La fine del film convenzionale

Nonfidarti dei baci a metà notte Nonfidarti dei baci a metà notte La fine del film convenzionale 13,30 13,55 14 — 14,15 15 — 15,30 16 — 16.30 17 — 17,05 17,55 18,15 18,40 19,35 20 — 20,30 22,15 22,25 22,30 23,30 Da Kluge a Fassbinder i giovani autori tedeschi annunciarono con la loro personalità una nuova cinematografia Sono anni che le televisioni private proiettano film ben oltre la mezzanotte; e in tutti questi anni non si contano le volte che ci è toccato di assistere all'estenuante bacio tra Cary Grani e Ingrid Bergman che Hltchcock pretese in Notorlus. Praticamente è dal 1946 che quel bacio va avanti, anche se il maestro del brivido, nell'occasione perfido, ne siglò un altro ben più impegnativo fra il terrorizzato gay Farley Granger e una morbosa diva che ci sembra di identificare nella Roman, protagonisti di La giostra Infernale. Ebbene, l'altra sera, mamma è andata a casa di un'amica e sono rimaste alzate fin dopo runa di notte perché: «Un cacto così, vale tulli quei transex mee- " ting very hard core che ci sono oggi». Ma se l'hanno già dato un sacco di volte, ho azzardato, e lei: «Questi son movie della Televisione (si legga con la maiuscola e l'aureola, n.d.r.), mica di quelle altre televisioni che guardi tu». Mamma mi disprezza e ama Buzzolan, cosi ha concluso: «Che ti interrompono sempre con la pubblicità». Bisogna quindi registrare che il rilancio del cinema promosso dalla tv di Stato anche a partire dalle 24 ha messo un brivido soprattut. to alle signore di una certa età. Quelle che magari sono state in Inghilterra solo una volta, al liceo hanno sturato francese, eppure i. ma: usano «movie» come vuole l'organo ufficiale della Televisione e, là dove gli stessi cinefili semplificano in lo sono un evaso, azzardano neppure laboriosamente il titolo originale: / Am a Fugitive irom Chain Gang. Non è la prima volta che queste signore (in loro assenza definite «vecchiette alla Hitchcock» e/o «arsenico e vecchi merletti»), dimostrano insospettabile acume. Sarà che alla tv sottosotto preferiscono la radio o che hanno sostituito La settimana enigmistica con il gioco Scramble, ma è un fatto che ascoltando Tutto il calcio minuto per minuto, sono le prime a ri. etere delle freddure di Sandro Ciotti quando avvisa i tifosi Che molti giocatori in campo: «Più che presenti, sono imperfetti». Per chiarire meglio, succede che mamma detesta i telefilm (chissà se con le sue amiche li chiama minimovies?) che vanno per la maggiore come l'ispettore Derrick: «Sembra una carpa giapponese lavata a mano e in lavatrice», non regge più Pippo Baudo, non ama Sabani: «Che grida quanto Mike Bongiorno è prepotente», non sopporta i vari Fantastico e Premiatissima perché: «Sono spettacoli fatti apposta per chi ormai é suonato e deve andare a letto con le galline». Mettersi davanti al televisore a mezzanotte, probabilmente la fa sentire come ai tempi in cui usciva la sera e andava anche a cena dopo teatro. Fino a una settimana fa, manco a parlarne: questa uscita ideale sarebbe stata costellata di brutti incontri. Mai perdonerà quel periodo in cui rubala tutta calda, le maestrine senza la biancheria essenziale, le detenute assatanate, popolavano il suo video. Non a caso, rinunciò alla televisione: ora ho idea che la vorrà di nuovo. Per lei Berlusconi era ovviamente il Diavolo, ora sa che l'Arcangelo Zavoli l'ha di nuovo cacciato via. E' stata una faticaccia, certo, e allora gli perdona (nella certezza che certi disegni sono davvero imperscrutabili per i comuni mortali) la ghiotta occasione di fare tardissimo con Dove volano le aquile, suddiviso invece in due serate. Movie, movie, movie dunque, con In testa la Jeanne Moreau di Los amants che: «Le ragazzine dovrebbero studiarsela a memoria, altroché quelle squinzie dì Flashdance che...: Mamma non ha mica torto, neppure quando dice che anche Greta Garbo, ai ragazzi d'oggi, gliela propinano di pomeriggio cosi son sicuri che davanti al video ci sono: «Solo quelli che credono ancora che Orsi giochi nella Juve». E aspetta Scerface con Paul Munì, l'evaso dell'altra sera. Inutile dirle che forse vedrà la versione più recente con Al Pacino: che diamine! in' movie, Al Capone ha soltanto la faccia di Paul Munii Cosi come La signora delle.camelie resta la sunnominata divina e quella di Zeffirelli: «L'ho confusa con la pubblicità delle pellicce». Tant'è. Come sottolineano In Drive In con la saggezza "degli Incoscienti: «Chi semina vento, raccoglie windsurf: i Di •i'OKiNO — Il momento erudito del III Festival Cinema Giovani è lungo e appassionante poiché consiste nella retrospettiva dello Junger Deutscher Film 1960-70, la scuola che ruppe con la banalità della cinematografia tradizionale tedesca (forse la peggiore in Europa) e avviò un processo di rinnovamento che ora vede i suoi prodotti e i suoi autori rivaleggiare e lavorare con Hollywood. Come in tutte le rivoluzioni, un manifesto chiarisce i battaglieri propositi. E' il manifesto di Oberhausen 1962, stilato dai giovani raggruppati attorno ad Alexander Kluge in occasione d'un festival internazionale del cortometraggio, dove si parla senza mezze misure di bancarotta del vecchio cinema: •Noi