Ragazzo d'un milione di anni di Paolo Patruno

Ragazzo d'un milione di anni L'ANTROPOLOGO LEAKEY E LE SUE ULTIME SCOPERTE Ragazzo d'un milione di anni Intervista a Londra col celebre scienziato che ha portato dal Kenya «per la prima volta nella storia lo scheletro intero di un dodicenne d'un milione 600 mila anni fa» - «Rivela che i nostri antenati non erano ominidi, ma molto alti» - «Col cappello in testa, sarebbe simile ai coetanei di oggi» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Appena Quarantenne, giovanile, labbronzatura-color cuoio, il fa-moso paleo-antropologo Richard Leakey ha lasciato per due giorni Nairobi e le sue ricerche attorno al Lago Turkana per l'apertura di una grande mostra sulla 'Storia dell'uomo* attraverso 35 milioni di anni, inaugurata all'istituto del Commonwealth dalla regina Elisabetta e destinata a fare il giro d'Europa (ma non a sostare in Italia). Corteggiato dal jet set e dal mondo accademico, come s'addice a uno studioso con una personalità versatile e avventurosa, Leakey ci ha accordato un breve colloquio alle otto del mattino, L'identikit Argomento d'obbligo, le ultime scoperte di questa, scienza affascinante che riesce a percorrere a, ritroso il commino dell'evoluzione dell'uomo. Un posto d'onore nella mostra londinese è.riservato a uno scheletro risalente a più d'un milione e messo di anni fa ritrovato dall'equipe di Leakey l'anno scorso sulle sponde del Lago Turkana, al confine tra Kenya ed Etiopia. Appartiene a un homo erectus di 12 anni, alto un metro e settanta. Perché è tanto importante il suo ritrovamento? Che cosa ha aggiunto alla riscoperta del nostro passato remoto? «La sua reale importanza consiste nella sua completezza. E' l'unica volta nella storia della paleontologia che è stato ritrovato uno scheletro quasi Intero, datato un milione e 600 mila anni fa, risponde con contenuto orgoglio Leakey, e proprio perché è cosi completo e cosi antico abbiamo scoperto molte cose che ignoravamo. Per esemplo, il rapporto fra la grandezza del suo cervello e quella del corpo; abbiamo potuto stabilirne l'età da .un canino che stava spuntando, là statura e il peso. Abbiamo calcolato che, se fosse vissuto più a lungo, questo ragazzo sarebbe diventato ancora più alto, avrebbe superato il metro e ottanta. Slamo quindi ben lontani da quegli ominidi che pensavamo alti poco più di un metro. I no-' stri antenati della savana erano più grandi di quanto immaginavamo, già milioni di anni fa. Infine, abbiamo ritrovato anche parti di scheletro che prima non avevamo mai recuperato: la spalla, il ginocchio. «Tutto questo, spiega lo scienziato, ci aiuterà a completare l'identikit del nostri lontani progenitori. E spero che presto ne potremo sapere anche di più perché fra pochi mesi riprenderemo una nuova campagna di ricerche per trovare anche 11 piede e la mano di questo scheletro. Alla fine, credo che, sorprendentemente, con un cappello in testa, questo ragazzo di un milione e mezzo d'anni fa potrebbe' camminare oggi in strada senza destare alcuna curiosità, tanto sarebbe simile a un coetaneo del 1985». Il boy erectus del Lago Turkana, battezzato con la sigla WT 15000, si aggiunge cosi, in questa gallerìa pietrificata del nostro passato, a' Lucy, lo scheletro inqompleto di una ragazza di 3 milioni di anni fa scoperto dall'americano Don Johanson in Etiopia, al primo cranio di australoplthecus ritrovato nel '24 da Dart in Botstoana, all'ancor più remoto ramaplthecus (14 milioni di anni fa) rinvenuto sempre in Kenya dal padre di Richard Leakey, Louis, il ••maestro* della paleontologia morto pochi anni fa. Tutti i ritrovamenti più antichi, dunque, indicano concordemente l'Africa come culla dell'umanità. Perché?' «Le nostre origini stanno sul continente africano perché là c'erano le condizioni climatiche e quindi ambientali più favorevoli. Il materiale genetico si è potuto sviluppare al meglio soltanto qui In Africa, nella Rift Valley», spiega Leakey indicando su una carta della mostra la profonda vallata che incide Kenya e Tanzania. «In Europa, regnavano 1 ghiacci eterni». Resta agli scienziati il compito di stabilire la cate¬ na dell'evoluzione, di identificare i nostri antenati più remoti. Dice Leakey: «La mia teoria è questa: i discendenti di una scimmia antropomorfa di 40-50 chili che si arrampicava sugli alberi delle foreste in cerca di frutti erano troppo pesanti per stare sugli arbusti delle savane che sostituirono le foreste quando mutarono le condizioni climatiche e ambientali. E' stato allora che cominciarono a star ritti poggiando sui piedi e allungando le mani per prendere i frutti sugli arbusti. E di li tutto ha avuto Inizio». Erano gli australopltechi che due-tre milioni di anni fa mossero i