Nove «do» e Pavarotti diventa mito

Ragionando sui cinquantanni del tenore contemporaneo più famoso del .'ondo Ragionando sui cinquantanni del tenore contemporaneo più famoso del .'ondo Nove «do» e Pavarotti diventa mito : ; | ili d l'l l 1968 ll Fili dl i f l'iii dl t d Furono snocciolati uno dopo l'altro nel 1968 nella «Figlia del reggimento»; fu l'inizio del «sesto grado» concorrenti Domingo e Carreras, per tacere dei vari Luchetti & C, mentre alle sue spalle c'è il deserto (o quasi). Ma cosa accade se Pavarotti viene storicamente proiettato all'indietro, come del resti lui stesso e i suoi «fans» sembrano forse Inconsapevolmente sollecitare con il continuo uso (e abuso) dei superlativi? Nulla in fondo che non sia già scontato, grazie all'inevitabile confronto con i nostri «quattro moschettieri» degli Anni 20 e 30 — Gigli, Pertile, Sciupa. Lauri-Volpi —, per tacere d'altri ancora e senza ovviamente scomodare l'Ingombrante fantasma cartesiano. Confronto schiacciante, dal quale Pavarotti uscirebbe come un brillante «primo del secondi», ma con facoltà di saltuario inserimento ai vertici in questa o quell'opera. Mezzo secolo fa, quando «Luclanone» veniva al mondo, questa era la situazione. Cinquantanni dopo, viceversa, egli è considerato 11 primo tenore del mondo (e in fondo lo è) con tutta l'America ai suol piedi. Proprio come Colombo. Non a caso Pavarotti è nato il 12 ottobre. D'altra parte il «mito Pavarotti» sfugge a una normale valutazione artistica. Oggi esso appare piuttosto come un «prodotto» fortemente pubblicizzato che si vende a scatola chiusa senza star troppo a sottilizzare sulla qualità del contenuto. Certo è che Pavarotti, tecnicamente parlando, sovrasta 1 diretti l'antica, fatto apposta per legare il suo nome alla «Donizettl renaissance», oltre che a opere verdiane come Rigoletto e Ballo in maschera. Percorso purtroppo abbandonato per imbarcarsi in avventure artisticamente discutibili (Trovatore, Turandot, Aida) ma dalle conseguenze commerciali assai redditizie. A Pavarotti, per far rivivere in pieno 11 «mito del tenore» ottocentesco, mancava ancora un sonetto con tanto di rime «baciate». Da alcuni giorni ce l'ha. A colmare questa grave lacuna ha finalmente provveduto un certo Giorgio Weiss, a quanto pare specialista in anagrammi, dedicatogli nel Radiocorrlere-TV un piacevole epigramma che dice: «Il tuo canto va pria /11 tuo cantar va poi / la tua voce è per noi / un'eterna malia». Dunque 11 migliore del regali per «Luclanone» (come affettuosamente lo chiamano nella sua Modena) che giorni or sono ha giusto compiuto cinquantanni. Era da poco cominciata l'avventura etiopica quando 11 neonato di casa Pavarotti emetteva 1 primi «si bemolli», probabilmente squillanti e lntonatlsslml: un segno del destino, che gli farà noi «scoprire l'America»; cosi come l'America ha trovato in Pavarotti 11 «suo tenore» eleggendolo addirittura a successore di Caruso. Esagerazioni, si dira. Certamente. Ma con un fondo di verità, ovviamente sul piano pubblicitario e più scopertamente commer¬ ciale, costruito su una indiscutibile realta musicale e, almeno parzialmente, artistica. In effetti una voce come quella di Pavarotti, assai gradevole per natura e tecnicamente provetta, non si trova facilmente dietro l'angolo. Prendiamo ad esemplo gli acuti, croce e delizia dei melomani. Quel benedetti acuti che al tenore modenese, dotato di un invidiabile senso dell'umorismo — dote rarissima nei tenori — fanno dire che a lui e ai colleghl «batte In testa» proprio come ai motori d'automobile. Ebbene, fu proprio grazie ai nove «do», snocciolati uno dopo l'altro nella Figlia del reggimento, che nel 1968 cominciò a prendere consistenza il «mito Pavarotti». Ed è ancora la facilita nel registro acuto, unita a una certe, consapevolezza stilistica,. che hanno consentito al tenore modenese si affrontare vittoriosamente 11 -sesto grado» della Favorita e, non senza qualche affanno, 11 «sesto grado superiore» dei Puritani. Insomma un classico modello di «tenore di grazia» al¬

Luoghi citati: America, Modena