dichiariamo di voler creare il nuovo film tedesco a soggetto. Questo cinema ha bisogno di nuove libertà: deve essere liberato dalle convenzioni abituali, da qualsiasi tentativo di commercializzasione, da ogni tutela finanziaria. Nei riguardi della produzione del nuovo cinema tedesco, abbiamo delle idee concrete sul piano intellettuale, estetico ed economico. Insieme siamo pronti a sopportare i rischi economici». La rassegna di Torino dimostra che la retorica dell'esclamazione finale («Il vecchio cinema è morto, crediamo in quello nuovo») conteneva in fondo parecchi elementi di cronaca e di obiettività. Una differente organizzazione delle produzioni e un'incredibile vitalità degli autori portano nel giro di un decennio a invertire la tendenza: i film canzonetta, i gialli pornografici, i fumetti patriottici non rappresentano più la totalità della cinematografia federale. Sembra incredibile ma le tappe della la prima volta forse il procedimento di mescolare documentari d'epoca con la ricostruzione dell'epoca stessa non desta fastidio perchè Lilienthal con fantastica sapienza stilistica invecchia i suoi fotogrammi mediante viraggi ora bruni ora dorati dando una soluzione di continuità che per un istante lascia intravedere la possibilità di un'estetica sconcertante. Infine ecco Peter Fleischmann e Scene di caccia in Bassa Baviera, con la denuncia del razzismo ottuso e la fortissima simbologia del maiale macellato secondo tecniche e intendimenti precisi che si rintracciano anche nell'asettica persecuzione che un intero villaggio conduce nei confronti di un diverso (intanto la polizia non interviene, certa che la calma professionalità dei paesani ridurrà alla ragione la preda). Ma contemporaneamente si affermano Straub e Fassbinder per primi, a fianco di Wenders, Herzog, SchWndorff, Syberberg, SchrtJter, Reltz, Petersen, GeissendOrfer, la Sander, Schmid dalla Svizzera, Van Ackeren dall'Olanda. Una splendida fioritura che pone problemi di concorrenza, di imitazione, di struttura,e che logicamente introduce il discorso dei rapporti tra il cinema e la televisione. Oggi sappiamo forse che si tratta d'un falso problema ma la teoria del cinema anfibio enunciata da GUnther Rohrbach nel '70 era puntualissima: «Nulla potrebbe aiutare meglio l'ambizioso 'cinema dei cinematografi' di un appoggio finanziario da parte della televisione; così come la libera concorrenza del mercato cinematografico libererebbe il telefilm dal suo ammuffito provincialismo». Retrospettiva de! giovane cinema tedesco: «Scene di caccia in Bassa Baviera» di Fleischmann metamorfosi si sono proprio succedute con vertiginosa ineluttabilità. Nel '60 il critico d'una grossa testata, Friedrich Luft di .Die Welt, annota tuttora che ci si gingilla, si continua sul sicuro: «La cosa più sciocca che si possa fare in questo momento di rottura della storia del cinema». Nel '62 il manifesto di Oberhausen mette fine all'equivoco e già nel '65 una generazione di inediti registi contesta i 'padri' del manifesto e il festival che ha rifiutato alcune opere dei ribelli: «La commissione di selezione si attiene alle regole degli anni passati: scegliere, fin dove è possibile, soltanto, quei film che rispondono alla propria concezione del cinema di qualità, inteso come sottile o violenta falsificazione della realtà» ("firmato Straub, Lemke; Zihlmann, Thome). Nel '70 la contestazione intacca persino il Festival di Berlino. Un film di Michael Verhoeven sulla guerra nel Vietnam interpretato dalla giovanissima Eva Mattes (OK) suscita le proteste degli americani i quali provocano la sospensione della Berlinale. Contemporaneamente — suggerisce il ricco catalogo torinese curato da Giovanni Spagnoletti — un grande regista del passato, l'Helmut Kautner di Sotto i ponti è al suo canto del cigno con Die feuerzangenbowle. Sono altre ormai le opere d'eccezione e, secondo un gusto magari personale, balzano in primo piano Kluge, Lilienthal e Fleischmann. Di Alexander Kluge, originale figura di scrittore e cineasta, gli appassionati conoscono negli anni sessanta La ragazza senza storia. Artisti sotto la tenda del circo: perplessi che vinse l'ultima Mostra di Venezia prima dell'abolizione dei premi, forse la sua continuazione di un'ora soltanto (L'indomabile Leni Pleickert) e il grande casino. Però a Torino si sono visti anche i 12 minuti del suo esordio in bianco e nero Brutalità di pietra girato in collaborazione con Peter Schamoni, una rigorosa analisi dell'architettura nazionalsocialista. Con efficacia spietata, sia pure all'interno d'un discorso molto conciso, si rintraccia nelle costruzioni e nei progetti (non mancano disegni per mano di Hitler) una concezione barbarica dell'ambiente e della società. Peter Lilienthal conclude il decennio sull'onda delle emozioni provocate dalle repressioni contro la gente che scendeva nelle piazze. Grazie a una sensibilità che non esclude il distacco critico, Lilienthal rievoca l'operato dell'anarchico italiano Malatesta nella Londra del 1910, dove la sua battaglia di pure idee si trova in contrasto con azioni terroristiche e isolate di gruppi che non sanno coltivare all'interno di sé stessi l'idea d'un mondo nuovo. Per Piero Perona