GLI EUROPESSIMISTI VIAGGIO TRA I TESTIMONI DELLA CRISI di Barbara Spinelli

Danze tribali intorno allo Stato GLI EUROPESSIMISTI: VIAGGIO TRA I TESTIMONI DELLA CRISI Danze tribali intorno allo Stato Sulle scene dell'Europa occidentale le nuove avanguardie celebrano la morte degli Stati sognando tribù spontanee, paradisi dell'Individuo Reale - Ma in realtà riemerge la nostalgia di gerarchie solide e di «tensione morale», c'è domanda di politica e di statisti più autorevoli oltre che più liberali - Contro «lo Stato Provvidenza» una «strategia della solidarietà» DAL NOSTRO INVIATO PABIOI — Dna stravagante danza macabra ho visto sulle scene d'Europa occidentale, ultimamente, che celebra la morte dello Stato. Che narra ancora una volta di un mondo nuovo e di un uomo nuovo, libero finalmente di «realizzare se stesso». Or/ano non solo di ideologie ma anche di norme. E fa una certa impressione notare come i governi si compiacciano di fronte a spettacolo si beffardo, riottosi a parole ma in segreto ben disposti. Come chi può finalmente togliersi un peso di dosso, e profittare di una moda sema esigerne, che li assolve da ogni responsabilità. Qualche giorno fa, in un salotto parigino, ho incontrato un alto funzionarlo dell'amministrazione francese il quale mi ha annunciato il futuro (radioso) della civiltà europea: «E' nell'ordine che si scardina, nella destrutturazione delle forme, negli individui o nelle nazioni un po' geniali che sanno fare a meno degli Stati, delle discipline e delle burocrazie». Questo vanno predicando le nuove avanguardie: il paradiso dell'Individuo Reale che evocano, in risposta al Socialismo Reale. In apparenza sono crudeli, poiché dichiarano che lo Stato mo¬ derno ha fatto fallimento. Si era proposto di assicurare la pace tra gli «omini, e invece ecco che la bomba atomica dilata il pensiero di guerra. Aveva promesso il pieno impiego, e invece ecco che spunta una bomba egualmente inesorabile, quella della disoccupasione. Sono giudici severi dunque,' ma insistendo nelle domande mi sono accorta che non sono esigenti, e continuano a sognare Repubbliche dove l'umanità si accorda per via spontanea. Non chiedono allo Stato Provvidenza di darsi altre ambizioni, adatte a una realtà che si .rivela diversa da come era stata immaginata: intrisa di orrori che persistono oltre che di speranze, frantumata in tribù solitarie, incompatibili più che ingovernabili. Gli chiedono semplicemente di ridurre la sua ambizione, senza cambiarla. Oppure di disfarsi delle sue responsabilità. Per errore Oli sbagli commessi non sono utili allo Stato, non incitano a cambiare modelli di pensiero. Gli ottimisti in Europa non corioscono la «saggezza vittoriosa dell'errore» che insegna Bodhisattva Wenzhu, la divinità seduta a sinistra di Buddha. L'errore ucctde chi lo ha fatto. Ma tanto più inorgoglite le nazioni riemergeranno dai flutti — o gli individui che si arrangiano, gli industriali intraprendenti, gli intellettuali testardi — pronti a entrare nel Duemila e a lottizzarlo. Tutti responsabili invece dello Stato, come narra la fiaba all'inizio, in Occidente. Tutti soggetti a tiranni, come narra alla fine, nel paesi totalitari. Non è questa, tuttavia, la realtà che si percepisce nell'Europa dell'SS. La raccontano molto meglio gli eccentrici che le avanguardie. Eccentrici rari, spesso scontrosi, ma che ho visto moltipllcarsi, guardando sott'acqua. E tutti mi sono apparsi annotati dal duello fra «moderni» e «arcaici» che si ripete eguale a se stesso, e dai tempi di Giacomo Leopardi ama dipingere, dell'umanità, «le magnifiche sorti e progressive». Sono anctic più ascoltati, più letti che in passato. Perclié narrano di cataclismi taciuti dalle avanguardie. Della voglia diffusa di cucire, piuttosto che strappare. Di come l'Europa abbia oggi sete di ruoli ben definiti per gustare la libertà, di dare significati meno contingenti al proprio mestiere o al proprio ozio forzato, di avere pensle- ri dominanti, a dispetto delle bombe che costantemente la minacciano. Narrano anche di come stia mutando il suo concetto del tempo, del lavoro, del diritti e infine dello Stato. Il tempo non è più unico e progressista, afferma lo storico polacco Krzysztof Pomlan, in un libro poco commentato che ha scritto per Gallimard: può spezzarsi, di- ■ varicarst, arrestarsi. L'indi-' vlduo che realizza solo se stesso e nel lavoro cerca una redenzione finirà col rattrappirsi, come mi ha detto l'economista Philippe Stmonnot, a proposito della rivoluzione sessuale e del femminismo: «Non sono diritti, quelli strappati dalle donne, ma poteri che paralizzano. JNati forse nella prima guerra mondiale, quando i maischi sono stati massacrati e nelle città sono rimaste le madri e le figlie. E lo Stato non poteva che concedere ciecamente, visto che era provvidenziale, perfino l'aborto ha reso gratuito. Ma adesso l'economia si vendica, e la Legge e l'Ordine morale minacciano di fare ritorno. Già lo si vede, con la paranoia suscitata dall'Aids». Ecco perché inquieta, questo Stato che fafi-morto. Che somiglia a un super-individuo «che realizza se stesso», mi dice il sociologo Michel Crozier. Che «non riconosce nessun principio superiore a quello della sua propria "rafglone" — come scriveva Nicola Chlaromonte nel '63, che in Italia è stato così eccentrico che pochissimi lo hanno ascoltato — e ha la pretesa di essere 11 supremo rappresentante della Ragione sulla terra: della Ragione storica, «ad essere precisi, la quale poi si traduce in parole povere con la "ragione politica" e, in parole più povere ancora, con la convenienza di chi comanda». Che non si dà una morale — ma si fida delle sole soluzioni tecniche !