Romanza incompiuta

Romanza incompiuta Che aria tira per la legge finanziaria Romanza incompiuta Una certa dose di nervosi-; smo accompagna il dibattito sulla legge finanziaria; nervosismo pretestuoso poiché non investe grandi scelte di politica economica, che questa legge si guarda bene dal proporre, ma semplicemente l'alchimia dei rapporti tra i partiti della eoa-; lizione, e tra questi e il pei. Che la politica economica1 del governo abbia una incisivita ormai debole non siamo noi a dirlo ma voci assai più autorevoli come il governatore della Banca d'Italia, secondo cui «lo squilibrio tra le entrate e le spese dello Stato ha fatto crescere la domanda oltre il limite compatibile con l'equilibrio della bilancia dei pagamenti; ha spinto la domanda nel settore dei consumi, dove essa meno contribuisce a creare posti di lavoro; ha esercitato sui mercati finanziari una pressione che ha tenuto alti i tassi d'interesse reali e nominali; ha reso più costoso il credito per gli investimenti; riversandosi sul debito pubblico ha gravato di oneri gli esercizi finanziari futuri». Da sponde diverse analoghi avvertimenti si levano. Cosi sull'ultimo bollettino del Cer, il centro studi che fa capo al presidente socialista della commissione Finanze e Tesoro della Camera, Giorgio RuffoIo, vi è la riconferma della «inutilità delle enunciazioni rituali ai fini di un credibile programma di riduzione del disavanzo, poiché senza correzioni strutturali dei meccanismi e delle disposizioni legislative che presiedono alla formazione della spesa pubblica, le regole sono destinate a non essere osservato. E, infatti, come dice infine l'ex ministro de del Tesoro, Nino Andreatta, prendendosela in verità ingiustamente solo con Craxi, quasi non vi fossero anche i suoi amici di partito nella stessa barca, la politica del governo «suggerisce l'immagine di quel conìglio della favola che, sebbene corresse a perdifiato, non riusciva ad avanzare neppure di un centimetro. La parabola rappresenta bene la miseria del gradualismo: tanta fatica per contenere le spese, i sindacati scioperano, i ministri minacciano le dimissioni, le op posizioni parlano d'insopportabili stangate, ma il deficit batte ogni anno nuovi primati e il debito pubblico supererà tra qualche settimana il 100% del reddito nazionale». In questo frangente è singolare la posizione del ministro del Tesoro. Egli ha sottoposto al Senato un documento — si' ni ile ad altri da lui stesso pre sentati in altre occasioni — in cui suggerisce un piano di rientro dal debito e ribadisce la gravità della situazione, aggiungendo, se mai, nuovi sconfortanti dati («il debito estero — ricorda, ad esempio, il ministro — è ormai tanto elevato che il pagamento d'interessi si avvicina alle entrate nette per il turismo»). Da questi allarmi, diciamo cosi, «introduttivi», non discende, però, una legge finanziaria che prenda davvero di petto i meccanismi perversi che alimentano una spesa fuori controllo, ma, cosi come negli anni scorsi, elenca provvedimenti di tamponamento, sforbiciature, ritocchi tariffari, qualche ticket qua e là, cosme¬ si contabili ed altra mercanzia; per cui si possono già prevedere i futuri «sfondamenti», in rapporto agli obbiettivi fissati. Goria, come un pallido trovatore errante, canta la sua melanconica canzone, ma le note del prologo non si ritrovano mai nella romanza. E cioè nelle leggi; quasi fosse ormai inveterata abitudine dei ministri italiani — non è, infatti, solo Goria a coltivarne il vizio — proporre documenti, idee, piam e altre mirabilia che restano in eterno allo stato gassoso, mai traducendosi in leggi precise, cosi che sia possibile il confronto e, se necessario, lo scontro. Ne consegue che una vera legge finanziaria capace d'invertire il corso delle cose è sempre di là da venire; riguarda un anno non scritto nel calendario politico italiano. Naturalmente, il ministro del Tesoro non alza il tiro perché dominato dalla snervante prudenza di chi si aspetta agguati da tutte le parti, e basta ascoltare il tam tam della foresta parlamentare per rendersene conto: chi — a cominciare dal presidente de della commissione Bilancio, subito smentito da altri esponenti del Buo stesso partito — risfodera la patrimoniale; chi, soprattutto in campo socialista, ripropone la tassazione dei Bot; chi, i comunisti in primo luogo, annuncia emendamenti, accogliendo i quali il deficit aumenterebbe di altri 15.000 miliardi. Si tratta, comunque, di proposte che non hanno affatto in vista la conduzione dell'economia, ma le ricette della cucina politica: poiché resta poco tempo per l'approvazione della legge si agita lo spauracchio del bilancio provvisorio, e l'opportunità di evitarlo grazie al concorso del pei, cui, come è ovvio, dovrebbero, però, essere concesse adeguate contropartite. Chi si muove in questa ottica é il psi che spera, cosi, di strappare all'opposizione un applauso ancor più fecondo di conseguenze di quello su Mazzini e Abu Abbas. De Mita, di contro, cercherà di evitare la manovra, per ricondurre Craxi entro le maglie del pentapartito, impedendogli disinvolti slittamenti di maggioranza, che liquiderebbero l'egemonia de. Ma tutto questo, come abbiamo detto, c'entra poco o niente col deficit di bilancio, che, se mai, ne risulterà ancor più aggravato. Mario Plranl

Persone citate: Abu Abbas, Craxi, De Mita, Giorgio Ruffoio, Goria, Mario Plranl, Mazzini, Nino Andreatta