primi passi nella savana africana. Ma è solo «ti barlume di luce. Tra le tante ombre residue, gli scienziati discutono sulla separazione fra australopltechi «gracili» e «robusti»; con i secondi più simili per conformazione alle scimmie, i primi in linea evolutiva diretta fino a noi attraverso le successive tappe deHhomo erectus e dell'homo habllis negli ultimi quattro milioni di anni. Ma perché è avvenuta questa scissione fra i due rami di *australopitechU e quando è scattata la cruciale ramificazione? Leakey ha una sua tesi. «La separazione fra australopltechi gracili e robusti é avvenuta probabilmente quattro-cinque milioni di anni fa. Ma non possiamo stabilire esattamente quan- do e perché questo è successo. C'è infatti un lungo "gap" di conoscenza fra 1 dieci e 1 quattro milioni di anni fa, una estrema rarità di reperti fossili che ci possano chiarire le idee. Di certo, una specie si è evoluta dall'altra adattandosi a nuove condizioni ambientali, ha cominciato a passar più tempo a terra invece che sugli alberi quando si è trovata in un nuovo habitat. Ci deve essere anche stata una selezione genetica nel cervello, che è anch'essa un riflesso di adattamento a condizioni ambientali mutate. Ma questa resta solo un'ipotesi». La svolta Lo stesso fenomeno si è anche verificato, più tardi, nel passaggio fra J'australopithecus gracllis e /homo habllis? Per Leakey, c'è una linea a volte diretta a volte più tortuosa o spezzata nell'evoluzione umana. «Due milioni e mezzo di anni fa, una specie con il cervello più grande si è separata da un'altra: l'homo habilis si è distinto dall'ausira/opMhecus gractlis. Ma poi è ripresa una linea evolutiva continua dall'homo erectus, che lascia l'Africa, viaggia e curiosa per il mondo come prova il ritrovamento delle sue ossa anche in Cina e a Oiava, fino all'homo sapiens. Senza nessuna specie intermedia di uomo moderno "arcaico", come ipotizzano altri scienziati. E non sono d'accordo con quanti del miei colleghi sostengono che non ci può essere stata evoluzione nemmeno fra l'uomo di Neanderthal e l'uomo moderno, che non c'è stato tempo sufficiente perché la prima specie evolvesse nella seconda. Al contrario, ■ io credo che l'uomo di Neanderthal, vissuto in Europa 60 mila anni fa, faccia parte realmente dell'homo sapiens, è una sua variante regionale. Non è una specie senza sbocco, ma .è parte di noi», sostiene con vigore. Se l'albero genealogico dell'umanità mostra ancora punti oscuri specialmente quando si scende verso le radici, la scienza fornisce risposte più chiare sulla vita dei nostri remoti progenitori, sulla durata della loro esistenza? «Non sappiamo ancora molto riguardo all'età. Ma dal ritrovamenti mi pare che sia probabile un arco di vita compreso più fra 1 20 e i 30 anni che fra i 30 e l 40. Come vivevano? Questo è un enorme interrogativo. Forse cacciavano, vivevano in gruppi. Ma 1 misteri restano numerosi». Perché anche lei è diventato paleontologo, come il suo famoso padre? «Vi sono stato coinvolto da sempre, fin da bambino. E' stata una ovvia scelta di carriera che mi ha permesso di vivere in Ke¬ nya, che è il mio Paese». Non è stato tutto cosi semplice, lineare, in realtà. Leakey junior ha narrato in un'autobiografia il suo difficile rapporto con un severo «padre padrone». Per ribellione, Richard Leakey ha lasciato la scuola, sema aver terminato il liceo e ha iniziato la sua vita avventurosa. Prima cacciatore di animali da esportare, poi guida nei safari, infine pilota. E un giorno, sorvolando il Lago Natron, aveva scoperto sulle sue rive una fascia di sedimenti fossili. Ne era tornato con un reperto di australoplthecus: anche la sua vita era segnata. La rottura fra Louis e Richard Leakey si consuma nella Rift Valley, dove padre e figlio rivaleggiano nelle ricercìie. Rifiutata l'ombra protettrice del genitore, il •giovane Leakey sceglie per i suoi scavi l'incontaminato territorio del Lago Turkana, tetra, desertica regione vulcanica tra Kenya e Etiopia, da cui recupera un abbondante trofeo di reperti fossili. Faranno la pace «sul cranio di un homo habilis che avevo ritrovato e che provava le teorie di mio padre». Inconsapevolmente o meno, Richard Leakey ha perù ripercorso la vita del padre. Vent'anni di scavi e una notorietà accademica conquistata sul campo non hanno ancora appagato né la sua ambizione né il suo entusiasmo. Ha scritto: «Addormentarsi sulla terra calda- senza alcun riparo, dopo gli scavi, è avvicinarsi il più possibile alle condizioni di vita dei primi abitanti della Terra. Da quell'epoca remota non è cambiato molto al Lago Turkana: quando uno nuota in quel mare di giada sente che il lago ha visto tutta l'evoluzione del mondo: è stato la culla dell'umanità». Paolo Patruno