Proclo lo stregone di Carlo Carena

 — . i Proclo lo stregone OCCULTISMO E CIVILTÀ' IN CRISI — . i Proclo lo stregone Proclo, filosofo e mago,; nacque a Costantinopoli men-' tre il sole era in Ariete, l'8 febbraio del 412, da famiglia facoltosa (suo padre faceva; l'avvocato); ma non si curo, mai di ricchezze in vita sua. Unica sua ambizione fu di im-: parare la filosofia e la virtù. Dopo studi di grammatica e di retorica ad Alessandria, ap-> prodò ad Atene, estrema ridotta del pensiero pagano, e lì in due anni, sorretto da una memoria formidabile, s'impadronì dell'immenso corpo dei testi di Aristotele e di Platone, poi si votò all'arduo compito di ordinare sistematicamente le dottrine filosofiche e mistiche dei maestri della sua scuola, il neoplatonismo, di cui divenne esponente di primo piano. Scrisse a sua volta migliaia di pagine, commenti a Platone, trattati di fisica, teologia, di letteratura. Oggi, solo pochi fortunati si addentrano in questa giungla di scritti sofisticati in cui Proclo tenta con immane sforzo razionalistico di schematizzare il processo d'emanazione di tutte le cose dall'Uno attraverso una sterminata serie di triadi successive: un sistema che pur fece la sua fortuna nei secoli e la delizia di Tommaso d'Aquino, di Spinoza, di Leibniz, di Hegel. Noi andremo a frugare piuttosto in certi altri 'trattateli! più lucidi e stringati, o nelle pieghe della vita e delle dottrine di questo tardo greco, ora usufruendo delle ricche riduzioni e delle traduzioni che ci forniscono Giovanni Reale e Chiara Faraggiana in un volume edito da Rusconi col titolo / manuali. Di Proclo, accanto alle lodi per la sua dottrina, si diceva che col pensiero spaccava le pietre e con la preghiera guariva le malattie. Egli stesso aveva una resistenza soprannaturale alla fatica e ai rovesci del clima, la vista e l'udito superiori alla norma. La virtù interiore si riverberava su quel guscio d'ostrica che è il nostro corpo:- era mite e garbato con ttmK*fót6so, ma la sua còllera crt'idlVctaii si dissolveva, im mediatamente, e le sue parole avevano il dolce fluire dei fiocchi di neve, secondo l'im magine omerica. Nei settanta' cinque anni lunari della sua vita fu ammalato solo due o tre volte e subito guarito da qualche divinità (mori il J7 aprile del 485, a mezzo fra due eclissi di sole avvenute esattamente un anno prima e un anno dopo). Con gli dèi aveva rapporti continui, di Pan era adefirittura un amico personale; riveri-, va le dottrine e gli oracoli degli orfici e dei caldei e aveva : egli stesso frequenti premonizioni; praticava frequentemente le abluzioni nell'acqua del mare e preferiva non mangiare carne; digiunava spesso. Cosi Proclo ascese alle virtù, somme, a quella cima del sapere che non era più la teologia ma più su ancota, la teurgia. Ormai la conoscenza degli dèi era per la filosofia pagana1 esaurita o svuotata. Più che a conoscerli, si cercava di agire sul divino, d'intervenire nella catena dei loro processi e degli eventi: e questa era la teurgia. Il primo teurgo, Giuliano, aveva salvato da una strage le legioni di Marco Aurelio sul Danubio suscitando un violento temporale; lo stesso Proclo • fece piovere nell'Attica arsa dalla siccità rotando una sfera magica e possedeva amuleti efficaci contro i terremoti. Questi uomini, ultimi eredi di una mitologia dimenticata e di una religione defunta, cercavano la salvezza ncll'irrazio; nalismo e nei rituali. Nel declino di una civiltà e di un modello umano sorretti dal pensiero, mentre il popolo ricorre alla magia elementare degli stregoni, raristocrazia intellettuale