Sette copie

Sette copie Sette copie Il motiva per cu^. questo.d|jj pioto viene generalmente considerato, autentico, e nonfBRi cdp*ìat'sta nella qualità dell'*? sedizione. Dopo che gli esperti l'hanno visto al Victoria and Albert, nessuno ha manifestato dubbi sulla sua autenticità. Le altre sette versioni cono¬ sciute sono quasi tutte estremamente mediocri: è impensabile che un falsario capace di farne una cosi bene ne abbia poi fatte di tanto pietose. Inoltre, generalmente i falsari puntano su opere «alla moda» e che hanno un notevole valore economico. La pittura italiana più antica — preraffaellita — non ha conosciuto moda sin dall'inizio del' XVI secolo; la sua riscoperta e rivalutazione risalgono al XIX secolo, e i prezzi elevati sono un fenomeno del nostro secolo. In questo, Uypiom$r§g|u Edward Solly, mercante inglese a Berlino che incominciò a idgliere questè^^^fiiTOF no al 1820, e fini per vendere la sua superba collezione al governo prussiano. La Presen tazióne al Tempio, che Collins bolla come un falso, proviene dalla raccolta di Solly. Non ci sarebbe stato alcun interesse economico a fare un simile falso. Collins ha forse sbagliato anche a definire falsa la Ma-, donna delle cave. U quadro mostra la Vergine con un turbante, che, sostiene, non figura nei veri Mantegna. Ma l'esistenza del dipinto è documentata dal 1568, quando venne registrato come un Mantegna autentico nella collezione di Francesco de' Medici a Firen-' ze. Si muove poi su un terreno pericoloso quando definisce ocelot la pelliccia del collo e del cappello dei due Magi. E' troppo lunga, sostiene il pellicciaio della Regina Elisabetta, Joseph Links: quasi certamente è di genetta, un gatto maculato usato in Europa per le finiture sin dal VI secolo. Anche la sua tesi secondo la quale porcellane cinesi del tipo dipinto nel quadro non erano conosciute in Italia si può contestare. Il Museo degli Argenti di Firenze ha un piatto cinese appartenuto a Lorenzo de' Medici, ed è documentato che alla fine del XV secolo il Sultano di Turchia donò al Doge di Venezia porcellane cinesi. La difficoltà di individuare il tipo esatto di porcellana può derivare dal fatto che Mantegna lo ricostruì a memoria, dopo averne visto un esemplare nel tesoro di Venezia. Non si ha notizia, d'altra parte, di alcuna porcellana Yuan di dimensioni cosi piccole, e la' coppa è troppo sottile rispetto alle spesse terraglie di quell'antica dinastia. La foggia del dono di Melchiorre e la sua identificazione potrebbero rivelarsi una falsa pista. A quell'epoca, era tradizione montare gli oggetti preziosi in oro e argento, sia per abbellirli, sia per conservarli meglio. Quello in questione èchiaramente montato in oro, cioè potrebbe essere italiano come islamico. Quanto ai turbanti, copricapi simili, con sciarpe avvolte, figurano in molti altri dipinti dello stesso periodo. L'opera, una tempera su tela, nel corso degli anni ha perduto molte parti di colore, ripristinate a olio, a danno dell'originale. Ma dell'origina-'' le è rimasto abbastanza da suscitarel'apprezzaménto entu^, siastico di molti, grandi esperti. Per me, modestamente, è autentico. Geraldlne Norman Copyright «Times Newspapers» e per l'Italia «La Stampa» .

Persone citate: Edward Solly, Elisabetta, Joseph Links, Mantegna, Solly

Luoghi citati: Berlino, Europa, Firenze, Italia, Turchia, Venezia