Quella strana voglia di progetto

Quella strana voglia di progetto GLI EUBOPESSIMISTI: VIAGGIO TRA 1 TESTIMONI DELLA CRISI Quella strana voglia di progetto Crollate le certezze, tramontate le utopie, gli europei occidentali riscoprono d'improvviso il bisogno di modelli - Gli spagnoli propongono «la via inedita alla democrazia» imboccata da Suarez e Gonzàlez - Per il filosofo Ramoneda, l'importante è «trovare il senso perduto» - Lo dicono anche Kundera e Ooran - L'architetto Paezowski: «Ricominciamo a lavorare da soli come gli artigiani» DAL NOSTRO INVIATO BARCELLONA — Nella Spagna di Felipe Gonzdlez ho incontrato persone convinte che la democrazia iberica possa costituire un «modello». Era molto tempo che non mi capitava, in Europa. Piti precisamente dalla metà degli Anni Settanta, quando la rivoluzione portoghese sedusse i delusi delle democrazie occidentali, e dòpo averli repentinamente ' infiammati altrettanto repentinamente li carbonizzò. L'ultimo seduttore fu Mitterrand, ma il giorno in cui il suo ministro della Cultura annunciò il «passaggio dal buio alla luce» (era il 10 maggio 1981, festa dell'Incoronazione) il dongiovannesco socialismo di Francia si spense. Subentrò allora l'era del disinganno, delle dissacrazioni. La Frància per prima, ma anche l'Italia che si era allattata a quei due •esempi*, scoprirono l'Edonismo e in subordine lo chiamarono reaganiano: l piaceri gustati subito, non rinviati a futuri radiosi, le ideologie che sfo-. ciano in burla. «Questa o quella, per me pari sono», in-! tonarono sulle orme del verdiano duca di Mantova. Intuirono che nelle utopie che si ripetono eguali a se stesse — e sbagliando non imparano — c'è qualcosa di disastrosamente stupido, come hanno scritto in simultanea André Olucksmann in Francia (La BetiseJ, Frutterò e Lucentini in Italia (La. prevalenza del cretino/ Vale la pena notare che i due libri sono stati best-seller, nei rispettivi Paesi. Ma ecco che d'improvviso la parola •modello* torna in Europa, dopo una lunga cattività nell'universo sovieticomarxista e un ricreativo soggiorno negli Stati Uniti. L'ho ritrovata a Barcellona, conversando con un professore di filosofia che si chiama Josip Ramoneda '€che dal gennaio di quest'anno dirige una rivista bimestrale battezzata Saber (Sapere). Rivista elegante e grave, che seri- Madrid, maggio '76. Suarez giura t>e di filosofia e di architettura, di letteratura centro-europea e di cultura politica.', Non sapiente, ma in cerca di sapienza. Quando accenno all'edonismo reaganiano Ramoneda inarca le sopracciglia, lo considera una parentesi in via di chiusura. Riconosce che questo è il generale stato d'animo degli europei occidentali, «adesso che le ideologie sono tutte morte e non esistono più punti di riferimento», ma l'aggettivo reaganiano lo infastidisce. Come lo irrita l'inclinazione sentimentale per il cosiddetto Post Modernonellaaifaìein politica: per il passato, rievocalo in forma, ironica, «nonrper assumersi una responsabilità ma per disfarsene», per i sani valori tradizionali che dietro le burle e gli scherzi rispuntano con incedere arrogante. «Non mi place affatto questo ennesimo regolamento del conti. Non vedo cosa ci guadagnino gli europei. Ridotti a una permanente ricopiatura «ne usciranno impigriti, diseducati a pensare o dipingere o inventare per conto proprio». Diseducati, appunto, a darsi dei •'modelli.. E' a questo punto elle Ramoneda mi parla del modello iberico, e subito si percepisce la distanza che separa il •neo-modello* dal precetti religiosi che promettevano rotture rivoluzionarle, purificazioni, patrie addirittura, ritrovate. E che spesso assomigliavano — e assomigliano tuttora — a degli ukase. Cosi come lo descrive il filosofo Ramoneda, il modello perde il connotato nostalgico che morto tutto è possibile", ha detto Dostoevskij. E siccome tanche la provvidenza storica si è rivelata vuota, U confortevole lamento si ripeteva: "Se la rivoluzione è morta tutto è possibile". Tutto diventava fluido. Ma è vero .che finite le certezze non ci Testa altro che la sola coscienza infelice o le ricopiature beffarde? Chi ci impedisce di cercare ognuno per Iconio proprio un'aura sacra, 'una forma, un mestiere, una {tensione morale come insegna Kant?». - E' il motivo per cui anche Paezowski, assieme a Ramoneda, è convinto che il bisogno di modello stia tornando in Europa. Ma tramutato, come si può constatare tra l'altro nell'attività degli architetti: «Lo si vede un po' In Francia, molto in Germania, Austria e Spagna. E' un'architettura che parte da un modello ideale, ma che •poi lo cala nella realtà e ad essa diventa sensibile, reagendo alle sue sollecitazioni, 'registrandole ed esprimendole nel progetto finale. In questo senso è un periodo «saltante, quello in cui si vive: finita la certezza del progetto, comincia la sua ricerca. Esaurita la fame di risposte, tu ricominci a interrogare. E ricrei la tensione classica — estetica e morale — verso l'unità tra forma e realta. Può anche darsi che non abbiamo più ragioni sacre per costruire le Piramidi, o il Partenone. Ma possiamo pur sognare il Partenone, realizzare