I coristi di Sofia di Frane Barbieri

I coristi di Sofia Gorbaciov al comando del Blocco I coristi di Sofia La televisione ci ha portato da Sofia un'immagine inconsueta di Gorbaciov: impettito, cerimonioso, non assomiglia al disinvolto uomo nuovo che aveva colpito la Thatcher e Mitterrand. Lo «stile Mikhail», efficace nel disarmare gli occidentali, non funziona finora nei rapporti con gli alleati comunisti. Le liturgie comi ntcrniste sono ancora valide e l'autorità del Cremlino si esprìme in un distacco quasi ecclesiale fra il patriarca e i suoi vescovi. Gorbaciov non ha potuto che subirne lo spirito e le regole. Anche perché il primo obiettivo del vertice comunista era appunto quello di riconfermare la centralità di Mosca dopo il cambio del massimo capo. Non solo l'Urss, ma tutto il blocco1 orientale, manda a dire a Reagan, tramite Gorbaciov, che il disarmo atomico è nelle sue preferenze, dati gli enormi disegni di sviluppo interno, ma che un'altra serie di sforzi militari sarà intrapresa, malgrado tutto, se gli Stati Uniti imboccheranno la strada delle armi cosmiche. Mai si era registrata alla vigilia di un vertice bipolare una sfiducia cosi marcata verso le intenzioni stesse dell'altro partner. E quando i sette del Patto di Varsavia aprono uno spiraglio di ottimismo, non lo fanno nella speranza di far recedere Reagan, ma nella convinzione che gli interessi degli europei occidentali siano questa volta più vicini alle ragioni dell'Est e che quindi Reagan possa trovarsi con alleati sparpagliati e Gorbaciov con almeno un mezzo alleato in più. Il segretario generale del pcus porta così da Sofia un'immagi ne di consensi e di unanimità più completa di quella che Reagan oggi riuscirà a comporre al vertice di New York. Alcune rivelazioni sui lavori, accompagnati per la prima volta da conferenze-stampa, e alcuni accenni del comunicato lasciano intuire tuttavia che nemmeno la Comunità socialista rimane senza dilemmi, se non propriamente senza con trasti. L'invito a contatti diretti tra il Patto di Varsavia e la Nato, per esempio, pur ten dendo principalmente a porre un condizionamento europeo, per non dire un freno, alla ri gidità della linea americana, fa nascere delle titubanze anche in campo orientale: una serie di governi non vorrebbero trovarsi intrappolati nella globalità dei rapporti Est-Ovest patto verso patto, perdendo gli spazi di iniziative e contatti autonomi. Lo stesso riguarda anche i prospettati rapporti fra il Comecon e la Cee, il pericolo cioè che tutte le vie verso i possibili partners europei finiscano per passare da Mosca. Quanto l'alleanza orientale sia diventata più composita, meno monocorde, traspare dal richiamo a «ima più stretta in terazione» in campo economico e tecnico-scientifico. Finora mai il Consiglio del Patto di Varsavia si era assunto questi compiti. Gorbaciov ha voluto cogliere l'occasione per coinvolgere altri nei suoi progetti riformistici. Opinioni contrastanti espresse ultimamente sulla stampa moscovita fanno emergere anche qui due linee distinte: modello di riforma unico o trasformazioni diversificate? Sulla Pravda viene riproposto il «monolitismo» dei Paesi socialisti e dei loro modelli. Su Novoje Vremja la Co-, munita socialista viene invece concepita come un «mosaico» con tante componenti variopinte. Dove sta Gorbaciov? Lo si descrive vicino alla tesi del «mosaico». Intenderebbe riconoscere un margine di autonomia nella sperimentazione riformistica. Il riformismo, però, non deve portare alla decomposizione del quadro comunista nel suo insieme, com'era successo con Kruscev: «interazione» in campo economico significa appunto che gli agganci con l'Occidente non devono trasformarsi in corse individuali e ancora meno centrifughe. (Il disastro romeno, accentuato dalla grave malattia di Ceausescu, dovrebbe porre fine all'unico eccesso di autonomismo). Unità nella diversità, l'eterna quadratura del cerchio comunista, passata ora a Gorbaciov. Il nodo viene tinto ades so anche dal giallo della conferenza mondiale panconi uni v. a. Cervetti aveva riportato da Mosca l'impressione che Gorbaciov avesse rinunciato all'iniziativa dei predecessori per evitare contrasti con gli euro-', comunisti, proprio quando lanciava la nuova strategia europea. Alla vigilia di Sofia,' però, sull'organo dei partiti co-, munisti Problemi delia pace e del socialismo, che da Praga1 aveva lanciato l'idea di una conferenza mondiale, il segre-, tario del pc bulgaro Stoichev scriveva come procedesse «con successo» l'azione per convocare «le assise generali dei partiti fratelli». Natta si era già dichiarato contrario, dopo di lui i cinesi, dopo ancora gli jugoslavi. I bulgari e i cecoslovacchi ritornano alla carica: adunarsi per respingere la «crocia, ta anticomunista» oggi in atto su scala mondiale. A Sofia non sembra che i sette si siano pronunciati definitivamente, forse perché Gorbaciov finora non ha preso una posizione. Il fatto che fra i destituiti-al Cremlino non figuri ancora Ponomariov fa pensare che rimanga aperto il dilemma di quanto il mosaico comunista debba essere monolitico o il monolito multicolore. Frane Barbieri (Altro servizio a pag. 4)