Nel sesto anno, a Kabul mutano i vecchi scenari OSSERVATORIO

Nel sesto anno, a Kabul mutano i vecchi scenari OSSERVATORIO Nel sesto anno, a Kabul mutano i vecchi scenari (Dall'invasione a Gorbaciov; i segnali del nuovo corso) Sei anni fa come oggi cominciò lo sbarco delle truppe aviotrasportate sovietiche al-; l'aeroporto di Kabul. Tre' giorni dopo, il 27 dicembre,' gli uomini dell'Armata Rossa erano già cinquemila, quanto bastava per annunciare che un nuovo governo, quello di Babrak Karmal, si era insediato al posto di quello di Hafizullah Amin (ucciso col resto della sua famiglia). Na-, sceva il caso Aghanistan, la prima invasione sovietica! fuori dai confini del Patto di Varsavia, il colpo di grazia1 alla distensione Est-Ovest, che l'Urss aveva già reso pre- ', caria con le scorribande cubane in Africa e con l'installazione dei primi SS-20 puntati sull'Europa. Da allora, gli anniversari dei tragici fatti di Kabul si sono susseguiti tristemente, tra le notizie incerte di una rivolta antisovietica repressa' con durezza e un senso d'im-1 potenza degli occidentali, abituati all'irreversibilità dei colpi di forza dell'Urss. E tuttavia, col passare degli anni, si faceva evidente un fatto nuovo e imprevisto, e cioè che i sovietici, nonostante l'impiego di forze ere-; scenti, non riuscivano a venire a capo della resistenza afghana. Più che all'Ungheria del 1956 e alla Cecoslovacchia del 1968, occupate con una «passeggiata militate», l'Afghanistan tendeva sempre più a somigliare a' quello che fu per gli americani il Vietnam. E' per effetto, essenzialmente, di questa imprevista, situazione di stallo (il cui co-, sto si fa sempre più pesante per l'Urss, almeno diecimila morti e ventimila feriti, men¬ tre il corpo di spedizione ha raggiunto i 120 mila uomini) che il sesto anniversario della tragedia afghana può essere ricordato senza il vecchio senso d'impotenza, e anzi con qualche incipiente speranza di una soluzione politica. In sintesi, i fatti nuovi sono i seguenti. Reagan e Shultz sono tornati dal vertice di Ginevra con la sensazione netta e dichiarata di una disponibilità di Gorbaciov a un qualche compromesso. La settimana scorsa, la stessa impressione ha avuto, dopo una conversazione a Mosca col leader sovietico, il presidente dell'Assemblea nazionale francese, Louis Mermaz. Ancora a Ginevra, il negoziato indiretto, attraverso la persona del vicesegretario dell'Onu, tra i ministri degli Esteri afghano e pachistano, un negoziato che si trascina stancamente da anni, ha concluso, un iuo ennesimo «round» con segnali di «progresso», secondo il commento del pachistano. Infine, un sorprendente articolo della Pravda, che per la prima volta parla di un «dialogo positivo», anche con «quanti finora mantengono posizioni ostili alla rivoluzio ne», in nome «della rinascita nazionale dell'Afghanistan». . In realtà, esisterebbero già gli elementi di un accordo su tre punti: la garanzia congiunta delle due superpotenze a una soluzione pacifica; l'impegno dei governi afghano e pachistano a sospendere le interferenze reciproche (cioè gli aiuti agli opposti movimenti di guerriglia); il modo di consentire ai tre milióni di profughi afghani di. rientrare nelle loro case. Non sarebbe poco, ma manca il quarto e decisivo punto, vale a dire un accordo sul ritiro delle truppe sovietiche. Dice YEconomist: «L'intesa finora raggiunta è come una macchina senza il motore». E questo motore resta molto diffìcile da fabbricare. Finora il nodo è stato che l'Urss chiedeva i) riconoscimento preventivo del regime fantoccio di Karmal e la fine degli aiuti, via Pakistan, alla resistenza islamica; di contro il Pakistan, spalleggiato dagli Stati Uniti, esigeva un impegno preciso al ritiro delle truppe e garanzie per un governo di coalizione e non allineato. Cambierà qualcosa dopo le «aperture» di Gorbaciov e della Pravdal Naturalmente, sarebbe assurdo nutrire speranze eccessive. Fino a questo momento, i colpi di forza dell'Urss restano irreversibili. Ma, se - davvero cambiasse qualcosa a Kabul, sarebbe la prima, vera, grande novità del «nuovo corso» sovietico: qualcosa che renderebbe finalmente credibili tutte le promesse, in tutti i campi, di Mikhail Gorbaciov. Un Natale al Cremlino. Aldo IUzzo

Persone citate: Aldo Iuzzo, Gorbaciov, Louis Mermaz, Mikhail Gorbaciov, Shultz