Incontrarsi e dirsi «pace»

Perché il vertice di Ginevra è un nuovo passo nella diplomazia della tolleranza Perché il vertice di Ginevra è un nuovo passo nella diplomazia della tolleranza Incontrarsi e dirsi «pace» Dialogo con il nemico il distanza è più facile mentirsi; da vicino, se già non si è ex-uomini, è molto più difficile. L'hanno capito Giovanni XXIII e i suoi successori La diplomazia e i mass-media, per una volta alleati, sono riusciti a fare dell'incontro di Ginevra un piccolo capolavoro politico. L'equilibrato dosaggio tra riservatezza e messa in scena ha restituito credibilità a una strategia di pace fondata sul realismo politico piuttosto che su petizioni di principio, suscettibili di -alimentare contrapposti ideologismi. Solo chi non ha idèa di quanto radicati negli animi delle popolazioni russe e americane siano gli stereotipi negativi che gli uni proiettano sugli njti'i e viceversa, può sottovalutare l'importanza dell'incontro o sorriderne dall'alto d'una supposta superiorità intellettuale. L'accorta regia a più voci è , riuscita a far passare nella mente di milioni e milioni di persone un'idea molto importante che sta al centro del pensiero illuministico e che tuttora attende di essere pienamente compresa: l'idea di tolleranza. , In questo caso essa si è arricchita d'una specificazione importante che le consente di essere meno disarmata e generica: la tolleranza non può che basarsi sulla reciproca conoscenza. La tolleranza, di cui l'incontro di Ginevra ha mostrato l'efficacia politica, è fondata Su una concezione attiva dell'uomo e della vita, sul rischio che comporta l'apertura verso l'altro per meglio conoscerlo. Finora, infatti, i rapporti umani — a partire dal livello delle microconflittualità quotidiane per arrivare a quelle di ceto e di classe o a quelle di nazioni;-di Stati e dì grandi potenze — si sono ispirati all'idea; òhe'per meglio difende* re i prtijlrlInteressi 'slà'neces'sariò negare l'identità dell'altro, annullarlo simbolicamente per poterlo vincere realmente. Tutte le propagande, soprattutto quelle rivolte alle masse, si ispirano a questo principio basilare: per vincere o per distruggere l'avversario occorre, innanzitutto annullarlo simbolicamente, assumendolo come ricettacolo del male, come portatore di Idee o di strategie negative dal proprio punto di ' vista. Secondo tale concezione qualsiasi contatto con il nemico, qualsiasi frequentazione, rischia di rendere meno efficace l'azione aggressiva. Esporsi alle idee dell'altro rischia di aprire un canale di comunicazione che l'altro può utilizzare per far passare i propri messaggi e convincere delle sue ragioni. Una siffatta concezione delle strategie propagandistiche si fonda su di una idea ultrapessimlstica dell'uomo ohe, se si rivelasse fondata anche per la nostra epoca, non potrebbe che condannare la razza umana a una lotta fratricida che a lungo andare avrebbe conseguenze nefaste privilegiando l'idea che solo 1 rapporti di forza sono l'arma decisiva per la risoluzione delle controversie e del conflitti. La pace tra le grandi potenze non. potrà che essere il risultato di una strategia ben' diversa: quella che si fonda sull'Idèa che la conoscenza reciproca possa ispirare atteggiamenti e comportamenti capaci di distruggere gli . stereotipi negativi e di aprire la strada a una cooperazióne che consenta di regolare il conflitto salvaguardando il principio della concorrenza senza negarsi reciprocamente il diritto all'esistenza. L'incontro di Ginevra è riuscito a stabilire.questo principio e a trasmetterlo a milioni di persone. Se tale messaggio verrà raccolto, se avrà la possibilità di mettere radici nella mentalità collettiva, si potrà pensare a una nuova aurora nei rapporti internazionali che