Per la pace 10 anni decisivi

Per la pace IO cmni decisivi La strategia americana vede nello «scudo spaziale» il mezzo per convincere Mosca a trattare sulle armi nucleari Per la pace IO cmni decisivi Gli Usa di fronte a una scelta drammatica: andare avanti con la ricerca e lo sviluppo dei sistemi difensivi stellari o accordarsi con TUrss per studiare insieme il passaggio al nuovo sistema - Dall'incontro con Gorbaciov si aspettano i principi guida di un negoziato che durerà molto a lungo - Quali dovrebbero essere le tappe di transizione secondo il supernegoziatore degli Stati Uniti, Paul Nitze DI RITORNO DAGLI STATI UNITI — L'ultimo documento &M'«Iniziativa di Difesa Strategica* americana è un volume di 325 pagine curato &a\V«Office of Technology Assessment» del Congresso: un ufficio tecnico e apartitico, in grado di offrire un quadro imparziale del grande dibattito che è stato messo in moto dal discorso del presidente Reagan del 23 marzo 1983, còsi impropriamente chiamato «delle guerre stellari». Il volume (alquanto critico nelle sue conclusioni) contiene alla fine un elenco di 62 libri essenziali e di circa il doppio di articoli e testi ufficiali relativi alla «Ids». Orientarsi in quest'immensa letteratura non è semplice nemmeno per gli esperti, e a maggior ragione per gli uomini di governo ai quali spetterà, in ultima analisi, il compito di prendere decisioni d'importanza storica su questa materia. Per di più vi sono stati, sia da parte americana che sovietica, sbandamenti e contraddizioni, che sono peraltro spiegabili: perché il «cambio dì strategia» suggerito dal Presidente «solleva certi problemi e certe ambiguità:... i sistemi difensivi..., se accompagnati da sistemi offensivi, possono essere visti infatti come forieri di una politica aggressiva». Questa non è l'opinione di uno dei tanti critici dell'iniziativa reaganiana: è invece un passaggio dello stesso discorso originale - del presidente Reagan, che, riletto oggi, appare assai più prudente di come lo ricordi la memoria collettiva. Tra l'altro, esso conteneva già l'affermazione che il nuovo programma di ricerca «a lungo termine» sui sistemi difensivi veniva intrapreso «nel rispetto degli obblighi relativi al trattato Abm e riconoscendo la necessità di una più stretta consultazione con gli alleati». Si sa che, in una successiva conferenza stampa, Reagan disse anche, e lo ha ripetuto anche ieri alla Bbc, di essere pronto a comunicare un giorno ai sovietici i risultati delle ricerche america-, ne. La motivazione essenziale dell'«/<fe#, come Reagan l'espose, non c più cambiata. Reagan disse allora: «Se anche l'Unione Sovietica si unirà a noi negli sforzi per realizzare vaste riduzioni degli armamenti, e se riusciremo quindi a stabilizzare l'equilibrio nucleare, rimarrà tuttavia per sempre necessario affidarsi allo spettro della rappresaglia (atomica), di una reciproca minaccia: e questa è una ben triste riflessione sulla condizione umana». E' la tristezza di questa condizione che promuove la ricerca sui sistemi difensivi. Dal marzo '83 ad oggi, un approfondito dibattito ha prodotto ulteriori e più impegnative dichiarazioni da parte dell'Amministrazione, pur cosi divisa al suo interno su questi problemi. Il principale autore dei testi che esprimono la politica ufficiale degli Stati Uniti c stato un diplomatico ultrasettantenne, Paul Nitze, oggi consigliere del Presidente e del segretario di Stato. Nitze ha sintetizzato in due testi, brevissimi e molto lucidi, sia gli obiettivi di lungo termine dell'America in relazione al «cambio di strategia» suggerito; sia i criteri pratici in base ai quali si dovrà decidere, probabilmente non prima degli Anni Novan ta, se questo progetto sia o no realizzabile. Il primo documento precisa quali dovrebbero essere le tap pe di una transizione. Per i prossimi dieci anni l'obiettivo è «una riduzione radicale» dei sistemi nucleari offensivi; se> guirebbe un «periodo di fransi- zione verso un mondo più stabile», con ulteriori riduzioni degli armamenti nucleari e con «un crescente contributo delle difese- non-nucleari contro armi offensive nucleari». Infine si arriverebbe «un giorno» all'eliminazione di tutte le armi nucleari, restituendo agli uomini «un mondo libero dalle armi nucleari». Dice Nitze, e con ragione, che non e credibile che le superpotenze rinuncino agli armamenti nucleari a meno che esse non abbiano in fun¬ zione sistemi difensivi, che le proteggano contro un inganno dell'altra superpotenza, o contro attacchi a sorpresa da terze potenze. Questa è la ragione più forte che io conosca a favore del «cambio di strategia». Senza di esso il