Lava e acqua, storia di un'accoppiata killer di Lorenzo Casertano
Lava e acqua, storia di un'accoppiata killer Da Ercolano al vulcano Calbuco (Cile, 1961), la grande minaccia si chiama inondazione Lava e acqua, storia di un'accoppiata killer E' presto per pronunciarsi sulle cause del disastro provocato dal vulcano Nevado del Rute, prima che siano noti t risultati delle indagini geoftslche, ma si possono esporre alcune constderaelont più immediate, che non hanno bisogno di approfondimento. La prima riguarda il fatto che ancora non slamo in grado di distinguere l vulcani ancora aitivi da quelli definitivamente spenti. Il vulcano Nevado del Rute era considerato attivo, sìa per un'eruzione prodotta nel 1595, sia per l'attività fumarollca manifestatasi a partire dalla metà del secolo scorso e intensificatasi negli ultimi tempi. Periodi di completo riposo, di lunghezza uguale o quasi a quella del vulcano colombiano, sono stati mostrati anche da altri, a partire dal nostro Vesuvio, completamente inattivo per otto secoli prima del 79 dopo Cristo. Il più lungo 'sonno- di cui si ha notizia è quello che ha preceduto l'eruzione del febbraio 1973 I del vulcano Henvafcll, situato nell'isola isìanySese dTHelmaey. avvenuta dopo circa 7000 an,UdtJ_nam^ ,jì ; . - ■ Ulteriori considerazioni riguardano le analogie più evidenti tra questo disastro e quelli prodotti da altri vulcani nel corso del secoli. Innanzi tutto quella che accomuna questa eruzione con la vesuviana del 79 dopo Cristo, anche per le modalità con cui fu distrutta non tanto Pompei quanto Ercolano. Infatti, mentre la prima fu sepolta dalle ceneri, la seconda fu invasa da correnti di fango, proprio come è accaduto ora in Colombia. Nel caso del Vesuvio — e disastri del genere si sono ripetuti altre volte, come nel 1631 — le correnti di fango sono prodotte da potenti piogge cadute durante e dopo l'evento eruttivo, che convogliano a valle i materiali minuti. Colate di fango slmili a quella prodotta dal Nevado del Ruiz si lamentano spesso sul vulcani della Cordigliero delle Ande, in genere, e del Cile, in particolare, i cui crateri si trovano al di sopra del limite delle nevi perenni. Fra tutte ricordo, per esserne stato un diretto osservatore, quella prodotta dal Calbuco Al primo febbraio 1961. Questo vulcano era in riposo dal 1929 e manifestò la sua ripresa, con pie- - : ^ . . . i . cole esplosioni, il 25 gennaio 1961. Il 1° febbraio ebbe inizio una potente fase effusiva, la prima lava emessa determinò lo scioglimento immediato delle nevi, provocando cosi una corrente di fango nella quale vi erano blocchi di lava di decine di metri cubi. La corrente, scendendo con una velocità dt circa SO chilometri l'ora, raggiunse un lago distante 25. Fortunatamente non ci furono vittime. Fra t disastri provocati dall'avanzata di materiali fluidi o fluidificati dall'alta temperatura da cui sono caratterizzati, è da ricordare quello prodotto l'8 maggio 1902 dalla montagna Pelée, nella Martinica. DI notevole In questo c'è il fatto che la distruzione della cittadina di Saint Pierre fu provocata, nel giro di pochi minuti, da un ammasso di materiale vulcanico minuto, con elevata temperatura, che, dalla definizione che ne diede lo studioso Làcrolx, da allora è detto .nube ardente',- per la cronaca è da ricordare che del 25 mila abitanti di Saint Pierre se ne salvò unosoto: un negro rinchiuso nel sotterranei del carcere, in attesa che venisse esiguità la condanna a morte. Nel caso del Nevado del Ruiz probabilmente l'inizio dello scioglimento delle nevi e quindl della formazione della corrente di fango è coinciso, com'è avvenuto per il Calbuco, con il passaggio dell'eruzione dalla fase esplostva a quella effusiva. Queste due fast si presentano normalmente ognuna con una propria intensità, ma non mostrano alcuna soluzione di continuità nell'evolversl complessivo dell'eruzione. Proprio lo studio delle differenze e delle analogie che si riscontrano tra diversi tipi di eruzione può fornire le più utili indicazioni al fini del corretto intervento della protezione civile. Va peraltro notato che, come per il Nevado i danni sono stati provocati non tanto dall'eruzione quanto dalla mancanza di adeguati provvedimenti a distanza di ben più di cinque mesi dal primi seri avvisi dell'attività vulcanica, altrettanto nel caso del Vesuvio il pericolo deriva soprattutto da un'insufficiente sorveglianza geofisica quale quella attuale. Lorenzo Casertano
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