La Praclemer contro Ferzetti in un duello all'ultimo odio

La Praclemer contro Feraetti in un duello all'ultimo odio «Chi ha paura di Virginia Woolf?» all'Alfieri, regia di Missiroli La Praclemer contro Feraetti in un duello all'ultimo odio TORINO —A giudicare dai folti, caldi applausi che hanno salutato la prima, l'altra sera, all'Alfieri, anclie il pubblico torinese, come giù quello di Milano, è stato daccapo conquistato dal fascino aspro, inquietante di Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edivard Albee, regia di Mario Missiroli, interpreti Anna Proclemer e Gabriele Feraetti. Il merito di questo successo spetta, come osservammo all'indomani dell'esordio mila nese, per metà all'autore, per metà al riduttore e al regista italiano. Quando, nell'ormai remoto 1962, Albee, allora trenta quattrenne, ideò questo notturno -gioco di massacro» tra due coppie, una adulta ed una giovane, nel corso di un ossessivo e distruttivo, party, dalle due alle sei del mattino di un'atroce domenica in un atroce campus universitario, voleva essenzialmente scìiernire e vilipendere il cosiddet to -sogno americano», met tendo a brusco confronto quattro intellettualoidi della società opulenta con la volgarità delle loro trite illusioni, con tutta la meschinità delle loro ambizioni deluse. Era molto per quei tempi, e non a caso la commedia fece scandalo: sarebbe poco per oggi, con tutta l'acqua passata sotto i ponti, di qua e di là dell'Oceano. Ma Franco Brusati la commedia non solo l'ha tradotta e ridotta, ma (si può dire?) l'ha riscritta, riportandone semmai alla luce l'esile nervatura di scontro etologico, come quelli die descrive Konrad Lorenz, tra generazioni e tra sessi. E Mario Missiroli ha avuto la finezza critica d'intuire che sotto quello scontro c'era solida, plasmabile pasta di buona cultura teatrale: c'era Strindberg (la donna come mantide religiosa, almeno mentalmente omicida, certo caslratrice) e c'era persino Pirandello perché il clima di quel party è tutto da -teatro nel teatro» c'è addirittura un figlio immaginario, di cui si ricrea una scena, settimo personaggio in cerca d'autore, l'esistenza fittizia. E gli attori, vi chiederete voi, di merito non ce n'hanno affatto? Molto, moltissimo, perché questa è una «ringplay», direbbero a Broodway: e lassù, su quel quadrato, ci sono due lottatori formidabili: la Proclemer, che, da grande attrice qual è, sfodera tonalità quasi inedite di grassa e lugubre farsa, nel personaggio, disperato e tragicamente vitale, di Martha, la frustrata «figlia del signor Rettore»; e Ferzetti, dolce e sgomento, desolato e lievemente ironico, con missiroliani sovrassalti di più duro sarcasmo, nel ruolo di George, l'eterno professore aggiunto di storia. Roberto Alpi, che in queste sere gioca in casa, nella natia Torino, è Nick, un giovane fisico di freddo arrivismo e dall'ambiguità vellutata; Susanna Javicoli è Honey. la sua giovane moglie, tutto un miele di isteria e stoliditi. g. d.b.

Luoghi citati: Milano, Torino