disarmo nucleare è di fatto inimmaginabile. Quanto ai criteri di fattibilità indicati da Nitze, e accettati da Reagan, sono due: che i sistemi difensivi siano «ragionevolmente capaci di sopravvi¬ vere», in modo da non diventare essi stessi bersaglio di un «primo colpo» distruttivo; e che essi costino meno dei sistemi offensivi capaci di sopraffarli. Lo scudo spaziale deve costare meno della «lancia atomica» capace di perforarlo. Ancora un punto importante caratterizza la posizione ufficiale americana, ed è contenuto in un documento della Casa Bianca del gennaio di quest'anno, nel quale si afferma che «dal momento che gli Stati Uniti non intendono le misure difensive come un mezzo per affermare la loro superiorità militare», lo sviluppo di sistemi difensivi «avverrebbe più utilmente nel contesto di un sistema cooperativo, equo e verificabile di controllo degli armamenti, che regoli gli sviluppi e le installazioni offensive e difensive degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica: questo sarebbe particolarmente utile nel periodo di transizione') dal sistema attuale, basato sui soli sistemi offensivi ^'«equilibrio del terrore»), al nuovo sistema. Perché il sistema attuale è in discussione? Anzitutto perché le nuove tecnologie rendono immaginabili sistemi difensivi efficaci, che erano impensabili dieci anni fa. Ma soprattutto perché i trattati per il controllo degli armamenti offensivi (Sali 1 e Salt 2) non hanno affatto impedito un folle moltiplicarsi delle testate nucleari: con i suoi soli missili terrestri l'Urss dispone oggi di circa 6 testate nucleari per ciascun missile terrestre americano. Questa possibilità di «primo colpo» è terribilmente destabilizzante. Mi dice, a Washington, Zbigniew Brzezinski, ex consigliere di Carter, che se i sovietici continueranno ad installare nuove testate al ritmo degli ultimi anni ne avranno nel 1994 21.000 in più che nel 1986! E anche se appositi accordi ne dimezzassero il numero, vi sarebbero pur sempre tante testate nucleari da distruggere ogni forma di vita sulla terra. Se questa è l'attuale 'condizione umana«. le ragioni a favore del passaggio ad un sistema strategico diverso sono molto forti. Ma ancora nessu no sa se e quando saremo in grado di decidere sulla fattibilità e convenienza dei nuovi si stemi difensivi: secondo Paul Nitze, «nel corso del prossimo decennio, non sappiamo quan do». Dall'attuale programma di ricerche americano non si avranno indicazioni precise ancora per molto tempo. Questo fatto, e l'immensa diffi colta tecnica di esercitare ade guati controlli su un'ipotetica riduzione delle armi offensive, hanno indotto alcuni esperti americani, a cominciare dallo stesso Brzezinski, a proporre che si proceda comunque (perfino denunciando il trattato Abm, se i russi rifiutassero una trattativa) allo sviluppo e installazione unilaterale di sistemi difensivi parziali: che non proteggano cioè la popolazione civile ma soltanto le basi di lancio di missili offensivi. L'alternativa sarebbe una pazzesca ulteriore corsa agli armamenti offensivi. Purtroppo la soluzione proposta da Brzezinski non potrebbe impedire a sua volta una duplice corsa agli armamenti offensivi e difensivi contemporaneamente. Siamo di fronte a scelte drammatiche. Che fare? Le ipotesi principali sono due: che l'America vada avanti comunque con la ricerca e sviluppo dei sistemi difensivi (altrettanto sta già facendo del resto l'Unione Sovietica), ma con prudenza, rimanendo nell'ambito del trattato Abm; o che America e Russia si mettano d'accordo per studiare insieme l'eventuale '-passaggio al nuovo sistema», e per gestirlo insieme, fissando nuove regole del giuoco c intanto riducendo drasticamente le armi offensive. Questo è l'obiettivo dichiarato dell'America e dei governi europei. I sovietici continuano a dire di no a questa ipotesi anche se ci sembra che il loro no sia diventato un poco meno categorico. E' su questo tema che Reagan e Gorbaciov avranno a Ginevra, il 19 e 20 novembre, un confronto chia rificatore. Nessuno si attende che essi possano «risolvere il probleman: ma soltanto che stabiliscano alcuni principi-guida, aperti e problematici, di un negoziato comunque destinato a durare molto a lungo. Nessuno sa oggi come andrà questo confronto, dal quale dipenderà in notevole misura il fu turo nucleare dell'umanità. Arrigo Levi ordliedpl( Ginevra. L'americano Paul Nitze (a sin.) s'incontra con il collega sovietico Kvitsinskij durante i negoziati sugli euromissili. Secondo il consigliere di Reagan, il passaggio ad un nuovo sistema strategico di difesa avverrà «nel prossimo decennio, ma non sappiamo quando»