avrà un segno e una portata diversi rispetto alle speranze suscitate negli Anni Sessanta dai messaggi di Papà Giovanni, intrecciatisi a quelli di Kennedy e di Kruscev. Il messaggio'di Ginevra, infatti, è un messaggio di pace fondato sul realismo politico sposa 1 buoni sentimenti con gli Interessi, tiene aperte le strade' della diplomazia, pur riuscendo a parlare a milioni di esseri umani. Giovanni Bechelloni ;•■»• stupisce e fa piacere che Reagan e Gorbaciov si siano Incontrati, guardati negli occhi, e abbiano parlato da uomini invece che da simulacri del potere, accorgendosi di poter avviare una speranza e un Impégno comune per rimediare ai disastri, che il potere di cui sono simulacri troppo spesso ha combinato. Il maggior elogio che fu fatto, secondo me, di Papa Giovanni, quando 23 anni fa mori dopo aver rifondato la diplomazia della pace nel dialogo e nel negoziato, e prima di tutto nella forza della coscienza, fu ohe egli aveva «reso semplici li cose straordinarie e straordinarie le cose semplici». Questa è la regola d'una sapienza che solo dal dialogo e dall'Incontro, prima di tutto umano, può diventare norma risolutiva e graduale anche dei conflitti Ideologici e in qualche modo anche di quelli politici. Guardarsi negli occhi, ecco la più originale diplomazia. La usò proprio Papa Giovanni, prima col detenuti del carcere di Regina Coeli nel 1958, quando appena eletto decise d'andare a trovarti. «Ho fissalo i miei occhi nel vostri occhi», disse con tenerezza di patriarca, e si sa quale segno costituì per la Chiesa, ma anche per la coscenza sociale di quegli anni, quell'incontro. Papà Roncalli ripetè la sfesso concetto ricevendo la figlia di Kruscev e suo marito Alexey Adiubei: «Per adesso la luce del vostri occhi nei miei occhi.. La Chiesa di questi ultimi vent'anni è stata maestra In questa singolare diplomazia nel pontefici più prestigiosi e anche umanamente affascinanti. Ha compreso, da quella società che come tutte le altre, per secoli rifiutò l'incontro e II dialogo quasi fosse una debolezza, che guardarsi negli occhi, accettarsi come uomini, cancellare dall'anagrafe mentale la qualifica di mnemico» dell'interlocutore, è sempre e comunque il primo passo se non. della pace della possibilità e della ricerca della pace. Non c'è vero dialogo a distanza ttarcolafa;;nón,-c;è possibilità d'Intesa nemmeno sui preliminari se non ci si guarda negli ticchi e se ttdri! sofferma'1 Itf' spirito. San Francesco, nella lettera a un suo ministro piuttosto spietato coi frati, inaugurò otto secoli fa la stèssa diplomazia che poi attuerà nell'Incontro col Sultano d'Egitto: la presenza, il dialogo, gli occhi negli occhi, non Importa a quale rischio personale. Dice il Santo al suo ministro: « Nessun frate se ne vada dai tuo cospetto, dopo aver visto I tuoi occhi, senza H tuo perdono» E dicendo 'perdono», Francesco equivaleva l'equivalente più profondo e determinante disarmo. Non se ne andò nemmeno lui dagli occhi del sultano senza esserne diventato amico; e ti sultano di lui. E nove anni dopo l'imperatore Federico II, che di realpolitik se ne Intendeva, preferì incontrare 10 stesso sultano Incontrato da San Francesco e avere con lui un confronto personale, guardandosi a loro volta negli occhi, e trovando un accordo per la convivenza fra cristiani e mussulmani nei Luoghi Santi della Palestina, un criterio di dialogo e di confronto negoziale che non sempre I Papi stessi delle Crociate e alcuni santi loro fautori, Ipotizzarono. A Ginevra, senza dover forzare 11 cuore a eccessive speranze, senza illusioni che scudo stellare e diritti umani non restino i più spinosi problemi ancora sul tappeto, si è comunque Intravisto un barlume di quella' «diplomazia» evangelica e Insieme politica che viene da