I trilli dell'inferno di Sergio Quinzio

I trilli dell'inferno LA MUSICA, IL SACRO E IL DELIRIO I trilli dell'inferno La tradizione rabbinica ha da sempre riconosciuto il carattere ambiguo della musica, ■quello che porterà Thomas Mann a scrivere, in Doctor Faustus, che «la musica è ambiguità elevata a sistema», Intanto,- la musica, che è apparsa l'arte più adatta, o l'unica adatta, a esprimere le cose divine, è anche l'arte più sensuale, la più capace di eccitare passioni; Ma la musica cela in sé una tentazione più terribile. Nel suo saggio // demoniaco nella musica Vittorio Mathieu, riferendosi al mito di Orfeo, osserva che «la musica dà vita alle ombre, e non sembra presupporre una natura, come le altre arti. L'aspetto più fatale della sua-tentazione si rivela, dunque, come una tentazione intellettuale»: quella, in definitiva, di sostituire al mondo creato da Dio il mondo creato dall'uomo. Prima e forse più radicalmente della tecnica moderna è la musica a percorrere la via del «delirio di onnipotenza». Seguendo le orme di Kierkegaard commentatore del Don Giovanni di Mozart, e di "Mann, Mathieu traccia la storia della musica come storia della sua dilagante demonicità che si manifesta alla fine come «cancellazione della differenza •tra ciò che l artificiale e ad che è naturale». 11 patto col diavolo di Paganini, o il violino strumento diabolico dell'infinito moto perpetuo non sono stati che tappe, e alle tentazioni tradizionali della musica — la sensualità; il demoniaco del movimento, l'istinto nichilistico della dissonanza — succede l'approdo alla dodecafonia di Schonberg: - «La dodecafonia, scrive Mathieu, presuppone la distruzione di ogni struttura naturale della musica». Cosi, attraverso la musica, l'uomo moderno sarebbe giunto al rifiuto dèlia condizione creaturale, e dunque in defini tiva al nulla totale: con il Novecento non c'è più né musica né demoniaco, nella fine apocalittica di tutto. Ha un senso il fatto che l'esito supposto assolutamente nichilistico e catastrofico della musica contemporanea si compia nell'ebreo Schonberg? Alla musica demoniaca si contrappone la musica nella quale il Medioevo cristiano vedeva manifestarsi la sacra ar< monia cosmica, l'ontològico accordo del canto umano con la natura e la soprannatura. Nella visione medievale ritorna l'antica idea pitagorica del numero, del rapporto come essenza di tutte le cose, dal moto delle sfere celesti alle vi orazioni della corda di uno strumento musicale. Ritorna no anzi simboli ancora più re -moti. Secondo Marius Schnei' der la musica sarebbe la più arcaica allegoria del cosmo: primordiali cosmogonie descrivono la creazione come il pa* .saggio da un'oscurità sonora, in cui .nulla è ancora solido e tutto è vibrazione, musicale, a oggetti sempre più solidi è si lenziosi. Nel suo ritorno al Medioevo il romanticismo riscopri il ruolo sacro della musica, rea gendo alla riduzione illuministica della musica ad abilità tecnica, a puro divertimento. La musica ritorna ad èssere esercizio metafisico, i romantici, già con Herder, ne riaffermano la sacralità nei confronti della profanità delle altre arti. . Ma Schopenhauer, la cui fi losofia della musica ebbe gran de influsso, proprio riconoscendo l'unicità della musica giunge ad affermare la sua in dipendenza dai mondo fenomenico, tanto che " potrebbe sussistere anche se il mondo non esistesse più, Per Hoffmann la musica è si l'immagine di un ordine trascendente, il linguaggio segreto dell'universo, ma è, insieme, anche - l'esercizio demoniaco che sonda l'inconscio e disgrega l'ordine delle cose, Nel Don Gio¬ vanni mozartiano Hoffmann vede trasformarsi la passione per la musica in delirio ossessivo, in straniamento dal mondo, in follia. Ed ecco cosi che l'ardente: sopravvalutazione romantica della