Le avventure di Dassoucy musico e letterato con paggio al seguito

Scopriamo un affascinante personaggio del '600 francese Scopriamo un affascinante personaggio del '600 francese Le avventure di Dassoucy musico e letterato con paggio al seguito come eretico e Dassoucy venne rinchiuso nel carcere del Santo Uffizio. Probabilmente, in questo frangente drammatico, fu proprio il talento parodico a salvarlo. Chiuso tra le mura di una prigione da cui, una volta entrati, era molto difficile uscire, Dassoucy redasse una apologia grossolanamente smaccata della religione e fu assolto. Tornato in Francia ormai vecchio, dopo un'assenza di dieci anni, e accusato di sodomia, Dassoucy conobbe nuovamente i rigori del carcere; si trattava però di un'ultima prova: rimesso in libertà, ottenne una pensione e si dedicò alla stesura dei s'ioì ricordi. Nel 1674 usciva La prigione del Signor Dassoucy, la storia dell'ultimo incidente dello scrittore con la giustizia; e nel 1677, forse l'anno stesso della sua morte, vedevano la luce Le Avventure e Le avventure in Italia. Raccolte sotto il titolo di Le avventure burlesche del signor Dassoucy, queste due ultime opere (che narrano le vicende comprese tra la partenza da Parigi e la fine del soggiorno torinese) vengono ora pubblicate in Italia, eccellentemente tradotte e annotate da Barbara Piqué, con la collaborazione, per la parte in versi, ài Alessio Colarizi Graziani (Rusconi, pagine 309, lire 29.000). Può sembrare per un momento che questo libro bizzarro e avvincente obbedisca soltanto al capriccio dello scrittore, ora esclusivamente dedito al piacere di narrare, ora tutto proteso a giustificare la propria condotta e a vendicarsi delle offese patite, ma basta poco per accorgersi che ci troviamo davanti ad un'opera in cui la consapevolezza letteraria e la riflessione teorica hanno un ruolo di primo piano fino ad assumere, a momenti, il tono di un vero manifesto poetico. Pubblicate verso la fine di quello straordinario ventennio (1660-1680) in cui il classicismo francese aveva espresso le sue opere somme, Le avventure burlesche sono un'ultima appassionata difesa del genere burlesco, 'Sforzo ultimo dell "immaginazione-, che cinque anni prima Boileau aveva espulso dal tempio dell'arte poetica francese. Nella storia della letteratura Dassoucy può forse apparire come un attardato, ma in quella della musica francese egli vanta un indiscutibile primato. A lui va il merito di aver saputo trovare, in un'epoca di totale egemonia dell'opera italiana, una brillante soluzione al difficile problema del recitativo francese, creando la prima 'Commedia in musica*. Nei suoi Amori di Apollo e di Dafne. prefigurasione dell'opera comique settecentesco e momento importante del processo di elaborazione dell'opera francese condotto in porto da Lulli, la musica non ha più la funzione di semplice intermesso musicale, di accompagnamento ai cambiamenti di scena, ma si alterna organicamente alle parti recitate, intercalandole con arie, dialoghi, canzoni. E le memorie di Charles Coypeau Dassoucy ^\ costituiscono, come ha scritto Giovanni Macchia, «11 romanzo più avventuroso del Seicento», l'intera vicenda biografica del loro autore non ha niente da invidiare al più immaginifico dei romanzi neri del secolo successivo. Peccato che Dassoucy non abbia voluto o, forse, non abbia potuto narrarci per intero la sua autobiografia: il suo racconto si interrompe prprio là dove la storia della sua vita si fa più fosca e rocambolesca. Nato a Parigi nel 1605, figlio di un avvocato, Dassoucy aveva ereditato dal nonno materno, un fabbricante di violini di Cremona, la passione per la musica. Dopo un^nfansia turbolenta — a nove anni era già scappato di casa —, Dassoucy si era affermato come musicista e come poeta: ammesso a corte aveva «dilettato con 11 suo liuto», come scrive il suo maggiore studioso, il musicologo Henry Prunières, «le orecchie dei Grandi», Luigi XIII, Mazzarino e il giovane Luigi XIV. La sua formazione intellettuale, fortemente influenzata dalla lezione di Gassendi, nel solco della tradizione del pensiero libertino, la carica eversiva della sua vis comica, la sua evidente omosessualità non potevano tuttavia continuare a godere, nel nuovo clima di controllo politico instaurato da Luigi XIV, della tolleranza che aveva caratterizzato l'epoca della Fronda. La prudenza e la diplomazia non dovevano in tutti i casi costituire la qualità principale di Dassoucy: dopo essersi imposto come musicista (nel 1648-49 componeva gli intermezzi musicali dell'Andromeda, di Corneille) e come letterato (il suo poema burlesco, Il Giudizio di Paride, del 1648, è accompagnato da un florilègio di elogi poetici firmati, tra gli altri, da Cyrano de Bergerac, da Scarron, da Tristan VHermite), egli si attirava, grazie alla virulenza delle sue satire, numerose inimicizie e, sospettato di ateismo e sodomia, era costretto a lasciare Parigi. Dopo due anni di peregrinazioni per la Francia, durante le quali si accodò per alcuni mesi a Molière e alla sua compagnia, Dassoucy raggiunse Torino, sperando nella proiezione della duchessa di Savoia, sorella di Luigi XIII, appassionata di musica, che aveva potuto appressare il suo talento di liutista alla corte francese. Purtroppo Torino non doveva rappresentare un approdo definitivo: caduto in disgrazia dopo meno di due anni, Dassoucy si rimise in viaggio, diretto in Baviera, ma un 'Ciclope* lo aspettava in agguato lungo la strada, nell'isola selvaggia*. Durante una sosta a Mantova, il duca Gonzaga rimase talmente estasiato dalla mirabile voce di Pierrotin, il bellissimo paggio che seguiva Dassoucy come un'ombra, da volerlo trattenere a tutti i costi presso di sé. Il poeta riusci a salvarsi con la fuga, ma Pierrotin, rapito dai sicari del duca e portato a Venezia, venne consegnato a una famiglia di importanti impresari teatrali e evirato. Dopo aver inutilmente tentato di liberare il suo paggio ed essere sfuggito a un nuovo agguato, Dassoucy si stabilì a Firenze e poi, a partire dal 1659, a Roma. Nella città eterna, dove era riuscito a trovare protettori generosi e a farsi apprezzare per t suoi talenti, lo scrittore potè ricongiungersi, dopo una separazione durata sei anni, con l'amato Pierrotin, che nel frattempo era diventato una 'celebre voce bianca, h nuovo sodalizio non fu fortunato: la posizione di Dassoucy in seguito alla pubblicazione del celebre Viaggio di Chapelle e di Bachaumont, in cui lo si accusava molto esplicitamente di essere «un eretico in amore*, era diventata di nuovo critica e lo scrittore si trovava ancora una volta alle prese con problemi economici. Dal canto suo, Pierrotin non era mai stato uno stinco di santo e si comportò in modo tale da indurre il suo vecchio padrone a farlo rinchiudere in galera. Pierrotin si vendicò denunziandolo Benedetta Craveri