Bach una biografia mal temperata di Massimo Mila

La monumentale opera di Piero Buscaroli somiglia più a un pamphlet che a un libro storico La monumentale opera di Piero Buscaroli somiglia più a un pamphlet che a un libro storico Bach, una biografia mal temperata —C£S-c* ri-:-.-'- — .r delle supposizioni, delle ipotesi e delle congetture. I •forse', i 'probabilmente', i «si può pensare che», si sprecano. Quasi mai un verbo si presenta nudo e crudo al passato remoto, come è proprio della narrazione storica, ma per lo più al futuro anteriore (avrà fatto, avrà detto, avrà pensato ecc.), oppure coniugato con l'ausiliare ipotetico «dovere»: dovette credere, dovette pensare, dovette preferire ecc. Ne viene, a chi legge, un certo disagio, come se si camminasse sulle uova, molto simile al mal di mare. Sa benissimo, il Buscaroli, che 'Ogni ipotesi ci ricaccerebbe nel regno delle invenzioni da cui siamo usciti per sempre', e giustamente si fa beffe di quella ricerca che 'arranca tra le ipotesi: Ma deve ammettere lealmente: «Ci restano le deduzioni, le congetture', e giù con i «si può credere', «é evidente che' ecc. Manca infatti al Buscaroli un chiaro concetto dell'arte: quello che il Riezler, biografo di Beethoven da lui citato, chiamava • un 'idea generale dell'arte'. L'estetica di Buscaroli si fonda sul concetto, cosi fasullo, di «Genio», di 'Uomo eccezionale'. Nel suo culto del superuomo, egli è affascinato dal •mistero della grandezza'. Donde la frenesia biografica Interiorizzata. 'Riesce difficile resistere alla tentazione di valorizzare ogni increspatura, ogni saliente di questi anni'. Eppure il Buscaroli c'insegna che «guanto a ipotesi sballate la critica bachiana ne ha conosciute, davvero, di tutti i generi.. Tre divieti reggono la struttura biografica, sviluppata senza economia di spazio e con sbalorditiva ricchezza di documentazione: ,che Bach sia un musicista 'eminentemente* sacro; «he Bach sia stato un vinto, uno sconfitto dalla storia; che Bach sia da considerare un «artigiano» della musica. La disputa sul sacro e 11 profano In Bach è sempre esistita. C'è chi «tiene» per i Concerti brandeburghesi e chi «tiene» per le Passioni. Chi vede il momento grande di Bach nel brillante servizio mondano alle corti di Weimar e di Cóthen, e chi 11 vero Bach lo trova nell'organista di chiesa e nel Cantor della Thomasschule. Niente di male: è grande in entrambi i campi, e la dialettica sacro-profano non fa che rinfocolare lo zelo degli studiosi. Ma sostenere che è «esioua» (si, dice proprio esigua) «la quantità della musica di chiesa da lui composta se si paragona con la produzione di un gran numero di maestri', questo è proprio un po' forte. In calce al volume c'è un eccellente catalogo delle opere di Bach.. Ne risulta che l'esigua produzione da chiesa consta di: circa 200 cantate sacre, 5 Messe, 5 Sanctus, 1 Credo, 2 Magnificat, 5 tra Passioni e Oratori, S Mottetti, per non parlare dei Corali, trascritti e elaborati. Nemico intransigente della Riforma luterana, in cui vede la causa di tutti 1 mali e le colpe della Germania (ammesse a denti stretti, le 'Specialisti del piagnisteo bachiano: del 'Cantor misconosciuto e vessato da grette autorità cittadine ed ecclesiastiche' della bigotta Lipsia! Perciò gran peso attribuito al postumi della questione Scheibe e alle retoriche difese di Bach redatte dal professor Birnbaum, unica vittoria (ma lenta e tardiva, ai punti) riportata da Bach nell'ultima fase della sua vita. L'entusiasmo per il vittorioso si estende fino alla «sessualità indomita» dell'«ardente vedovo», che generò ancora un figlio a 57 anni. Be', che c 6 di straordinario? •Né vinto, né isolato', dunque, salvo che sul fronte della scuola. E qui Buscaroli estrae dal documenti una selva di prove per dimostrare la totale erosione dei suoi doveri scolastici e municipali che Ba^ri effettuò nei ventisette anni d'insabbiamento a Lipsia, comportandosi come un perfetto lavativo. . Ma sarà poi proprio vero che 'Bach non si sentiva né umiliato, né maltrattato''! Un centinaio di pagine più in là, in uno dei tentativi di trepida penetrazione nell'animo del Grande, Buscaroli suggerisce: «JVon avrà mancato di sentirsi superato e abbandonato, di gemere sulla sua sorte'. Il che s'acccorderebbe con le 'periodiche crisi di depressione e di sterilità' che lo scrittore «11 attribuisce, con 1'-ansia.. V 'insoddisfazione e forse anche una fragilità' riconoscibili nell'esordiente Bach. Aggiungendo che la parodia, cioè il 'Continuo lavoro di riscrittura' che è 11 modus operandi di Bach, è, si, sempre miglioramento, perfezionamento e inveramento, ma anche «discende da un vizio psicologico ed estetico». E quanto all'artigianato musicale, va bene, ammettiamo pure che Bach fosse un romantico. D'un artista cosi grande si può sostenere tutto e il contrario di tutto. Ma a proposito dell'arte della fuga leggiamo che «anche il vecchio Bach ha bisogno, per finire un'opera, del pungolo esterno, la commissione, la data fissata per l'utilizzazione». E se non è artigianato questo, che cos'è? ci convinciamo che la "regulirte Kirchenmuslk in nome di Dio" altro non fosse che un sospiro ornamentale, messo a coprire, col suo accorato rimpianto, la giovanile gioia di un posto migliore, con doppio