musica, muovendo da un orizzonte che non voleva essere lontano da quello della sacralità medievale, opera quasi un capovolgimento. Il posto dell'armonioso ordine del mondo è preso da un intimo, oscuro impulso. Sulle orme di Schopenhauer, la via è aperta a Nietzsche, per il quale la musica non può essete compresa in base "alla categoria della bellezza, ma è al contrario un'ebbrezza «dionisiaca» che accompagna lo spettacolo del dissolvimento nel tempo di ogni bella forma. E la via è aperta cosi anche alla musica contemporanea. Ma il demonio musicale (e non solo musicale) vincente ha piuttosto il volto dell'infelicità che quello dell'empietà dissacratrice. L'idea platonica e poi medievale dell'arte come imitazione della natura, e della musica come espressione della sacra armonia del cosmo, è venuta meno perché è venuta meno — ed è un unico processo, il processo del moderno — l'idea di un universo divinamente armonioso. Ma che cosa in profondità ha provocato questa dissoluzione della perfetta ed eternamente coni patta figura dell'universo? La radice che,io vedo è biblica ed ebraica. Non era passata invano, tra il Medioevo e il romanticismo, l'esperienza della Riforma, che aveva riscoperto il fondo biblico della fede cristiana. E' con Luterò che la «fede» scalza il luogo del «sacro». Da allora l'uomo non vive più nella sua condì zione di natura, inserito in un ordinato universo di cui egli è parte, destinato ad ascendete in esso fino al supremo Uno, che è al vertice dell'essere; ma nel Dio che si abbassa verso le creature si rivela all'uomo la sua miseria, di cui l'uomo naturale non ha neppure il so-, spetto. L'abisso che separa il solenne e armonioso sacto medievale dal lacerato profano moderno era già scavato. Per Hegel l'arte cristiana, che chiama «romantica», ha il suo culmine più significativo nella rappresentazione non della bellezza ma dell'assoluta disarmonia, nell'orrore del corpo sfigurato del Crocifisso. E per Nietzsche la musica, abbandonato l'illusorio presente eterizzante del le belle parvenze, deve rivelare l'enigmatica oscurità del divenite, Per la mia esperienza e per il mio modo di sentire, a esprimere la «religione», a testimoniarla, molto più degli autori della musica che accompagna la celebrazione del culto cattolico sono oggi autori profani. La musica di significato «religioso» rinasce oggi dal fondo dell'esperienza profana che suscita la domanda di sai vezza. Ritrovo questo bisogno in Mahler, in Milhaud, e soprattutto proprio in Schonberg. Tre ebrei. Dietro istanze apparentemente tecniche (opporre al tradizionale sistema tonale una serie di suoni reciprocamente indipendenti) l'ideale di Schonberg, come hanno mostrato sia Adorno che Mann nella loto interpretazione del suo programma, è quello di un'arte che investa l'esistenza dell'uomo in tutte le sue di-, mensioni. E in Mose e Aronne Mose invoca la Parola, il Nome, il Suono assente che ha disperatamente atteso lungo i percorsi del deserto. Schonberg, nel Doctor Faustus, è Adrian Leverkuhn, il musicista dell'incontro notturno con il demonio, ma che dietro la sua demonicità si rivela creatura di dolore, porta-, tore messianico delle soffercn-' ze dell'epoca. Il Dio biblico sta nella domanda dj redenzione, molto più che.nelle eterne strutture dell'essere. Il contemplante riconoscimento della presenza dell'Armonia nel mondò è il sacro, la fede è la dolorosa consapevolezza dell'assenza dell'Armonia dal mondo. Il descensus ad inferos della musica contemporanea può essete perciò, alla fine anziché all'inizio, il più vero mito di Orfeo: quell'Orfeo che le antiche rappresentazioni cristiane identificavano con il Cristo. Sergio Quinzio Un'aulica stampa dedlcaia al «Trillo del diavolo» di Tartinl

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