Quell'emigrante in camice bianco Va e torna in nome della scienza

Viaggio fra i giovani ricercatori che inseguono super-specializzazioni Viaggio fra i giovani ricercatori che inseguono super-specializzazioni Quell'emigrante in camice bianco Va e torna in nome della scienza s . Parla uno dei 3000 laureati che ogni anno lasciano il Piemonte - Prima una borsa di studio, poi un vero lavoro «a termine» - Perché di nuovo in Italia: «Nostalgia, pura nostalgia» - Ma la «voglia di casa» alla fine passa, e il ricercatore riparte Non hanno più la valigia di cartone legata con la corda. E nemmeno le lacrime agli occhi davanti alla vecchia nave che li porterà lontano a cercare fortuna. Ora salgono la f caletta dell'aereo sapendo bene che cosa il appetta alla fine del viaggio: partono con 11 contratto di lavoro ola borsa ili studio in tasca. Ma pur i>empre emigranti restano. E come gli emigranti di tutti 1 tempi, vivono I problemi che abbandonare la propria terra Comporta. Giovani cedici, ingegneri, architétti, r.cercatorl. Sono in tremila circa, ogni anno, a lasciare lì Piemonte:"' nella valigia di samsonlte, il camice bianco, l'esperienza e 1 lavori redatti negli anni della specializzazione, chiamati All'estero da nuove iniziative imprenditoriali o dalla voglia di s'.udia per acquisire professionalità maggiore. Qualcuno va e ritorna; qualcuno va e rimane ; qualcuno va, torna e riparte. A seconda del carattere e della. profondità delle radici di ognuno, certo, ma anche a seconda delle -, ... . possibilità d'occupazione che a ogni professione il nostro Paese concede. Questa breve indagine fra i nuoti! emigranti incomincia da un borsista dell'Istituto di istologia dell'Università di Torino. Si chiama Antonio Palumbo, ha 29 anni, si è laureato in medicina nel 1980 e discuterà fra pochi giorni la sua specializzazione in oncologia. Palumbo appartiene alla categoria che è già andata e tornata un palo di volte e sta seriamente pensando di ripartire, questa volta definitivamente. Il primo aerer> ca il dottor P j -n- se nell'agosti 1982: «Luvoravo al laboratorio di ematologia della Clinica medica, alle Molinette — racconta — e mi occupavo soprattutto del ricettori tnsulinicl nelle leucemie acute. Con gli Stati Uniti avevo contatti frequenti, per il mio lavoro. E il Comitato Ghirotti mi aveva concesso una borsa di studio». Borsa di studio per un mese, al Wlster Instltute di Filadelfia. Il giovane ricerca¬ * .—.—-—— — che consentono un modo di lavorare diverso, più razionale e certamente più-stimolante. Gli Stati Uniti sono più avanti quanto a organizza-, zione e informazióne. Questo però non significa che là sia tutto splendido e in Italia sia tutto da buttar via..Il problema è die da noi'la ricerca è legate all'ente pubblico e le associazioni private per il finanziamento non bastano, per ora, ad aggirare l'ostacolo». Se in America si lavora meglio, però, perché tornare? «Nostalgia — dice Antonio Palumbo —. Voglia di parlare la tua lingua edi avere abitudini comuni a tutti gli altri». Alle radici, insomma, non è cosi facile dare uri taglio. Ma una volta rientrati In patria, si scopre che, nonostante tutte le specializzazioni del mondo, bisogna aspettare dai tre a cinque anni per avere un posto sicuro. Cosi, sembra che quella «voglia di casa» passi. E allora si riparte, magari col cuore stretto, verso un futuro di lavoro migliore. tore parte, lavora entusiasta trenta giorni oltreoceano, conosce gente, prende contatti, Alla fine del periodo stabilito, rientra in Italia. Ma prima della partenza, laggiù gli dicono: «Perché non torni?». Infatti. A Torino, al servizio di ematologia dèi 8an Giovanni, dóve si occupa di trapianto del midollo, Antonio Palumbo resta quattro mesi. Poi preride 11 secondo aereo. E stavolta, all'Università Filadelfia, ci resta due anni e mezzo filati: a studiare I problemi di ingegneria genetica alla patogenesi del Ma a studiare con 'nzione — «posilo. *afi di ricerca, e.". isissimo stipendio.. _ vedere, insomma, con le 800-900 mila lire al mese, senza contribuzione, del borsista italiano che sul suo futuro di lavoro non ha la minima certezza. Ma la differenza fra Italia e States, dal punto di vista della ricerca scientifica, non riguarda soltanto il trattamento economico dei ricercatori. «Là esistono strutture Eva Ferrerò

Persone citate: Antonio Palumbo, Ghirotti