Una «lezione» per i pentiti l'omicidio del fratello di Peci

Ricostruita la vicenda nella sentenza di rinvio a giudizio Ricostruita la vicenda nella sentenza di rinvio a giudizio Una «lezione» per i pentiti l'omicidio del fratello di Peci I principali responsabili furono l'ideologo delle Brigate rosse, Giovanni Senzani, uno psichiatra di Ancona, Massimo Gidoni, e un professore di educazione fisica, Stefano Petrelli ASCOLI PICENO — Il /rateilo di Patrizio Peci, Roberto, rapito il 10 giugno dell'81 a San Benedetto del Tronto, fu barbaramente trucidato dall'ala più oltranzista delle Br die faceva capo a Giovanni Semani allo scopo di infliggere una lezione ai pentiti die andavano mettendo in crisi con le loro confessioni l'intera organizzazione terroristica. L'azione costituì inoltre il primo tremendo atto dimostrativo di una colonna marchigiana e abruzzese delle Br manovrata dallo stesso Senzani, che si andava costituendo dopo il fallimento di quella che sul finire degli Anni 70 aveva attuato nelle Marcile diversi alti dimostrativi, tra cui l'assalto alla sede regionale della de ad Ancona. Anello di questa continuità fu Massimo Gidoni, un medico psichiatra di Ancona finito in carcere dopo che Antonio Savasta e gli altri pentiti del sequestro Dozier lo avevano indicato come lo skipper del Anche Tommaso B «Papago», il panfilo anconitano con cui erano state trasportate armi per le Br da Cipro a Venezia. Gidoni è accusato di aver organizzato il rapimento di Roberto Peci insieme con Giovanni Senzani e con Stefano Petrelli, un professore di educazione fisica incensurato residente a Falconara Marittima, arrestato nel febbraio dell'82. Come risulta dalle rivelazioni del pentito Roberto Buzzati, già appartenente alla fazione di Senzani, sono queste le ragioni dell'omicidio e questi — Senzani, Gidoni e Petrelli — i Ire nomi più in vista in cui si incentra la sentenza di rinvio a giudizio emessa dal giudice istruttore di Ascoli Piceno, Annamaria Abate, per il rapimento e l'assassinio di Roberto Peci. Il fascicolo, che si è andato sempre più ingrossando in quattro anni di indagini e di interrogatori, è stato ora trasmesso alla corte d'assise di Macerata competente per ter¬ Buscetta e altri due ritorio. Il processo — unico a ruolo — dovrebbe svolgersi nel marzo dell'anno prossimo. La sentenza consente di ricostruire secondo le prove d'accusa portate contro 24 persone, alcune con ruoli di primo piano, altre di fianclieggiamento, il drammatico episodio conclusosi il 3 agosto 1981 con l'assassinio del giovane fratello di Patrizio Peci in una casupola alla periferia di Roma. Nei 53 giorni di prigionia Roberto Peci fu sottoposto ad incessanti interrogatori da parte di Senzani. Le Br ritenevano cìie Roberto, che faceva il radiotecnico, avesse »guidalo> i carabinieri di Dalla Chiesa sulle tracce del fratello Patrizio, che a quei tempi viveva in clandestinità a Torino e inoltre die avesse avuto un ruolo non secondario nel pentimento dello slesso Patrizio. Roberto respinse sempre questa versione. Come venne rapito Roberto? Secondo il pentito Buzza¬ capi sarebbero stati ti, sarebbe staio attirato in un'imboscata con una telefonata fatta da Gidoni dallo stabilimento balneare «Il Monello- di San Benedetto del Tronto. Il rapimento e l'omicidio Peci, come si è detto, coincidono negli intendivientl delle Br con il rilancio dell'ala movimentista guidata da Senzani. Tra i nomi dei partecipanti all'azione ci sono, nella sentenza di rinvio a giudizio, quelli di Natalia Ligas, Giuseppina De Logu, Susanna Berardi, Lino Vai e dello stesso pentito Roberto Buzzati. Altre 12 persone sono accusate invece di aver fornito aiuti logistici. Il nome più noto tra questi è quello di Averamo Virgili, ex sindacalista della Fulta-Cgil di Fermo, già condannato a 24 anni di reclusione per concorso nell'omicidio di Ennio Di Rocco, ex luogotenente di Senzani, ritenuto un delatore, e per questo ucciso nel carcere di Trani. e. g. scarcerati per decorr