Un magazzino musicale del Novecento

Seconda edizione del festival di Napoli: successo dei compositori torinesi Seconda edizione del festival di Napoli: successo dei compositori torinesi Un magazzino musicale del Novecento Dalla Belle Epoque alle avanguardie; Satie, Korngold, Schoenberg, Petrassi, Boulez e Sciarrino Il centro di cultura musicale S. Pietro a Majella «T. Garglulo» ha organizzato per la seconda volta a Napoli un festival di musica contemporanea che fra 1 molti esistenti possiede una sicura originalità. Non si tratta di una rassegna delle cosiddette «ultime tendenze» e neppure di una scuola o indirizzo qualsiasi; sotto l'etichetta «900 musicale europeo» il festival napoletano raduna in una simpatica confusione gli aspetti più vari di una produzione musicale che mal ha conosciuto una molteplicità disparata di indirizzi parlà'qUelià del nostro tempo. ' t\ ■' Così, apparentemente seguendo 11 capriccio della sorte, abbiamo ascoltato pagine che appartengono ancora ai fasti della Belle epoque come le Trols Gymnopcdles di Satie o l'incipriato Trio op. 1 scritto a Vienna nel 1910 da un maestrino di chiaro talento come il dodicenne Korngold. Qualcuno maliziosamente avrà pensato che erano musiche adatte al Caffè Qambrlnus ma il programma di queste fittissime cinque giornate napoletane incalzava da ogni parte: Varese, Schoenberg, Petrassi, Boulez, oppure il Maderna aleatorio e un po' scherzoso della Serenata per un satellite eseguito dall'oboista Omar Zobolt e dall'arpista Gabriella Bosio, o i nobilissimi fogli dodecafonici del pianistico Quaderno di Annalibera di Dallaplccola suonati da Elisabetta Capurso. Un KlavlerstUcke di Stockhausen, due minuscole e ricamatissime Rapsodie per arpa di Francesco Pennisi, un pezzo alato e tagliente di Donadonl, ancora per arpa, e, sempre su quell'arpa manovrata con tanta destrezza da Gabriella Bosio, un brano impalpabile, eppure dotato di rara metafisica Incisività, di Salvatore Sciarrino. Il titolo, «Addio a Trachis», pare fatto apposta per sospingere la fantasia dell'ascoltatore verso trabocchetti mitologici e surreali. A questo punto il festival napoletano parrebbe una bottega nella quale s'accatastano pezzi di pregio e decoroso vecchiume, una bottega nella quale rigirarsi andando alla ricerca di quello che vi pare, e invece non sarà cosi. La musica possiede infatti una capacità di autoconnotazione tale da sbaragliare la logica dei contesti più ragionevoli e l'ascoltatore esperto fa presto ad annodare 1 fili riconoscendo le trame. Per esempio la signora Madalena Soveral, una pianista portoghese di raro talento, ha suonato un lungo brano del suo connazionale Emanuel Nunes il cui titolo parrebbe appartenere ad un'opera di Messiaen, «Litanie du feu et de la mer». Messlaen non c'entra molto ma l'immagine di Debussy, pur senza precisarsi mai troppo, la si sente aleggiare un po' ovunque. Di suo questa musica presenta invece una tendenza éc sprqfondare.,nel materico, a perdersi quasi nelle regioni gravi della tastiera, che è di fortissima suggestione. Tra tante belle cose sfilano anche cosette insignificanti, specie di cartoline illustrate che si mettono subito da parte con un gesto annoiato. Di siffatte cartoline i compositori cecoslovacchi e portoghesi ne hanno inviate non poche, ma non tutte recano 1 francobolli di quel paesi. Un discreto numero, non di cartoline, ma di seri e talvolta pregevoli messaggi è giunto a Napoli proprio da Torino. 2224! raFra questi ricorderemo una pagina garbata^ffejj&a. melodicamente fervida di Gianni Posslo intitolata «I sogni della memoria». La suonano un oboe e un'arpa vagando tra sogni impossibili e ben calibrate realtà sonore. L'immaginazione della compositrice Silvana Di Lotti, torinese anch'essa, sembra Invece possedere appigli più concreti. Il suo brano per pianoforte a quattro mani si chiama «Aura» e guarda con sicurezza e buon gusto ai modelli di un passato prossimo tipicamente francese. Di Giorgio Ferrari, direttore del Conservatorio di Torino e didatta di chiara fama, 11 quartetto Moravo ha eseguito un lavoro nuovissimo. SI tratta del quarto quartetto per archi di Ferrari, un componimento che ad ogni battuta rivela non solo una fattura magistrale, ma un personale e fervidissimo meditare sul modelli di Bartok che si traduce in una libera ricreazione. Lo stesso quartetto Moravo è stato autore anche di un'altra prima esecuzione assoluta dovuta questa volta a Flavio Testi. Anche qui trionfo della più eletta professionalità e meditazione appassionata dei modelli classici, ma un pensiero compositivo più spigoloso ed aguzzo, più alieno da quegli abbandoni lirici che si ritrovano nel quartetto di Ferrari. Accanto a composizioni classiche e un po' severe come i quartetti di Ferrari e di Testi, si sono ascoltati due brevi quadretti per quintetto di fiati di Franco Pezzullo, un musicista giramondo dalla mano espertissima che possiede una non comune inclinazione alla piacevolezza ed al quale va 11 merito di aver organizzato questa rassegna. . 20'#0IM19,220.321,422,4Tv16—16,017,418,419—20—20,321,222,122,223—Ca17,318 —19—19.219,520,321 — j&a. . 20 — Le fonti della Gino Peguri '#0,30 Inquietudini zioni Pronte le dimissioni

Luoghi citati: Napoli, Torino, Varese, Vienna