Ma la distensione tra superpotenze non attenua il giogo del Cremlino sui Paesi satelliti

Ma la distensione tra superpotenze non attenua il giogo del Cremlino sui Paesi satelliti Ma la distensione tra superpotenze non attenua il giogo del Cremlino sui Paesi satelliti SI erano appena conclusi i colloqui ginevrini tra Reagan e Gorbaciov che improvvisamente riemergeva da un silenzio durato 16 anni Alexander Dubcek: una lettera del non dimenticato leader della Primavera di Praga appariva su l'Unite, per una polemica confutazione rivolta al numero due del regime cecoslovacco Vassll Bilak, uno degli artefici della -normalizzazione-, che- spense le attese della breve stagione Riformista del '68 (Il .socialismo dal volto .umano»). ... . Questa coincidenza ha latto immediatamente pensare che, grazie alla ripresa del processo di distensione tra le due superpotenze, potevano ripresentarsi sulla scena politica personalità e aspirazioni riformiste, che apparivano definitivamente cancellate, specie in Cecoslovacchia, il Paese dalla direzione più conservatrice e più legata al corso brezneviano della politica sovietica. Un autorevole commentatore poteva scrivere che questa coincidenza, tra II vertice di Ginevra e la riapparizione di Dubcek, non era casuale e che «fa distensione tra le due superpotenze può rendere migliore l'esistenza in quelle piccole.. Andando al di là di quel dato di cronaca, la previsione più diffusa rispetto ai Paesi del blocco sovietico è quella di un «riaccendersi di speranze» e di attese provocato dallo 'Spirito di Ginevra»: quasi che esista una relazione automatica tra lo stato della distensione e i processi politici all'interno dei Paesi europei legati al Cremlino. In altre parole, si è stabilita una sorta di equazione: una ripresa della distensione tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica significherebbe una maggiore autonomia dei Paesi satelliti, magari, con un maggiore rispetto dei diritti umani e civili in questi e nella stessa Urss. La realtà storica mostra, al contrario, che il rapporto distensioneprocessi politici evolutivi all'interno dei Paesi del blocco sovietico non è cosi meccanico. Per esempio, l'affossamento delle tendenze riformiste in Cecoslovacchia avvenne in un contesto internazionale in cui -si sfava preparando l'orientamento politico che si doveva realizzare due anni più fardi con l'offensiva della politica estera sovietica per l'attenuazione tìetra tensione Internazionale»; - • Lo scrive, in un saggio apparso nove anni fa {Praga: questione aperta. De Donato, pag. 213), Zdenek Mlynar, che nel '68 fu tra I più stretti collaboratori di Dubcek e che oggi vive in esilio in Occidente. Mlynar fu compagno di studi di Gorbaciov alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Mosca; nella scorsa primavera tracciò un ritratto lusinghiero e pieno di attese del nuovo leader sovietico. Tra il 1970 e il 1972. infatti, il processo di distensione internazionale si attua nelle linee della Ostpolitik del cancelliere tedesco occidentale Willy Brandt e negli accordi tra Urss e Usa, siglati a Mosca nel maggio '72, al termine dei colloqui tra il presidente americano Nixon e II segretario generale del pcus Breznev. Il 7 dicembre '70 Brandt e il leader polacco Gomulka firmano un importantissimo trattato tedescopolacco: poco più di una settimana dopo esercito e polizia schiacciano nel sangue le agitazioni operaie di Danzlca, Stettino e Gdynia. Il 1972, anno del vertice sovieto-americano di Mosca, è anche l'anno in cui la spietata «normalizzazione» in Cecoslovacchia raggiunge il suo culmino. Ai vertici di Camp David (settembre '59) e di Vienna (giugno '61) tra Kruscev da una parte e (in successione) Eisenhower e Kennedy dall'altra, segue l'erezione del Muro di Berlino (agosto '61). Andiamo ancora più indietro nel passato: gli anni tra il '54 e il '56 sono quelli in cui comincia ad affermarsi il concetto di coesistenza pacifica tra Stati con sistemi politico-sociali diversi: nello stesso anno in cui Kruscev ne definisce le linee essenziali (XX Congresso del pcus) si consuma la tragedia dell'Ungheria (ottobre-novembre •56), Senza riandare a Yalta, in cui si determinò nei modi che conosciamo la sorte dei Paesi oeli'Europa centro-orientate, veniamo a tempi più recenti: per esempio a quelli del cosiddetto «spirito di Helsinki», che si concretizzò nel noti Accordi sulla sicurezza e cooperazione in Europa (agosto 75). Essi furono preceduti dal vertice di Vladivostok, In cui Breznev e il successore di Nixon, Ford, ribadirono I rapporti tra le due superpotenze definiti nel trattato di due anni prima (novembre '74). Si alimentarono allora, nei Paesi dell'Est e nella stessa Unione Sovietica, speranze che quei diritti umani e civili, sanciti dalla carla di Helsinki, sarebbero stati, finalmente, compresi e rispettati dai governi comunisti che li avevano approvati e firmati nella capitale finlandese. I fatti dimostrarono il contrario (repressione del «Gruppi Helsinki» creati in Urss dai «dissidenti»; di Charta '77 in Cecoslovacchia). All'incontro Carter-Breznev di Vienna (giugno '79) segui, pochi mesi dopo, l'invasione dell'Afghanistan. Tutto questo, naturalmente, non vuole diminuire l'importanza delle trattative dirette tra i supergrandi e neppure svalutare l'eventuale volontà innovatrice che anima la nuova direzione sovietica. Vogliamo semplicemente dire che la storia dovrebbe rendere più prudenti attese e speranze, i Piero Sinatti