Truffaut che la tv non può logorare di Ugo Buzzolan

Truffaut che la tv non può logorare Da stasera su Raitre un ciclo di suoi film Truffaut che la tv non può logorare Ci sono registi che la tv, a volte per scelta deliberata, a volte per disponibilità delle case di produzione, ha contribuito a far conoscere a fondo: uno di questi è Francois Truffaut, che mentre era ancora in vita ha visto passare sul video tutte le sue opere. Il che — si sa — da una parte lo riempiva di corruccio per l'immissione nell'indiscriminato flusso televisivo, per la piccolezza dello schermo ecc., e dall'altra non gli impediva il compiacimento nel constatare che anche i suoi più lontani e dimenticati film, che nessun grande schermo se non di convegni e festival per addetti ai lavori avrebbe ripreso, venivano recuperati, seppure «in condizioni non felici», per un pubblico immenso. Anche in Italia, Truffaut vivente, la tv lo ha onorato; in testa la Rai che con 'personali» e pellicole sparse ha trasmesso l'arco completo della sua produzione a partire da «I quattrocento colpi» del '59 sino a «La signora della porta accanto» e a «Finalmente domenica», compreso l'intero ciclo di Antoine Doinel (fra cui «L'amore a vent'anni», «Baci rubati» e «Non dram! matlzzlamo, è solo questio; ne di corna», infame tradu'zione italiana di «Domiclle coniugai»;. Alcuni film sono comparsi più e più volte anche sulle private, soprattutto «Fahrenheit 451» — ma bisogna dire che una volta tanto il riciclaggio non è riuscito a logorarlo — e poi «Jules e Jlm», «Effetto notte» e «La sposa in nero» con la Moreau. Restava soltanto'un gruppetto di opere che per ragioni varie non avevano raggiunto il video. Alla lacuna I si provvede ora: Raitre renette omaggio alla memoria del regista con una rassegna che ha un titolo dal sapore alquanto melodrammatico, •■La mia droga si chiama-cinema», e che si rifà-ttl-suo film del '69 — volutamente melodrammatico — «La mia droga si chiama Julle» (in francese «La sirène du Mississippi»;. Quattro opere importanti perché ciascuna esprime — nell'ambito di uno stile inconfondibile e di un preciso gusto d'autore — le diverse tendenze, i diversi filoni presenti in Truffaut. «Adele H., una storia d'amore», che va in onda stasera, è apparentemente la biografia della sventurata figlia di Victor Hugo che insegue per mezzo mondo un ufficiale di cui è innamorata; in realtà . è l'analisi di una condizione femminile repressa, che vuole liberarsi e «decidere» e che finisce col pagare duramente di persona: analisi in cui c'è tutta la delicatezza, tutta la tenerezza e la passione di Truffaut per le donne. Con «OH anni in tasca» — cronache liete e amare di una schiera di scolari in un paese del Masstf Central — il regista punta su un motivo che gli è sempre stato caro, l'infanzia considerata come regno di incantata fantasia ma anche come stato di paure e di emarginazione. Ne «L'uomo che amava le donne» si dispiepa con eleganza e malizia il suo umorismo venato di malinconia teso a pennellare il ritratto di un irriducibile dongiovanni di provincia. E infine la sua devozione per la cultura si conferma ne «La camera verde» (dove figura tra i protagonisti), un film estremamente raffinato e meditativo, una specie di ponte sospeso tra la vita e la morte. Bel ciclo significativo: tra l'altro, quattro film «intìmU, non certo clamorosamente spettacolari che anche sul video — e chiediamo scusa a Truffaut — troveranno una loro sede eccellente. Ugo Buzzolan

Persone citate: Antoine Doinel, Francois Truffaut, Moreau, Truffaut, Victor Hugo

Luoghi citati: Italia