Sognando Cinecittà col varietà nel cuore di Osvaldo Guerrieri
Sognando Cinecittà col varietà nel cuore Pietro De Vico e Rosalia Maggio al Carignano Sognando Cinecittà col varietà nel cuore TORINO — Sari un caso, oppure no; certo gli omaggi del cinema al teatro sembrano diventare molto piti di un casuale levar di cappello a un'arte per lunghi anni depredata e impoverita. Sappiamo che Giancarlo Sepe prepara per lo SUblle un Itala Film - Torino (ex Fert, ex Cabiria; dove il cinema si fa valletto del teatro; dall'altra sera Pier Benedetto Berteli e Antonio Calenda ci propongono per la stagione del Cari- gnano il pluripremiato Cinecittà, in cui il nesso cinemateatro appare tanto stringente da farci perdere addirittura i confini tra un genere e l'altro. Anzi a questo omaggio Cinecittà ne aggiunge un altro, più goloso e intenso, celebra le grandezze e le miserie del varietà sigillando così una serialità, che confina pericolosamente con la moda e con la maniera e rischia di creare un -genere nostalgia' che, esploso con 'Na sera 'e Maggio dello stesso Calenda, ha ricevuto robusti apporti rivitalizzanti dagli Attori & tecnici di Attilio Corsini e, recentemente, da Maurizio Scaparro. Cinecittà è in effetti un viaggio innamorato tra comi ci, soubrettes, canzoncine corrive, battute a doppio senso, poesia e scurrilità che deliziavano il 1938 e dintorni; ma si dà una cornice narrativa che tende a sottrarre la materia al puro centone rimemorativo. Bertoli e Calenda, soprattutto nella prima parte, immaginano che due di quel co mici strampalati, Pietro Titillo e Mario Esposito, arrivino a Cinecittà nel tentativo di sfuggire ai morsi cronici dello fame. Nella mecca italiana del cinema incontrano con fratelli disposti a tutto per una comparsata, registi devoti al mito dell'eroe latino < s'imbattono■negli ottusi gerarchi di iin fascismo che di¬ laga tronfio dal filmati Luce anzi, proprio attraverso quei documentari, si offre come spettacolo di sé. Titillo e Esposito non troveranno scritture, ma potranno osservare Blasettl che gira Ettore Fieramosca, Alessandrini che prepara l'epopea aviatoria di Luciano Serra, raccoglieranno lo scandalo di Clara Calamai che mostra il seno nudo nella Cena delle beffe e incontreranno Lucia, una ragazza che, per amor di cinema, è fuggita da casa, come tante altre dopo di lei. E qui, dall'incontro con Lucia, scatta non solo la molla patetica e forse un po' retorica dello spettacolo («Non sai che, prima di recitare, bisogna imparare a soffrire?.;. ma si accendono t mortaretti del variété. Vediamo sfilare, in un amabile gioco parodistico, Totò nei svoi incredibili funambolismi disossati, Taranto mentre canta «Agata, tu mi tradisci, Agata...», i De Rege che mitragliano demenze e balbettii; e Rosalia Maggio che fa o rifa se stessa, proprio come Pietro De Vico e Anna Campori: leoni del couplet, i tre estraggono dalla memoria e dalle vene il loro passato rivistaiolo, lo irrorarono di affetto e di nostalgia. Cantano e recitano con suprema bravura. Ottenuta un'insperata scrittura, raccolgono una compagnia nella quale D)no Valdi, Dodo Gagliarde, Alfred Girard, Roberto Bencivegna, Maria Cioffi, Carla Signoris, Virgilio Quagliato e Tiziano Pelando replicano figurine e macchiette con gustosa partecipazione. Ma è malinconica la strada del varietà. La guerra svuota i teatri, Titillo e soci tornano fra le braccia di signora d\soccupazione. Per fortuna Lucia (una fresca Nikki Gaida) è riuscita a diventare una diva cinematografica senza tuttavia perdere la nobiltà del cuore. Torna per un istante da Titillo e Esposito, con loro entra in uno schermo cinematografico e va, non sappiamo dove, mentre in sala esplodono gli applausi. Osvaldo Guerrieri
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