— ed è tentato per «convenienza» di nascondersi dietro il mercato o la società, di confondere i ruoli, di annullare le gerarchie che (sono tanti a bisbigliarlo, d'im\provvlso) hanno fatto la grandezza d'Europa. Un giornalista tedesco, ad Hannover, mi ha confessato che nel suo paese «non succede più nulla, da quando la società è diventata protagonista e lo Stato ha smesso di essere visibile e credibile. La Germania di Kohl è una provincia che non sa cosa dire al mondo e non ha altro sogno se non quello, patriottico o Individualista, di realizzare se stessa. DI fare dell'autocoscienza». Nostalgia Non solo in Germania vedo riemergere la nostalgia di gerarchie solide, di catene sociali che raccordino e non spezzino i singoli anelli, come vorrebbero razzisti o xenofobi. Di uno Stato che non racconti più bugie sul Bene realizzabile, e non si chiami più Provvidenza, ma assicuri almeno servizi ai contribuenti. E si assuma di nuovo la responsabilità di attutire lo scontro tra individui, le tra gli individui e la realtà. E non deleghi ad altri la costruzione politica d'Europa. Non agli industriali, per | esempio: «Non si può chiedere a Gianni Agnelli di fare l'unione politica — mi dice un parlamentare europeo, a Strasburgo — perché il mestiere di Agnelli è di far profitti, non politica». B nemmeno agli intellettuali, perché le culture In Europa sono antipatiche l'urta verso l'altra, e a volte incompatibili \Vn amico orientalista, a Londra, mi fa vedere come è descritto l'Illuminismo francese nell'Oxfora Dictionary, appena ristampato: «Intellettualismo piatto e presuntuoso, irragionevole disprezzo dell'autorità e della tradizione, eccetera». In altre parole, c'è domanla di politica e di uomini di' Stato, più autorevoli oltre che più liberali, In Europa. Altrimenti i suol artigiani ■avranno difficoltà a dare 'una forma ai propri progetti, a produrre ricchezza, o immagini, o cultura. C'è bisogno di un'istanza che li assicuri contro i rischi e abbia quella visione d'insieme .'«quella tensione morale», ripetono in molti) che il mercato Ignora e l'individuo non ha per sua natura, spontaneamente. «In questo senso viviamo un periodo prezioso», cosi mi dice a Parigi Francois Ewald, studioso di diritto, che sta per pubblicare un saggio sullo Stato assistenziale, «perché ricominciamo dopo numerosi vagabondaggi ottimisti a includere la nozione di catastrofe e di infortunio nei ragionamenti. Un po' alla maniera di Voltaire, dopo 11 terremoto di Lisbona del 1755: riscopriamo che dentro di noi e sulla terra c'è anche 11 male, Insondabile quindi non estirpabile. Che la storia non è lineare, a lieto fine. Che aveva ragione Aristotele, quando Invitava a distinguere nettamente fra diritto e potere, fra giustizia particolare e giustizia generale dello Stato. E giudicava Irrisolvibile la contraddizione, perché gli uomini "giudicano se stessi con malevolenza" e ogni giorno devono cercare una comune misura per vivere insieme». •E' il motivo per cui a mio parere, conclude Ewald, bisognerebbe abolire 11 termine funesto di Stato Provvidenza, che ha riprodotto l'illusione di un mondo che naturalmente tende al bene, al progresso. La tradizione dello Stato moderno è un'altra,: in Europa: è di tipo mutualistico. Allo Stato non ci si ri-)' volge per strappargli del diritti acquisiti in eterno, dunque un potere come hanno fatto 1 sindacati e le categorie privilegiate da questi ul-, timi. Ma per contrattare un'assicurazione contro i rischi, provvisoria e rinnovabile». Con i vecchi Solo così è concepibile una, strategia della solidarietà — afferma il sociologo De dose t — che non solo protegga ma tesaurizzi le molte tribù senza statuto: i disoccupati, o gli emigrati, o i vecchi: «Solo se si mette fine alla Yalta sociale tra Stato e superprotetti, che immoblllzza le nostre società». Altri che ho interrogato sono più pessimisti. Sostengono che nello Stato Provvidenza c'è più che un malinteso semantico. «Tanto più disastrata ne esce la nostra I cultura, mi ha detto il filosofo iberico Josip Ramoneda, quanto più lo Stato ha cessato di essere un punto di riferimento simbolico, e gli europei che guardano in faccia la catastrofe celebrano 11 lutto desiderando l'Irresponsabilità, o le Restaurazioni». Barbara Spinelli Voltaire visto da Levine (Copyright N.Y. Revlew of Books. Ope-) ra Mundi e per l'Italia «La Stampa»)'

Persone citate: Agnelli, Francois Ewald, Giacomo Leopardi, Gianni Agnelli, Josip Ramoneda, Kohl, Krzysztof Pomlan, Levine, Michel Crozier, Philippe Stmonnot