guadagno'. Mai dimostrata l'-intransigenza luterana- di Bach? Sarà, ma in queste diatribe sul sacro e il profano si assiste a una ridda di farnetica-, zioni biografiche alle quali si possono opporre altre farneticazioni di segno contrario, altrettanto plausibili ed altrettanto campate in aria. Non sarà mica una -fabbrica di fantasticherie' come quelle cosi aspramente rimproverate al vecchio Spitta? Bach vittorioso. C'è nell'autore una mentalità militarìstica simpaticamente infantile, da lettore di Salgari e di Nembo Kid, che non ammette possa essere, il suo eroe, uno sconfitto, un vinto. Via la 'muffita oleografia' disegnata dagli colpe), il Buscaroli vuole soprattutto dissociare da Bach l'Immagine del luterano tutto d'un pezzo, sostenuta dagli 'Ottusi ignoranti giullari del Bach tutto-chiesa', e a questo scopo s'impegna in una tendenziosa svalutazione, anzi, demolizione del famoso progetto di una «regulirte Kirchenmuslk» con cui Bach si licenziò dal servizio nella chiesa pietista di MUhlhausen. Tira talmente la corda che finisce quasi per trasferire Bach nel campo opposto (Si comporta in tutto e per tutto come un pietista») e lo fa apparirifcome urtò spudorato mentitore, che avrebbe architettato la storia della ben regolata musica di chiesa semplicemente per passare a un impiego migliore nella corte di Weimar, dove sapeva benissimo che di Kirchenmuslk, bene o mal regolata, non avrebbe avuto da occuparsi. «Equivoci non sono leciti. Più c'inoltriamo in questa linea vitale, e più comprato da tedeschi e spagnoli: sono in corso trattative cori inglesi, francesi, portoghesi, olandesi, svedesi. «La narrativa italiana non rientrava nei nostri programmi — racconta don Balletto —. Un amico ci ha portato i manoscritti di Cercando l'imperatore e La principessa e il drago. Ci sono piaciuti, a maggioranza abbiamo scelto 11 primo». Pazzi pubblicherà il secondo da Garzanti, ma si è già impegnato con la Marietti per il terzo episodio della sua fiabesca odissea zarista: dovrebbe intitolarsi Malattia del tempo, intanto sta per arrivare in libreria un altro esordiente italiano, questa volta settantenne, l'imprenditore genovese Carlo Alberto Rtzt, importatore di stoccafisso: I cioccolatini di Soziglia — qualcosa di più di un giallo, un 'pasticciaccio' sulla Riviera Ligure primo '900 — sono stati venduti a Francoforte ancora 'da scartare'. E si prepara Viaggi in Perù di Giorgio Bertone, diario di bordo di un viaggiatore d'oggi sulle rotte dei navigatori di ieri. Anche la saggistica si apre agli italiani e al contemporaneo, con due nomi sorprendenti per chi ancora non conosce la .muova- Marietti: Franco Fortini ripresenta L'ospite ingrato, Edoardo Masi pubblica II libro da nascondere, due testimonianze militanti di quella che è stata la 'nuova sinistra' marxista, scelte per la loro 'tensione etica'. Nello stesso solco si annuncia un saggio di Saverio Vertane. •La nostra è una strada in salita», dicono alla Marietti; cifre alla mano, almeno per ora, sono fiduciosi. Quel che più conta è far comprendere la propria identità: non una Jaca Book di sinistra, perché alle spalle non ci sono apparati e movimenti, e nemmeno una Adelphi cattolica, alla ricerca di chicche perdute. Una casa editrice di giovani che non vogliono etichette. Nonostante il maltusianesimo critico professato dall'autore, analisi musicali non ne mancano, speso ottime, ma saltuarie, quasi a titolo di campionatura sul versante preferito. Non Cantate sacre, ma profane. Sulla Messa e sulla Passione secondo San Matteo solo aride diatribe di cronologia. Invece una splendida rilettura del Clavicembalo ben temperato parte prima e un felice inquadramento storico dell'C//erta musicale, che attraverso Federico II e il barone Van Swieten congiunge materialmente Bach a Mozart. Meno approfondito l'esame dell'arte della fuga, che pure è il vertice di quella -musica assolutaproposte come terreno d'incontro e risoluzione della contraddizione tra sacro e profano, la cui tensione conturba drammaticamente il poderoso volume. La cui lettura è aggravata, oltre che dall'orgia di supposizioni, anche dalla rissosa volgarità delle contumelie versate sul colleghi presenti e passati della ricerca bachiana. C'è nel Buscaroli una sindrome di fascismo intellettuale per cui chiunque si permetta di avere un'opinione diversa dalla sua è un nemico. «Tipica sensibilità fascista-, per dirla con parole di Isotta a proposito di Barilli, «nel senso delle categorie mentali, non degli schieramenti nella prassi politica quotir diana'. E' quell'arroganza ghibellina, quella 'Standardizzata altezzosità nei confronti della massa- che in realtà - e un comportamento tipicamente massificato-, secondo la luminosa diagnosi di Claudio Magrìs, poiché «chi parla della pochezza intellettuale generale dovrebbe sapere di non esserne immune, deve assumerla su di sé come rischio e destino comune degli uomini-. Da questo genere di penitenza il Buscaroli è proprio alieno e cosi, con una preparazione straordinaria, 'nvece d'un libro di storia, ci ha dato un violentissimo pamphlet. Ma i pamphlets, per essere buoni, devono esser brevi. Questo, invece, è di 1200 pagine. Massimo Mila «Il mio primo libro del divorzio»

Luoghi citati: Francoforte, Germania, Passione, Perù, Weimar