La magìa corre sul Nilo di Alfredo Venturi

La magìa corre sul Nilo I TALISMANI DEI FARAONI: UNA MOSTRA, UN CONVEGNO La magìa corre sul Nilo MILANO — Sulle ruvide scaglie di due coccodrilli del Nilo cammina Horo, il dio bambino che Iside concepì da Osiri defunto. Horo è nudo, impugna con le due mani serpenti e scorpioni, un leone e' un'antilope: sulla sua testa vigila la maschera grottesca del dio-nano Bes, ai lati sono raffigurate due divinità augurali, Onhurl e Selket, la dea-scorpione. E' il piti popolare fra i talismani dell'Egitto antico: per questo il bellissimo esemplare in basalto recentemente acquisito dal Museo archeologico di Milano è' stato scelto come insegna di una mostra, e di un convegno, sulla magia in Egitto ai tempi dei Faraoni. Un tema di straordinario fascino e di straordinaria complessità. Per trattarlo a fondo i promotori di questa operazione magia, Ermanno Arslan del museo archeologico di Milano, Làszlò Kàkosy dell'università di Budapest, Alessandro fioccarl del museo egizio di Torino, hanno chiamato a raccolta i massimi specialisti internazionali. E' dall'alto della loro riconosciuta perizia, dunque, che costoro c'informano sui rapporti strettissimi fra magia e religione, nell'Egitto faraonico, e fra magia e scienza. Magia e religione, di cui l'ungherese Kàkosy, autore del saggio che introduce al catalogo, illustra indirettamente la diversità di approccio. Lo fa attraverso la definizione delle rispettive pratiche: la preghiera è una richiesta, la formula magica una coercizione. O almeno il tentativo di una coercizione: ma tino dei relatori assicura che la magia egizia funzionava al cinquanta per cento, un'efficacia percentuale di tutto rispetto, legata al favorevole clima psicologico. Inizialmente molto vicine, per certi aspetti coincidenti, religione e magia si dissociano più tardi: e questa dissociazione fa sì che la magia egizia si diffonda nello spazio, l'intero bacino mediterraneo, e nel tempo, fino all'Egitto copto e musulmano. Quanto al rapporto magiascienza, gli esperti sottolineano come quel due campi di applicazione dell'intelligenza si fondassero, nell'Egitto dei Faraoni, sulla stessa base razionale. Insomma la magia lungo il Nilo è stata una cosa seria, un mezzo di conoscenza, una logica di pensiero. La magia come scienza sperimentale, si arriva a dire: elemento non secondario di quella grandiosa cultura che seppe esprimersi nelle piramidi. E poi, la magia come spregiudicato strumento politico: Ramsete II, il grande Faraone, non acconsenti forse, per tenersi buone le popolazioni del Delta, a certe pratiche totemiche tradizionali? Ordinata nella galleria del sagrato sotto piazza Duomo, la mostra iarà aperta al pubblico fra qualche giorno, non appena saranno arrivati a completarla certi pezzi da Torino e da Napoli. Ma in margine al convegno, che si celebra in una sàia attigua, è stato possibile visitarla: di grande efficacia didascalica nonostante l'incompiutezza. Vediamo attorno ài cippo di Horo la folla multiforme degli dei egizi (".Tutti sanno, scriveva Giovenale, che 1 culti d'Egitto sono di pazzi adoratori di mostri;..»).' ci si fa notare come le divinità siano spesso raffigurate con accanto i simboli del potere magico. Nemmeno loro potevano farine a meno. La stessa scrittura, lungo il Nilo dei Faraoni, veniva considerata magica. Quando si trattava di mandare al diavo¬ a ei aa a nLa lo qualcuno, non si tracciava forse il suo nome su un vaso d'argilla destinato a finire in mille pezzi? Pratica, questa, di magia omeopatica, simile a quella del nemico bruciato, o trafitto, in effigie. Cose che si fanno tuttora, e non soltanto in Egitto. Infatti la magia va difficilmente distinta dal sortilegio; anche se c'è chi sepa-, ra i due termini, attribuendo ' al secondo il senso di pratiche proibite, o malefiche, o inconciliabili con la religione. Il pianeta magico, del resto, è ben lungi dall'essere esplorato a fondo. I problemi aperti sono, tanti. Per esempio Horo, il dio bambino. Che cosa ci fa con tutto quello eoo addosso? Domina e sconfigge gli animali e le insidie che essi comportano? Così credono in molti, tracciando suggestivi paralleli con iconografie più familiari: la Madonna che schiaccia il serpente... Ma Jan Quaegebeur, studioso olandese, non la pensa cosi: secondo lui quegli scorpioni e quél rettili rappresentano e esprimono la potenza magica di Horo. Un po' come le folgori con cui, per ammazzare il tempo sul monte Olimpo, giocherellava Zeus. Alfredo Venturi Stele di «Horo sui coccodrilli», talismano contro animali pericolosi, IV Secolo a.C. (Civiche raccolte archeologiche di Milano) lill l i tisQsl

Persone citate: Ermanno Arslan, Faraoni, Iside, Nilo Milano