L'ultimo feticcio di Haiti indiana

L'ultimo feticcio di Haiti indiana L'ultimo feticcio di Haiti indiana IL 6 dicembre 1492, Cristoforo Colombo scopre una vasta isola, alla quale dà 11 nome di Espanola. L'isola in questione, che occupa una posizione centrale tra le isole delle Anurie, era chiamata dagli indigeni 'Alti, «la montuosa». Il nome > indigeno sopravvisse a quello Imposto dai conquistatori, ancor oggi l'isola è nota come Haiti, per estensione, la seconda delle Grandi Antille. All'epoca della scoperta Haiti era abitata da popolazioni diverse, alcune comprese nel gruppo etnico Arawak, che collettivamente prendevano il nome di Taino, e popolazioni non Arawak, come 1 Ciguayo che abitavano la parte Nord-Est dell'isola. Queste popolazioni non erano originarle del luogo, ma avevano occupato tutte le Grandi Antille e le Bahamas soppiantando gli antichi abitanti, i Guanahatabey, che a loro volta avevano colonizzato le isole migrando dal Nordamerlca. La civiltà Taino aveva avuto origine presumibilmente nell'isola di Trinidad, e si pensa che da 11 i Talnos abbiano poi invaso le Antille In varie ondate, mentre 1 Ciguayo erano probabilmente originari della regione dell'Orlnoco. Le civiltà Indie non resistettero a lungo dopo la colonizzazione europea delle Antille: nel giro di cento anni vennero completamente annientate ad Haiti, mentre i pochi superstiti delle Grandi Antille e delle Bahamas si mescolarono con gli schiavi africani, perdendo completamente la propria identità culturale. Le poche notizie che esi[ stono sull'enigmatica civiltà dai Talnos sono state raccolte essenzialmente da Ramon Pane, eremita dell'Or|dlne di San Gerolamo, che . accompagnò Colombo nel suo terzo viaggio. Non si sa molto sull'organizzazione " Sociale "delTatno; pare-comunque "che esistessero quattro classi, dal servi •Naborlas» al capi «Cacique». I Naborlas non erano schiavi In senso stretto, ma venivano utilizzati dal nobili per 1 lavori agricoli. I Cadane, invece, erano Investiti di un'autorità che non superava 1 limiti del villaggio, e riguardava soprattutto l'organizzazione delle feste, del lavori agricoli e la direzione delle battute di caccia e pesca. I Taino avevano un pantheon molto articolato: credevano in un essere supremo, Yocahu, figlio della dea Zuimaco, che non veniva mai Invocato né tantomeno riprodotto In immagine, e In altri del minori, come Guabancex, dea della pioggia, e Coatrlschie, dio della tempesta. Oltre agli Del, 11 mondo del Taino era popolato dagli spiriti del morti, che di glor- no abitavano l'isola di Coai'ba, mentre di notte tornavano dove avevano vissuto. Alcuni di questi spiriti, spesso quelli che da vivi erano stati caclque famosi, venivano raffigurati per mezzo di figure umane scolpite nel legno o costruite con fibre di cotone intrecciate: gli Zeni!. Gli Zemi, che 1 colonizzatori spagnoli definirono erroneamente idoli, sono un fenomeno culturale proprio della civiltà Taino, non condiviso neppure dalle altre tribù Arawak, un fenomeno che non ha nulla a che vedere con gli Del mesoamerlcani, ma che è nato e si è evoluto nelle Grandi Antille, a partire da culti ancestrali in cui venivano venerate le ossa dei defunti. Dal XVII Secolo, questo antichissimo culto si arricchì di particolari magici e rituali, e le ossa degli antenati non vennero più semplicemente venerate ma ricoperte da bande di cotone. Gli antichi cronisti parlano di crani ed ossa ricoperti da garze di cotone, e Krickeberg afferma che «a volte si separava la testa dei cacique per venerarla in cesti o zemi». Purtroppo gli spagnoli videro negli zemi dei simboli diabolici, e li