Onu i capi del mondo a New York per ricordare o per ricominciare?
INTERNO/ESTERO INTERNO/ESTERO Ornici capi del mondo a New York: per ricordare o per ricominciare? L'imbarazzante compito di stendere un bilancio - Accanto a numerosi successi, una lunga serie di fallimenti, ostacoli, equivoci, difficoltà - Il problema principale: la regolamentazione del veto al Consiglio di Sicurezza Una cinquantina di capi di •Sialo, altrettanti capi di governo: non si è mai vista una simile concentrazione di potere politico. La si vedrà nei prossimi giorni a New York, dove l'Organizzazione delle Nazioni Unite si appresta a celebrare il quarantesimo compleanno. Già l'arca attorno al Palazzo di vetro è vigilata notte c giorno, con tanto di sommozzatori immersi ncll'Iìast Rivcr c di elicotteri in volo fra la prima avcntic e la quarantaducsima strada. Cinquemila uomini mobilitati per proteggere gli ospiti. Altre forze pronte a intervenire per isolare la sede Orni dalle manifestazioni: ne sono annunciate una trentina. Dietro l'apparato di sicurezza, c le formalità celebrative, ce l'opportunità di utili incontri fra i capi del mondo. Ma c'ft anche l'imbarazzante esigenza di tentare un bilancio. Toccherà al segretario generale, il peruviano Javicr Perez de C'uéllar, e al presidente di turno dell'Assemblea generale, lo spagnolo Jaime de Pinics, il compito di tracciare il consuntivo degli anni trascorsi dal fatidico '45. Quando la conferenza di San Francisco suggellò la fine di un incubo, affidando alla nuova organizzazione le rinnovate speranze del mondo uscito a pezzi dalla guerra. Furono 49 i paesi fondatori: in 40 anni il numero dei membri si è più che triplicalo, e oggi affollano il Palazzo di vetro le delegazioni di 159 Stali. Amareggia l'anniversario la consapevolezza di una cronica inefficienza. Nelle intenzioni dei fondatori, l'Onu doveva essere la sede in cui ogni conflitto intemazionale sarebbe stato affrontato, discusso e risolto. Per risparmiare alla nuova organizzazione i limili della vecchia, la Società delle Nazioni, si diede all'Orni il potere d'intcrvcnuxinilitarc. Non più soliamo le sanzioni, lo strumenta che la Società delle Nazioni applicò vanamente, per esempio, all'Italia di Mussolini colpevole di avere aggredito l'Etiopia, ma la possibilità di contrastare con le armi l'illegalità intemazionale. Non sono mancate occasioni, da Cipro al Congo fino alla rovente area mediorientale, in cui l'intervento dei caschi blu ha avuto effetti positivi. Ma di fronte alla maggior parte delle grandi crisi l'uso di questo strumento è addirittura impensabile. Perché quasi sempre manca, com'è ovvio, data l'cterogencità dell'Orni, una volontà unitaria. L'organizzazione è paralizzata dalla sua stessa struttura. Dei Ire organi in cui si articola: il segretario generale, l'Assemblea generale, il Consiglio di sicurezza, è quest'ultimo il più significativo in termini di potere. 11 Consiglio e il nucleo, non più che simbolico, di quel «governo mondiale» che sta in cima al pensiero federalista. E' proprio sul Consiglio di sicurezza, infatti, che si appunta l'indice di chi vorrebbe infondere nuova vita all'Orni attraverso un'appropriata riforma. Il Consiglio si compone di quindici membri, dei quali cinque sono permanenti, gli altri eleni a rotazione e rinnovati ogni due anni. I membri permanenti. Stati Uniti, Unione Sovietica, Cina, Regno Unito, Francia, hanno il diritto di veto: possono bloccare tutto con il loro no. Il potere di veto è appunto ciò che paralizza l'organizzazione: e proprio questo si vorrebbe . riformare. Come suggerisce Jaime de Pinics, i cinque potrebbero impegnarsi a limitare l'uso del veto alla «difesa dei loro interessi fondamentali». Un'altra questione che agita l'Orni, e le sue agenzie, dall'Uncsco alla Fao, dall'Unctad (conferenza per il commercio e lo 'sviluppo) all'Undp (programma per. 16 sviluppo) all'Oms (Organizzazione mondiale della sanità), è il contrasto profondo fra l'Occidente e un blocco eterogeneo che comprende i paesi comunisti e il Terzo Mondo afro-asiatico-latinoamericano. Una massa di paesi che nell'Assemblea generale fanno maggioranza. Questo contrasto c legato a ragioni di competizione ideologica per il primo gruppo, per il secondo all'inaccettabile distribuzione della ricchezza nel mondo. . Si manifesta con un'alluvione di slogan che grondano amichi rancori contro l'Occidente ricco, egoista, imperialista. Uno dei bersagli principali di questi attacchi è quello slesso paese, gli Stati Uniti, che ospita la sede principale dell'organizzazione, e contribuisce nella massima misura, il 25 per cento, al finanziamento del suo bilancio. Tanto che gli Stati Uniti si sono già ritirati dall'Uncsco, e hanno minaccialo di ridurre il contributo al bilancio. Pronla risposta dal versante del più acceso terzomondismo: portiamo la sede dell'Orni, propone la Libia, lontano dall'America «imperialista».
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