E i tascabili tornano in libreria di Giampaolo Dossena

Parlano i responsabili di «Oscar», «Bur», Bompiani, librai, edicolanti Parlano i responsabili di «Oscar», «Bur», Bompiani, librai, edicolanti E i tascabili tornano in librerìa MILANO — Cosa succede al libro economico, al libro tascabile, al Penguln, al J'al lu di casa nostra? Qualcosa sta succedendo, e probabilmente quel che succede a questa specie di libri è basilare per la vita di tutti gli altri. Il fatto nuovo è l'iniziativa della De Agostini, della quale ci occupiamo a parte. E gli altri, che cosa dicono? Paradossalmente abbiamo voluto interpellare come fosse un concorrente l'altro dei due consociati, la casa Mondadori, che vent'anni fa, nell'estate del 1965, 'andò in edicola», per prima e da sola, con la collana degli Oscar. Abbiamo chiesto a Carlo Sartori, responsabile delle relazioni esterne della Mondadori: questi nuovi Best-sellers De Agostini-Mondadori non mangia- no la terra sotto i piedi agli Oscar in edicola? Non chiudono gli Oscar nel ghetto ' della libreria? Sartori ci ha risposto: «A differenza di altre collane di tascabili, gli Oscar si vendono ancora in edicola, continuano a vendersi anche in edicola, proseguendo quella azione rivoluzionaria "che jgegli Anni 60-ha tanto, contribuito a far "crescere 11 piiobìlco deflettori m libri. La nuova iniziativa De Agostini-Mondadori non è concorrenziale agli Oscar, anzi è un elemento calcolato di sinergia. Non si tratta di vendere singoli titoli bensì di vendere un prodotto, il libro in sé, per allargare a catena un mercato, pensando al futuro». ' Quanto vendono ancora in edicola gli Oscar? «Il 25%», dice Sartori. Dunque il 75% degli Oscar sono titoli da libreria. Sembra invece che gli altri concorrenti siano titoli da libreria al 100%. Alla Rizzoli sentiamo Evaldo Violo, che lavora alla Nuova Bur dalle origini, aprite 1974, e la dirige dal 79. «Dieci anni fa — ci dice Violo — la nuova Bur era stata progettata per vendersi sia in edicola sia in libreria. Non programmavamo certo per l'edicola 1 classici con testo a fronte, bensì letteratura di Intrattenimento contemporanea, umoristi, manualistica, e certa saggistica divulgati¬ va. Ci è andata benissimo con la Storia d'Italia di Montanelli, ma perché? Non solo per la qualità intrinseca di quei libri: anche e forse^?8prattutto perché quel libri erano abbastanza numerosi da costituire serie, da assumere valore di vera periodicità. La periodicità è fondamentale per le edicole; periodicità e omogeneità. Esaurito 11 filone Montanelli, abbiamo avuto esiti sempre più sottili. Recentemente abbiamo smesso di distribuire la Nuova Bur nelle edicole, tranne 1 fumetti dei Peanuts di Schultz. A parte questo, va detta un'altra cosa: lo spazio disponibile per 1 libri nelle edicole è stato progressivamente eroso dal moltipllcarsi delle dispense e dei mensili. E l'ultima piccola spiaggia che restava in edicola a oggetti slmili al libro è stata occupata quasi per Intero dagli Harmony, Blue Moon e derivati. I quali hanno anche spazzato via 1 prodotti confinanti, biologicamente analoghi: i fotoromanzi». Andiamo al gruppo Fabbri-BompianiSonsogno-Etas, a parlare con Mario Speranza, amministratore delegato. Egli con¬ tri studiosi e scrittori, si fale stesse domande di 'Parola mia». La lingua italiana si è impoverita? Le nostre capacità espressive sono mortificate dai linguaggi tecnici e televisivi? L'italiano muore o si sta solo trasformando? Beccaria spiega, lo fa ogni sera, e anche nel suo saggio, come ormai tutti avvertano che «l'italiano va male, si parla di meno, si scrive di meno. Dal dopoguerra ad oggi c'è stata una veloce e larga italianizzazione del Paese. Ma si sono quasi abbandonati i dialetti. Si, nella lingua c'è stato uno sconquasso, si parla per formule e frasi fatte. Ma è uno scotto che si è dovuto pagare