la tensione verso il Partenone. L'unica differenza, rispetto all'era delle avanguardie, è che non slamo più Imbarcati, alla maniera del movimento moderno, su un unico battello, come ha affermato l'architetto austriaco Hans Hollein. Che si ricomincia a lavorare in maniera solitaria, ■ come una volta' gli artlgia- I nU' Barbara Spinelli sulla Bibbia fedeltà alla Corona diventando il primo «premier» democratico della Spagna dopo Franco ha avuto, riacquista il suo significato originario. Che è poi quello rintracciabile nel prezioso Dizionario del sinonimi di Tommaseo: dove è scritto che «Esemplo può essere cosa non perfetta, ma pure adatta al caso». La definizione risale al 1840, e fa una certa meraviglia sentirla riformulata centoquarantacinque anni dopo, in un caffè a Barcellona. Non con spirito rassegnato per di più. Nemmeno con disillusione. Ma imperiosamente, invece. ■ Un patto _ «Dico che ^ppagri^DUt) essere uri modellò,, confinila Ramoneda, non tanto per quello che è e che potrà divenire, quanto per la maniera In cui è uscita dal fascismo, e ha dato fondamento alla sua democrazia, prima con Suarez e ora con Oonzalez. Né l'uno ne l'altro si sono azzardati a promettere 11 paradiso, ma gradino dopo gradino, come dei cesellatori, hanno Inventato una democrazia che può permettersi di fare a meno sia delle rotture rivoluzionarle, sia delle ricadute conservatrici o autoritarie». •Da questo punto di vista, dice ancora Ramoneda, la Spagna democratica è un caso unico nella storia dell'Europa post bellica: è la sola ad aver saltato di pari passo la tappa delle epurazioni, dei regolamenti di conti, e incorporato nella costituzione democratica le sue diverse anime. Da noi nessuno può rimproverare ad altri il loro passato. E' un patto esplicito che vige da quando c'è Gonzàlez: per farle un esemplo, qualche tempo fa la televisione ha fatto un'inchiesta sul passato tutt'altro che limpido di Fraga Irlbarne, capo dell'opposizione. Fraga ha protestato con Felipe, e Felipe gli ha dato ragione. Con questo non pretendo che la Spagna sia perfetta: mi limito a constatare che essa sta Indicando una via d'uscita inedita verso la democrazia. E' la via imboccata dall'Argentina, e forse anche il Cile la percorrerà. Non è Cuba, né il Nicaragua». Nonio se Madrid avrà.fartuna. Neppure se sto im,Ufl(t>ile davvero, nel Vecchio Con-, Unente. Ramoneda stesso ammette che le condizioni in Spagna sono particolari: «Una certa liberalizzazione già era cominciata sotto Franco, e oggi abbiamo il vantaggio di essere 11 Paese meno marxista d'Europa». Non so come -andrà a finire*, e sospetto che domandarglielo sia superfluo. Invece può portar lontano il discorso etico-filosofico sul modello, l'insistenza di Ramoneda sull'importanza di •avere un progetto*. Modello •incompiuto*, che incessantemente accetta di farsi plasmare dalla realtà (•in Spagna si governa sui sondaggi di opinione»/ E progetto, anche, da ritrovare a dispetto delle certezze naufragate e anzi profittando di tanto terremoto: «Si, viviamo in un'epoca in cui il senso si è perso. Ma è anche vero che la fine del senso — o la morte di Dio — come l'ha chiamata Nietzsche nella Gaia Scienza, mette fuori gioco e l'arte e la filosofia». Il discorso porta lontano dunque, oltre Barcellona. E se mi è parso degno di curiosità è perché ne ho ascoltati di simili, in altri Paesi d'Europa. Magari sono meno ufficiali che in Spagna. Spesso sono fatti in solitudine, a volte sboccano nel pessimismo e nella sensazione che i giochi siano ormai fatti. Come per Mtlan Kundera, quando mi ha detto-che Europa non produce più filosofia o musica o poesia perché prima si è spenta la memoria e poi il bisogno di filosofia, musica o poesia. O per Cioran, lo scrittore romeno che da quasi cinquantanni vive a Parigi, e di quest'Europa decaduta, «vinta dalle guerre», è il biblico e raffinatissilmo profeta. Perfezione Però nella mia inchiesta ho constatato che questa voglia di progetto, di mestiere ben rifinito, di perfezione addirittura, è più diffusa di qualche anno fa. E' l'impressione che ho avuto ascoltando Bohdan Paczowskt. un architetto che dopo un lungo soggiorno in Italia è approdato a Parigi, dove lavora. E che in riviste inglesi e francasi (The ArchitecturaJ Revlew, dee, Architecture d'aujourdul) ha scritto alcuni saggi significativi sulle ambiguità del classico e del moderno, sulla connessione tra avanguardie politiche e artistiche. «Certo che 11 progetto cosi come lo Intendevano le avanguardie è finito, 'mi dice, ma questo perché il progetto veniva scambiato per la realtà stessa, confuso con essa: la realtà dell'individuo nuovo, del mondo nuovo, della rivoluzione sociale che realizzava le leggi necessarie e provvidenziali della Storia. Il progetto a quell'epoca non era una tua scelta, ci si doveva vivere dentro. La tua vita, le tue opere, la stessa tua individualità erano il Progetto». Solo che poi le certezze sono crollate, trascinando nella frana progetti, modelli, e la modernità stessa. E' ancora Paezowski che parla: «Là reazione è stata quella di sprofondare nel.disinganno, nel nichilismo. "Se.Dlò è