboratori e gli amici di Piero Gobetti. Insieme a Mario Fublnl e a Natalino Sapegno — come ricorda Bobbio — «fu uno del collaboratori delle Riviste 90bettiano che venivano dagli studi letterari e filosofici e che arriveranno presto all'insegnamento universitario». Tuttavia questi giovani gobettlanl non avranno un atteggiamento professorale nell'Impegno civile, poiché essi non ebbero mal presunzioni pedagogiche; Insomma, come dice Bobbio, non furono «professori». Si trattò di una cultura militante quella che caratterizzò anche Alessandro Passerin d'Entrèves fin dall'inizio, ma anche di una cultura totalmente priva di condizionamenti Ideologici rigidi: egli è stato uno dei pochi Intellettuali davvero «disorganici», per dirla ancora con Bobbio, che hanno saputo coniugare insieme impegno civile e indipendenza critica. Certamente In lui la lezione di Piero Gobetti non era rimasta un ricordo di gioventù. Nel suo ufficio di preside della facoltà di Scienze Politiche di Torino Passerin d'Entrèves aveva un grande ritratto di Gobetti: ma l'insegna memo gobottiano era por -lui qualcosa di sempre vivo e -presente ancorategli anni della tarda maturità, allorquando, quasi senza accorgersene, si diventa spesso conservatori. Professore universitario dal 1934 al 1945, fu nominato dal Cin primo prefetto di Aosta dopo la Liberazione, a cui aveva dato un contributo appassionato e coraggioso. Dal 1945 al 1957 Passerin d'Entrèves fu quindi professore di studi Italiani ad Oxford, per poi passare all'Ateneo di Torino ad insegnare Dottrina dello Stato e poi Filosofia della politica e Storia del pensiero politico medievale. E' stato autore di numerosissime è fondamentali pubblicazioni In italiano, francese ed Inglese. Sono da ricordare, in particolare, •La filosofia politica medievale», «The Medieval Contrlbutlon to Politicai Thought», «Naturai Law», «Ah Introduction to Legar Phllosoohy», «La dottrina del diritto naturale», «Dante politico ed altri saggi», «La dottrina dello SistCelafMmdttsplOtgd Manca un coord e i collaboratori di n significa avversari r o Stato», «Obbedienza e resistenza in una società democratica». Fu liberale o socialista? Molti si sono domandati cosa fosse effettivamente Passerin d'Entrèves. Certo l'Insegnamento di Gobetti era presente, ma anche il «socialismo liberale» di Carlo Rosselli aveva sicuramente esercitato un fascino su Passerin d'Entrèves. Ma, per rispondere a questa domanda, bisogna pensare al «valdostano» Passerin, che era portato naturallter a privilegiare l'autonomismo ed il regionalismo rispetto alle Ideologie astratte. Soprattutto è da tener presente il lungo periodo trascorso ad Oxford che porta Passerin a contatto con una cultura di stampo anglossassone che cerio ha contribuito a spingerlo a rifuggire dagli Ideologismi. Forse Passsrln d'Entrèves è stato un socialista liberale, ma I termini vanno sicuramente intesi alla maniera inglese. Il liberalismo conservatore italiano lo urtava al pari di un socialismo confusionario e demagogico. Egli stesso mi disse una volta che nello svolgersi della lotta politica quotidiana si può militare in campi diversi, pur mantenendo saldi alcuni principi comuni. Un'altra volta, ricordo, mi parlò a lungo del mostruoso connubio di un parlamentarismo accentrato che si occupa di tutto, anche dal problemi regionali, senza riuscire a concludere nulla di concreto. Egli era per una libertà non concessa dall'alto, ma conquistata dal basso, conquistata quasi, come diceva Einaudi e mi ripetè spesso Passerin, sul mercato di Dogliani in cui gli uomini Imparano a rispettarsi l'un l'altro, Imparando la prassi della libertà. Il suo era, al massimo, Il «socialismo delle Ingiustizie Insanabili», per dirla con un altro grande einaudiano, Ernesto Rossi, ma un socialismo costantemente unito, anzi animato, dai valori della libertà. Disse una volta in uh dibattito con l'on. Malagodi, nel 1967: «lo credo che liberale è colui che dà fiducia all'uomo: i nostri vecchi illuministi del '700 credevano In un mondo migliore», In un articolo su «La Stampa» scrisse: «La democrazia significa eguaglianza, ma sarebbe più esatto dire che significa non discriminazione». Un altro del temi cari a Passerin è stato quello della libertà religiosa, che aveva appreso ad amare alla scuola di Francesco Rufflnl. Scrisse in un mirabile articolo dal titolo «Essere laici»: «Laicità dunque e non laicismo: la distinzione mi sembra importante per valutare l'esatto significato del termine "laico", che non è di per se stesso affatto sinonimo di miscredenza né di avversarlo di una visione religiosa della vita». Ed ancora: «Il principio della laicità dello Stato non può dunque In alcun modo essere inteso come necessariamente foriero di laicismo». Anche a questo riguardo, Passerin rifiuta I luoghi comuni, esprimendosi da vero «laico». Pensando a Passerin d'Entrèves, io ripenso ad un gran si¬ rdinamento tra il co Piero Gobetti - Liberale o socialio di una visione religiosa della vita» gnore nella bufera del dopo '68. Solo Niccolò Carandlni, che di Passerin fu amico, mi diede l'Impressione di una egu.ale signori-'} lite istintiva. C'era allora una contestazione che mirava ormai più ad ottenere II 27 garantito che a rinnovare l'Università. C'era un clima di violenza psicologica che pesava sul nostri Atenei. Ebbene, quest'uomo ormai anziano riusciva ad affrontare le situazioni più Incandescenti con pacatezza ed equilibrio, Imponendosi anche a quelli che riuscivano a «discutere» più con le spranghe che con I ragionamenti. Passerin mantenne, anche allora, sempre ferme le proprie idee. In un articolo del '73 si pronunciò a favore del «numero chiuso» all'Università, a patto che la conditici sino qua non fosse quella di una «società aperta», cioè democratica In cui I privilegi dell'Istruzione fossero definitivamente abbattuti. Scrisse allora: «"La carrière ouverte au talent" è certamente uno del motti più belli di cui possa fregiarsi la democrazia». Passerin con grande eleganza ricordava indirettamente che chi non ha talento torse non avrebbe dovuto affollare l'Università alla ricerca di una laurea a buon mercato. La sua morte riempie di dolore tutti coloro che lo hanno amato e hanno saputo trarre dal suo magistero universitario un Insegnamento di vita. Davvero, Alessandro d'Entrèves è stato, per dirla con Galante Garrone, uno del miei «maggiori», uno di quegli uomini che ci hanno fatto amare la libertà e la cultura. Sempre sottovoce, sempre con stile dimesso ed elegante Insieme. Mentre le urla scalmanate del '68 sono un pallido ricordo, la lezione-colloquio di Passerin d'Entrèves rimane viva nelle nostre menti e, direi, senza Indulgere alla retorica, nel nostri cuori. Pier Franco Quaglieni

Luoghi citati: Aosta, Dogliani, Entrèves, Oxford, Torino