per una democratizzazione linguistica del Paese. Siamo in un periodo di mutazione, cambiano i modelli di riferimento. Ma non è solo negativo. Certo bisognerebbe parlare di plU, scrìvere di plU. E' la scuola che deve intervenire. Le generazioni che non hanno plU studiato il latino, lo constato anche in "Parola mia", non vedono l'etimologia di quell'80 per cento di vocaboli che dal latino derivano. Ma 11 problema non è poi tutto nella lingua; è nella cultura che le sta dietro. Bisogna far leggere, far scrivere, insegnare ad usare criticamente il linguaggio». Il professor Beccaria torna ai suoi giochi nello studio di 'Parola mia». Da dove deriva la parola 'Conclave»? Cosa significa? E •cordiale», e Milito»? Da oggi vanno in onda anche la grammatica e la sintassi. Ma niente paura, anzi. corda sul fatto sottolineato da Violo che la distribuzione dì libri in edicola ha sen. so solo se si preparano serie omogenee a numenfchiuso. «Per questo — dice Speranza — non sono mal andati in edicola 1 Tascabili Bompiani, collana aperta quant'altre mal (e di livello alto). Invece è in edicola una nostra collana di classici Italiani e stranieri che accompagnano le dispense della Storia della letteratura Fabbri». Su un punto Speranza dissente da Violo: «Non si può dire che le edicole siano intasate né che esista un pericolo In questo senso. La Fabbri produce attualmente 35 opere a fascicoli e le edicole riescono a assorbirle e distribuirle benissimo; senza contare gli altri periodici Fabbri, che vanno fino al mezzo milione di copie mensili di Benissimo (lavori femminili); e In questo settore è interessante 11 successo, da anni, del Jolly della buona cucina, che hanno solo 11 fatto di essere "spiralati" anziché rilegati, a distinguerli dal libri». «L'edicola — conclude Speranza — è un canale di vendita vitalissimo; dovesse momentaneamente Intasarsi o strozzarsi, si allargherà subito da sé. Mettiamo che due milioni di italiani vadano in libreria; almeno 15 milioni vanno in edicola a comprare carta stampata. Siano periodici o dispense o libri, il fatto è assolutamente positivo e non vedo perché non ci se ne debba rallegrare tutti». Ma abbiamo trovato almeno una persona che non si rallegra. E' Giorgio Borghello, libraio. Cos'è che non va? •Il fatto che questi nuovi Best-sellers De Agostini-Mondadori si vendano solo In edicola. Io sono sempre stato contrario al pregiudizio corporativo che il libro si debba vendere solo in libreria, ma ora cadiamo nell'estremo opposto. Che certi libri non si possono trovare in libreria confonde le idee ai possibili acquirenti di libri, quelli a cui tutti teniamo tanto, In un Paese che legge pochi libri, che frequenta pochissimo le librerie». Sappiamo che altri librai la pensano in modo diverso, ma i dubbi di Borghello non vanno taciuti. E cosa penseranno da parte loro gli edicolanti?Dal Brennero a Pantel"' Iettarono decine di migliaia. Sentiamo Vasco Mati, segretario generale del Sinagi (Sindacato nazionale giornalai italiani): «La diffusione di certe pubblicazioni periodiche può contribuire alla ■crescita culturale del nostro Paese, ma anche gli edicolanti fanno parte del tessuto culturale del Paese stesso in cui operano, quindi il loro atteggiamento può avere sfumature svarlatlssime. «Quel che dovete calcolare — dice Mati — è che, più di altri commercianti, più di altri cittadini della nostra Repubblica, l'edicolante ha un suo ruolo e una sua funzione nel suo ambiente: e quanti ambienti diversi abbiamo in Italia! Per noi in ogni caso tutti 1 discorsi e le statistiche sono cose secondarle rispetto alle questioni legali, legislative, giudiziarie. Libri In edicola? Bene, anzi, per me, personalmente, benissimo; purché si rispetti la legge e l'edicolante non rischi di aver grane». Giampaolo Dossena

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