distrussero tutti, insieme con la civiltà che li aveva concepiti. Soltanto uno di questi geni protettori si salvò, perché «vita oliiH'fiHlt «vita Il preziosissimo «Zemi», un puno degli ultimi sacerdoti taino lo nascose nella grotta di Manlel, nel territorio dell'attuale Repubblica di Santo Domingo. Grazie al gesto di questo oscuro sacerdote, verso la fine del secolo scorso, inaspettatamente, venne ritrovato l'ultimo degli zemi, di valore incalcolabile. Questo esemplare, unico al mondo, è alto 75 centimetri e contiene, nella sua testa di cotone, il cranio del caclque che rappresenta. Lo Zemi riproduce 11 cacique in posizione accoccolata, cosi com'era stato sepolto, seduto sul simbolo In suo potere, 11 Duho, accanto alla moglie favorita, sepolta viva. In seguito, a questa sepoltura primaria ne segui una secondaria, dove il cranio' venne separato dal resto del corpo. Attorno al cranio venne ricostruito, in cotone, il corpo del suo proprietario, che ancora oggi mostra la dentatura attraverso la bocca aperta. La faccia ha un'espressione feroce, con gli occhi spalancati. Il cranio è def orma- pezzo unico consenato a Torino sorpresa di trovarvi una foto dello zemi. Ma la foto, invece che chiudere il caso, apri altri interrogativi: la foto era stata archiviata per un errore inspiegabile, nessuno aveva visto l'oggetto né sapeva nulla sulla provenienza della fotografia, anche se ormai era certo che lo Zemi doveva essere stato portato, in qualche modo, in Europa. Vega rintracciò gli eredi di Camblaso, e da loro seppe che lo Zemi era arrivato a Genova. Scrisse allora a tutti i musei della città, senza alcun risultato: nessuno aveva visto lo Zemi, che sembrava essersi dissolto. Le assidue ricerche di Vega interessarono la Società Americana di Genova, e grazie alla mediazione del ■suo direttore Massajoii lo zemi venne ritrovato, non a Genova bensì a Torino, al museo di Antropologia ed Etnografia, dove è conservato tuttora. Finalmente, dopo 70 anni, il .giallo» era stato risolto. to, secondo l'uso dei taino, In quella che viene definita la «deformazione bellicosa, o del Coraggio», comune a tutta l'area mesoamerlcana, che consisteva nell'appiattimento della parte anteriore della testa, con il conseguente arretramento della fronte, e veniva ottenuto fasciando strettamente la testa del neonati. La notizia del ritrovamento fece molto scalpore negli ambienti scientifici, ma la tormentata storia dello zemi non era finita. Nel 1903 scomparve dalla Repubblica Domlnicana, perché il signor Cambi aso, proprietario del preziosissimo oggetto, era partito portandolo con sé. Le ricerche, subito Iniziate, non diedero frutto. Dovettero passare 67 anni perché nel giallo scientifico del secolo si aprisse uno spiraglio: nel 1970 il professor Vega, studiando le foto della collezione ammana del Brltlsh Museum ebbe la gradita Luca Masali dell'uranio, che aprirà l'era dell'energia nucleare. Dopo la seconda guerra mondiale Niels Bohr fu 11 portavoce dell'uso pacifico della nuova energia liberata dal nuclei atomici e il propugnatore di una ricerca senza frontiere e senza segreti. Negli Anni Cinquanta appoggiò, con tutto 11 suo peso scientifico, l'iniziativa di eminenti scienziati che fondarono a Ginevra il Centro Europeo per le Ricerche Nucleari. Al Cern i fisici provenienti dal più diversi Paesi sono uniti nel comune interesse della ricerca fondamentale, Ubera e senza segreti. Indagano sulle proprietà degli ultimi costi-; tuentl della materia e sulle leggi fondamentali che essi racchiudono, in un'atmosfera creativa che sembra fare rivivere lo «Spirito di Copenaghen». Dd Mauro Dardo