Marcos non potrà barare di Ennio Caretto

 BEEk M « ' ^LV Marcos non potrà barare Gli Usa hanno imposto «elezioni credibili» al sessantottenne leader filippino che sembra gravemente malato BEEk M « ' ^LV Marcos non potrà barare Scelta per il voto una data simbolica, il 17 gennaio, quarto anniversario dell'abrogazione di quasi un decennio di legge marziale - La preoccupazione americana di un nuovo Iran e l'importanza delle basi militari di Oark e Subic Bay - Lunedì il comitato di unità nazionale presenta il candidato ufficiale dei dodici partiti di opposizione ìew YORK — Domenica NEW YORK — Domenica mattina, 3 novembre. San Martino: in telediretta da .Manila, da palazzo Malacanang, Ferdinando Marcos annuncia che terrà «presto» le elezioni presidenziali. Il volto lucido dell'ammalato — sembra che abbia un solo rene, trapiantatogli nell'83, anche se il presidente e la moglie continuano a smentire che le sue condizioni siano gravi —, Marcos spiega che 11 massiccio mandato popolare porrà fine alle «calunnie» contro il suo regime. E' 11 David Brlnkley Show, come gli americani chiamano questo programma alla tv, e nessuno in America presta fede al Presidente filippino. Il suo mandato scade nell'87: solo 11 mese scorso, Marcos ha risposto picche all'emissario di Reagan, il senatore Laxalt, che gli proponeva una serie di riforme e la consultazione elettorale. La conferma viene poco più - tardi dall'ambasciata delle Filippine a Washington. Il Presidente non scherzava: la data delle elezioni è simbolica, 1117 gennaio, il quarto anniversario della .abrogazione di quasi un decennio di legge marziale. Laxalt telefona a Manila: come mai 11 cambiamento, c'è qualcosa sotto? L'ambasciatore americano Bosworth non nasconde 1 suoi sospetti. Il sessantottenne leader filippino, ai potere dal '65, vuole emendare la Costituzione che gli chiede di dimettersi prima del voto: poiché il Parlamento è per i due terzi sotto il suo controllo, ciò non gli sarà difflcUe. E con Marcos al governo, lui, Bosworth, non si sente di garantire dell'onestà della consultazione elettorale. La reazione del governo Reagan è immediata. Il por- , tavoce della Casa Bianca, Speakes, dichiara che le elezioni devono essere «credibili». Quello del Dipartimento '.. di Stato, Reclinali, aggiunge che gli Stati Uniti chiedono ( al militari di non interferire e - a Marcos stesso che le coni- missioni elettorali siano -libere e indipendenti*. Il deputato Solarz di New York non ha altrettanto tatto: «Se il Presidente filippino truccherà, il voto* ammonisce, «e ci sari, una rivolta popolare di cui si appropreranno i guerriglieri comunisti, o nel Paese si accentuerà la dittatura: Questa volta, Laxatl chiama Marcos di persona: «Reagan» gli dice «ci tiene a che le elesioni segnino una svolta verso la democrazia*. Siamo al limiti dell'interferenza negli affari interni al-, trui, ma l'amministrazione non ha alternative. Nelle parole del diplomatico William Sullivan, quello dell'ambasciata preso ostaggio da Khomelnl a Teheran, le Filippine rappresentano oggi -il fattore più, destabilizzante del Pacifico, per gli Stati Uniti. In esse l'America vede un nuovo Iran, e in Marcos un altro scià. L'incubo di Reagan è di perdere' l'alleato stragicamente piti Importante dell'Estremo oriente, come Carter perse quello dell'Asia Centrale. -Il Presidente» dice Sullivan mfa bene a premere su Marcos: ne va di messo l'equilibrio delle superpotenze». Che cosa è successo a Manila e a Washington tra l'81, quando il vicepresidente Bush accoglieva l'anziano dittatore come un figliol prodigo, e oggi che i reganautl, sia pure misurando le parole, lo accusano di essere «una macchia sulla coscienza ame ricana»1 -Semplicemente questo» risponde il capo di Stato maggiore, l'ammiraglio Crowc, che ha comandato le forze armate nel Pacifico: -che la situazione economica e politica nelle Filippine si è fatta insostenibile, e che all'unanimità gli esperti Usa, dalla CIA. alla D.IA., i servizi segreti del Pentagono, danno al regime un massimo di tre anni di vita». La Casa Bianca è il Dipartimento di Stato, cioè, si sono resi conto che le Filippine potrebbero crollare da un giorno all'altro. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l'assassinio di Benigno Aquino, 11 leader dell'opposizione, al suo arrivo dagli Stati Uniti all'aeroporto di Manila nell'83. Ma esso era già colmo. Nel ventennio di Marcos, il Paese è finito nelle mani degli oligopoli, e l'economia, dissanguata da queste fortune personali, ha generato sempre più disoccupati. La repressione poliziesca ha assunto la -fisionomia Argentina» dei precedessori di Alfonsin: squadroni della morte terrorizzano città e villaggi, aumenta il numero dei «desaparecidos», tra cui anche 15 cittadini americani, e i tribunali sono diventati uno strumento del regime. Non a caso Marcos stesso proclama: -Dopo di me il diluvio». Il timore principale dell'amministrazione è che come in Iran sei anni fa la crisi lasci spazio all'estremismo, con l'aggravante dell'infiltrazione comunista. La «N.A.P.» infatti, la nuova armata popolare forte di 30 mila combattenti, non fa più perno solo sui ribelli islamici, ma anche sui guerriglieri finanziati dall'Urss e dal Vietnam. Marcos afferma che in un anno -li spazzerà via come foglie secche» se gli Stati Uniti non diminuiranno gli aiuti milita' ri. Ma qui subentra l'altra paura dell'America: che il potere cada nelle mani del general Fablan Ver, 11 più stret to collaboratore del Presi dentefilippi.no, implicato nell'assassio di Aquino, ma certo di venire scagionato. -Nelle Filippine» precisa ancora l'ammiraglio Crowe, «noi americani abbiano una posta molto alta in gioco. Le nostre due basi di Clark e di Subic Bay sono le più vaste fuori del territorio nazionale. Perderle significherebbe consegnare all'Urss i mari meridionali della Cina, intaccare la fiducia che ripongono in noi Tokyo e Pechino e, in caso di conflitto, restare sema punti di appoggio nel Pacifico». La Settima flotta senza Subic Bay sarebbe senza cordone ombelicale, e a Clark staziona il 13° squadrone aereo: è per tenerle d'occhio che i sovietici si sono insediati a Cam Ranh Bay sulla costa vietnamita. Visitando Washington lo scorso ottobre, 11 premier di Singapore, Lee Kuan Yew, ha ammonito Reagan che -la partita delle Filippine è decisiva anche per gli alleati degli Stati Uniti in Asia». Lee Kuan Yew ha insistito affinchè, oltre che del generale Ver, vengano tarpate altresì le ambizioni di Imelda Marcos, l'ex reginetta di bellezza che da consorte è diventata anche il braccio destro dell'anziano dittatore. La First Lady, che ama chiamare i suoi concittadini «i miei bambini color marrone», sogna di essere un'altra Evita Peron senza averne la stoffa. Per il premier di Singapore, che ritiene Marcos morente, il cambio della guardia deve essere totale: -Non vogliamo né un secondo Vietnam né un secondo Iran» ha detto. Nel match sullo scacchiere filippino, la superpotenza per ora non scopre le sue mosse. A una corrente dell'ammini¬ strazione non spiacerebb strazione non spiacerebbe una fase transitoria, in cui prendesse il potere il ministro della Difesa Ponce Enrile, che potrebbe fare perno sul generale Fldel Ramos, sostituto temporaneo di Ver, e sul colonnelli ■ riformisti del gruppo -apparteniamo». La considererebbe una garanzia per le basi di Clark e Subic Bay, il cui trattato scade nel 1991. Ma un'altra corrente insiste per un atto di coraggio: l'appoggio al candidato ufficiale dei 12 partiti dell'opposizione, che verrà scelto lunedi dal cosiddetto comitato di unità nazionale. Qui» ha sottolineato Richard Haolbrookè, l'ex sottosegretario di Stato per il Sud Est Asiatico «i nomi che ricorrono con maggior frequenza sono quelli della vedova di Aquino, Corason, e dell'ex senatore Salvador Laurei, il segretario della coalizione Unido». La coalizione raggruppa otto dei dodici partiti, ed è' pronta a rinnovare 11 trattato per le basi americane, anche se chiede che siano sgombrate dalle armi atomiche. -Non è ancora chiaro se le elezioni del 17 gennaio saranno anche per il vicepresidente» ha aggiunto Holbrooke. -Ma non ho dubbi che se le fossero, e se fossero pulite, l'accoppiata Laurel-Aquino vincerebbe». Halbrooke è l'uomo che ha preparato un compromesso tra Marcos e l'opposizione per una irreversibile ma pacifica consegna del potere. Egli propone che siano garantite al Presidente l'Immunità fisica e patrimoniale, in cambio dell'esilio negli Stati Uniti. I reganautl non hanno detto né si né no. Ma a Washin| gton il Congresso non gli dà respiro. Li ha spinti ad approvare la sospensione del prestito di 114 milioni di dollari del Fondo Monetario alle Filippine, e ha ridotto da 100 a 70 milioni di dollari gli aiuti militari. Vuole che attraverso Marcos l'America metta sull'avviso anche i regimi totalitari sudamericani. Ennio Caretto Manila. Il presidente Marcos risponde alle domande dei giornalisti nel palazzo di Malacahang (Telcfoto Associated Press) e politica nelle Filipi i è arrivo dagli Stati Uniti ll't i h 15 cittadini sui ribelli islamici ma anche alL