Cassazione, ultimo atto del processo Moro Il problema è il «concorso morale» dei br

Cassazione, ultimo atto del processo Moro Il problema è il «concorso morale» dei br In Suprema Corte la de non si è costituita parte civile contro i brigatisti Cassazione, ultimo atto del processo Moro Il problema è il «concorso morale» dei br DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Processo Moro, ultimo atto: entro la settimana la corte di Cassazione deciderà se confermare o sconfessare la sentenza della corte d'assise d'appello, che attenuando alcune condanne aveva di fatto riconosciuto 11 valore della «dissociazione» e lanciato un segnale politico che sembrava voler sancire la fine dell'emergenza nella giurisdizione. Durante il dibattimento, cominciato ieri, 61 legali e 11 sostituto procuratore generale Antonino Scopelitti (parlerà stamane) si divideranno in due schieramenti. Da una parte si sosterrà che la sentenza della corte d'appello concede troppo agli imputati minori e al «dissociati», che avrebbero fruito di attenuanti generose. Dall'altra si chiederà una conferma dell'ultima sentenza, o addirittura una revisione al ribasso di alcune pene. Non è un giudizio di merito ma di legittimità ma l'esperienza insegna che anche 11 verdetto della Cassazione non potrà sfuggire ad un'interpretazione in chiave politica, relativa ai grandi temi che sono sullo sfondo: la richiesta di un riconoscimento politico-giuridico che viene dal terroristi «dissociati»; l'interrogativo se applicare alla lettera una legislatura d'emergenza oppure se sottoporla ad una revisione. In quest'ultima direzione vanno recenti decisioni della Cassazione. In particolare, a proposito della sentenza nel processo contro le Unità combattenti comuniste, la 8uprema Corte aveva di fatto smantellato l'Interpretazione corrente del «concorso morale», una figura giuridica applicata per estendere al membri della banda la responsabilità di fatti cui essi non avevano partecipato direttamente. Il presidente della sezione che censurò l'abuso del «concorso morale» nella giurisdizione, Corrado Carnevale, è lo stesso che In questi giorni presiede il dibattimento. Come in primo e secondo grado anche 11 processo In Cassazione ha visto su linee diverse la democrazia cristiana e la famiglia Moro. Il partito di De Mita non si è costituito parte civile, al contrarlo della moglie e del figli di Moro. L'avvocato Pino De Gorl spiega in questi termini la scelta della de: .Lo nostra presenza sarebbe stata assolutamente pleonastica. Si tratta di un processo di legittimazione, che può correggere eventuali errori di diritto, ma non rivelare quel 10% di verità che ancora rimane nascosta. Né ci interessa la quantità della pena inflitta agli imputati, nessuno spirito di vendetta ci ha mai animato*. 'E' una posizione sensata; afferma Raffale Latagllata, legale di Nora Moro, la moglie del parlamentare de. La signora Moro, spiega, ha voluto essere rappresentata anche davanti alla Cassazione per testimoniare 'Che ha interesse a seguire le vicende giudiziarie' relative al rapimento e all'assassinio del marito. I familiari di Moro attraverso 1 loro legali chiedono la conferma della sen¬ tenza d'appello: «Ha temperato — dice il professor Latagllata — le severità stridenti della sentenza di primo grado.. La corte d'assise d'appello aveva «cancellato» dieci ergastoli, comminati dalla corte d'assise. Ne avevano beneficiato soprattutto quei terroristi che dopo la condanna a vita in primo grado si erano «dissociati». Cinque In tutto: Valerlo Moruccl e Adriana Faranda, Caterina Piunti, Mara Nanni, Gian Antonio Zanetti. Ma anche «irriducibili» come Pietro Vanzl, Gabriella Mariani, Enrico Triaca, avevano ottenuto pene assai più miti. «Pentite» come Ave Maria Petricola, «dissociate» come Norma Andriani, avevano rivelato quanto le mozioni del cuore avessero pesato sulle loro scelte. Altri, come Moruccl e Faranda, avevano fatto autocritica in termini strettamente politici, senza concedere nulla al privato. I due avevano anche lasciato capire al giudici dov'era la «prigione» di Moro.

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