molto lontano, la meno usata, la meno stimata, ma, ella resa dei conti, la più utile, comunque la meno dannosa. I Papi, dal Concilio a oggi, l'hanno lutti preferita; e anche l'ostpolitik vaticana ha privilegiato definitivamente (in silenzio e con discrezione, come sanno ed insegnano gli esempi di uomini esemplari quali Agostino Casaroli e Franz Kbni'g) Il contatto personale diretto, il dialogo, la capacità di cancellare quell'anagrafe di nemico non solo al singolare per i sovrani battezzati o atei, ma anche al plurale per I popoli, le culture-e le ideologie. Papa Giovanni volle accogliere al vertice, dopo decenni di prezioso dialogo da lui vissuto alla «periferia» della Chiesa In Bulgaria, in Turchia, in Grecia e infine a parigi, con l'unica diplomazia degna della Chiesa: un rapporto umano fra uomini rappresentanti di società e popoli diversi, ma convergenti Inevitabilmente nello sviluppo dei tempi, sia per II fine che per il traguardo e i mezzi necessari alla pace. Poi, da Papa, come volle vedere negli occhi i detenuti, volle vedere negli occhi anche i capi di Stato, I politici determinanti, e alcuni dei padroni del mondo. La sua simpatia per II giovano Kennedy tu esplicita e sottolineata, quasi paterna; mentre con Kru¬ scev, quando costui Iniziò la fine. delta guerra fredda, ebbe anche un umano, affettuoso . carteggio epistolare. Per questo, nell'Ottobre del 1962, con la crisi dei missili russi a Cuba, anche il suo appello alla pace giunse con uguale autorità umana e cristiana sia al cuore di Kennedy che di Kruscev. A disianza è sempre più facile mentirsi, da vicino, se già non si è ex uomini, è molto più difficile. L'hanno capito I Pontefici ricordati che hanno, non tanto atteso i pastori delle altre Chiese e sedi nel luogo del loro primato e della loro infallibilità, cioè a Roma, ma hanno intrapreso un ministero ecumenico itinerante, incontrandosi col maggiori responsabili sia della divisione storica tra i credenti sia dell'anelito ugualmente storico di tutte le.confessioni alla riunlticazlone che già la gamma dei problemi della nostra epoca impone prima di tutto alle Chiese e alle grandi religioni della storia. L'hanno capito ora, In versione politica e di dialogo e negoziato, anche Reagan e Gorbaciov, e non sembra un caso che mai tornarono a casa da missioni specificatamente giocate sulle astuzie della diplomazia, accolti da uno spontaneo consenso del loro popoli come questa volta. Ora tocca a tutti gli •uomini di buona volontà» far si che essi non lo dimentichi¬ no. E che la pace diventi l'unica alternativa al rischio nucleare, e anche, in tempi brevi, l'alternativa allo stesso equilibrio del terrore. La Chiesa del Concilio di Papa Roncalli,' che abbraccia II primate anglicano, la Chiesa di Papa Montini, che abbraccia a Gerusalemme Il patriarca Atenagora I di Costantinopoli In un auspicio comune di rinnovala unità e fraternità nella fede, giungendo poi all'abrogazione delle rispettive scomuniche del 1054 delle Chiese di Costantinopoli e di Roma, non sono viaggi, non sono abbracci soltanto, per dirla, senza irriverenza per analogia con i timori della vigilia di Ginevra, di «spettacolo». La Chiesa che comprende sempre più spontaneamente di proporsi come un esempio di questo contatto diretto fra opinioni e scelte diverse a ogni livello, ha davanti a sè l'unica mediazione che conti In definitiva e in assoluto sul conto del Vangelo. Gli ultimi due pontefici hanno raggiunto e interpellato ormai quasi tutti i capi religiosi e i capi politici della terra. Ai viaggi e agli Incontri di Papa Woytjla mancano Pechino e Mosca, ma è molto probabile che in brevissimo tempo anch'essi ci saranno. Anche Ginevra, di, riflesso, può contribuire ad accelerare questi incontri. • Nazareno Fabbretti