si volge con estrema speranza a queste fantasie, che ne sono solo una forma superiore. Anch'essa s'immerge nel gorgo tenebroso degli spiriti, s'aggrappa alle rivelazioni e agli enunciati della sapienza orientale, ai suoi simboli e ai suoi talismani. In mancanza'di meglio, ci si collega col Sole e con le Stelle, potenze spirituali superiori, ci si avvale delle connessioni infinite che di gradò in grado annodano tutte le cose fra loro: «Non ì forse ter questo — scrive Proclo — che il girasole si muove in sintonia eoi sole, compiendo la propria rivoluzione, nei, limiti delle proprie possibilità', insieme w le lampada del mon- do e offrendo a quel proprio so-' vrano una specie di inno, se si fosse in grado di percepire con l'udito l'attrito che quel fiore crea con l'atmosfera nel suo volgersi in senso circolare? Così anche il gallo avverte le rivoluzioni solari, innalzando un inno al sopraggiungere dell'astro e quando questo poi tocca nel suo percorso gli altri punti cardinali». Per la prima volta coi teurghi come Giuliano e Proclo si costituiscono anche in Occidente i cerimoniali e i riti magici. Il teurgo si prepara scrupolosamente alla sacra operazione: si lava, indossa una tunica e dispone statuette adatte alla divinità da evocare, poi si spalma una droga sugli occhi e comincia ad essere preso da convulsioni ed estasi. Perde sensibilità e conoscenza, il dio s'impadronisce di lui, lo solleva da terra, gli dà la cognizione del passato e dell'avvenite. Nel buio appaiono gli spiriti in forme luminose e si odono voci misteriose: a Proclo ap parve anche Ecate, la regina dell'inferno, e una visione gli comunicò la certezza di avere in sé l'anima del grande matematico pitagorico Nicomaco, un cabalista vissuto trecento anni prima. E' tutto un mondo contuso, che si stenta ad afferrare nelle sue premesse e che si segue a fatica nei suoi sforzi di strin gere mondo e oltremondo in una rete sottile di rimandi < rispondenze, attingendo dal l'Oriente e dall'Occidente. Ma quando a loro volta lo scoprirono, l'entusiasmo..dei'.nostri umanisti fu enorme. Anche Ficino, scartando il peso del razionalismo aristotelico della scolastica, s'incuriosì per le teorie ncoplatoniche di Proclo, che iniettavano nell'universo delle forze psichiche, e s'accodò a lui nel coltivare la magia caldea e l'astrologia: Pico se ne innamorò, nel proprio tentativo di unificare pensiero greco-latino, arabo ed ebraico. Cosi poi nelle prime brume del romanticismo qualcuno ammirò la teologia dell'antico platonico come il più bello sviluppo della filosofia, che lì ha cercato «di spiegare tutte le cose analizzando la nostra coscienza»: è Coleridge che parla cosi e come Proclo compone poemi senza alcuno sforzo durante i suoi sonni «dei sensi esterni», vede figure e immagi¬ ni come fossero oggetti concreti. Noi, si esce da questo mondo suggestionati ed esausti, sorpresi e istruiti su tante analogie che riscontriamo via via ancora col mondo contemporaneo insoddisfatto di sistemi, tanto più inghiottito dal mistero quanto più avanza a chiarirlo, deciso a esorcizzarlo e a possederlo.con ogni mezzo a cui può sollecitare lo spirito; in cerca di lumi da questi scia' mani che, incapaci o insoddi sfatti di controllare il pensie ro, hanno cercato anch'essi, in mezzo a smarrimenti e rivolu zioni, il lume dalle ombre e la verità dell'inconoscibile. Carlo Carena il Asclepio, Il dio protettore di Proclo, In un'Incisione su avorio

Persone citate: Chiara Faraggiana, Giovanni Reale, Hegel, Platone, Spinoza, Tommaso D'aquino

Luoghi citati: Alessandria, Atene, Costantinopoli