Due Liberie in guerra si contendono gli Usa

Due Iiberie in guerra si contendono gli Usa OSSERVATORIO Due Iiberie in guerra si contendono gli Usa Dietro la cortina fumoge-^ na della guerra di comunicati contraddittori che giungono da Monrovia si intravede il leit-motiv che contraddistingue la bizzarra storia della più antica repubblica africana indipendente. Perché nel tentativo di putsch del generale Thomas Quiwonkpa contro il regime dell'ex sergente Samuel Kanyon Doe confluiscono tutti gli elementi che da oltre un secolo caratterizzano la Costa del Pepe, adagiata lungo il Golfo della Guinea. Una Liberia cioè, nata nel 1822 sotto il segno della «terra promessa» destinata agli schiavi americani finalmente affrancati, che ha sempre oscillato fra gli estremi della vocazione libertaria e la tentazione di esercitare un razzismo alla rovescia, quello di piccola potenza coloniale in cui i dominatori non hanno la peile bianca. Queste ataviche tensioni, mai sopite nonostante i ripetuti tentativi di chiudere il fossato che separava l'oligarchia degli «afro-americani», discendenti dai primi negri liberati dal presidente abolizionista Monroe (da ciò il nome della capitale) e la maggioranza indigena, sfruttata dai consanguinei, sono riesplose adesso in un progetto golpista, non si sa ancora quanto riuscito. Da una parte il Capo di Stato «che. viene dal nulla», di origine tribale, scostante, spregiudicato e spietato con gli avversari, la pistola alla cintola, dall'altra il suo più stretto collaboratore, già comandante delle forze armate, pure lui filoamericano ma dal «volto umano», che teneva i contatti con la gente comu¬ ne, che si preoccupava di ottenere la liberazione di un innocente dalla prigione o la restituzione di un'automobile rubata. Erano alleati, poi li ha divisi il metodo con cui affrontare il potere, per Doe via via più breve all'autonomia economica», per Quiwonkpa invece «la scorciatoia verso la corruzione pubblica». In mezzo alle due concezioni sta la «repubblica dello zio Tom» che era e resta in certo senso il protettorato statunitense nel Continente Nero, una nazione modellata come la carta carbone del Profondo Sud americano, con la stessa miriade di sette protestanti, le cittadine costiere che ricordano nei lori toni di nostalgica civetteria le gemelle della Virginia, della Carolina, gli stessi costumi, le stesse tradizioni. Ha la Costituzione copiata dal regolamento del Campidoglio, la moneta c il dollaro, la bandiera sembra la sorella minore di quella a stelle e strisce (unica differenza, una stella invece di cinquanta), i soldati indossano le uniformi riciclate della US Army. E in aggiunta dipende da rapporti economici che legano a doppio filo le due sponde sull'Atlantico. In Liberia è di casa la Firestone per controllare le ricche piantagioni di caucciù, qui sono situate le enormi cupole dell'«Omega il sistema che rilancia le comunicazioni del Pentagono ' agli avamposti disseminati nel mondo, assieme ai trasmettitori della Voce dell'America. In cambio di tanta generosità Washington elargisce aiuti per 90 milioni di dollari l'anno e contribuisce a pagare i debiti contratti con la Banca Mondiale: un do ut des restituito a sua volta dalla politica filoccidcntale del governo, uno dei pochi in Africa ad intrattenere relazioni con Israele e ad aver rotto ogni legame con Mosca. Inoltre, prosperavano nel «paradiso degli affari» i previlegi della libera esportazione di capitali e profitti accumulati all'ombra delle «bandiere di comodo» (la flotta liberiana, oltre 1900 navi, rappresenta un quinto del tonnellaggio della marina mercantile di tutto il mondo). Questo delicato meccanismo, oliato da decenni di tranquillità, si è ora incrinato nonostante le elezioni del 15 ottobre, preludio alla restituzione del potere ai civili, vinte da Doe con il 51 per cento dei voti ma denunciate come fraudolente dai tre partiti antigovernativi. E Quiwonkpa ha deciso di giocare la carta rischiosa del rientro dall'esilio negli Stati Uniti. Piero de Garzarol'.i

Persone citate: Firestone, Monroe, Samuel Kanyon Doe, Thomas Quiwonkpa