De Mita nel governo? «No, grazie» Il partito deve pensare al congresso di Ezio Mauro

De Mita nel governo? «No, grazie» Il partito deve pensare al congresso La de ha subito respinto il direttorio dei segretari (proposto da Forlani) De Mita nel governo? «No, grazie» Il partito deve pensare al congresso ROMA — 'Io al Governo?,! Non lo so, sentiremo, vedre- ROMA — «te al governo?, Non lo so, sentiremo, vedre mo: ma non credo proprio'. Ciriaco De Mita sta infilandosi sull'ascensore che Io porta al primo piano di Palazzo Chigi, dove lo aspetta Bettino Craxi per l'inizio delle consultazioni sulla crisi. I suoi uomini lo precedono e lo seguono, allarmati e sospettosi. Cos'è questa strana uscita di Forlani, che vuole spedire De Mita al governo, rafforzando Craxi con un «direttorio» formato da tutti i segretari della maggioranza trasformati in ministri? «Ciriaco starà fuori — dicono ai cronisti 1 suoi collaboratori, nel cortile di Palazzo Chigi —. Non può. dirlo ufficialmente, per non rompere con Forlani,.:mq,.u,na cosa è certa: non si farà incastrare». Che sia un gioco d'incastro, tra Craxi e Forlani, una parte dei demitiani ha incominciato a sospettarlo subito, appena la proposta del direttorio ha incominciato a circolare, domenica sera. Il ragionamento è semplice: Forlani, in sostanza, teme che da questa crisi la de faccia uscire una sorta di «governo a termine» che logori l'intesa con il psi e, rinunciando al ruolo di grande mediatore, chiede al segretario democristiano di assumersi in prima persona la responsabilità di difendere e rafforzare l'alleanza con i so cialisti e il governo Craxi. Ma c'è una parte del vertice democristiano che non è convinta di questa interpretazione della mossa forlaniana. E' vero che il vice-presidente I del Consiglio non ha concor- vero che il vice-presidente del Consiglio non ha concor dato la sua proposta con De Mita: ma non per costringerlo a uscire allo scoperto, spiazzandolo — dicono gli uomini più vicini a Forlani — bensì per usare il suo prevedibile rifiuto ad entrare nel governo come mezzo per favorire l'uscita indolore dai ministeri degli altri segretari di partito e in particolare di Spadolini, consentendogli di disimpegnarsi senza rotture, mantenendo una presenza ministeriale repubblicana, sia pure ridimensionata. De Mita ha fatto intendere al suoi uomini che questa è la chiave di lettura più giusta dalla,. proposta. Forlani,.. Ma per tutta la giornata,, ieri, Piazza del Gesù ha alzato uh fuoco di sbarramento sull'ipotesi del direttorio. Contro,' si sono pronunciati non solo i dirigenti più strettamente demitiani («E' molto, molto difficile che De Mita possa accettare l'invito ad entrare nel governo', ha detto il direttore del «Popolo», Galloni) ma anche i leader di altre correnti che non vedrebbero con favore uno «strappo» alla tradizione democristiana tale da concentrare nelle mani del segretario, alla vigilia del congresso, i poteri di direzione del partito e i poteri di influenza diretta sul governo. -Quella di Forlani deve essere considerala , soltanto un'ipotesi, come tante altre che circolano in questi glorw — ha spiegato Flaminio Piccoli —; io, ad esempio, sostengo proprio il contrario, perette la parola direttorio non mi piace, e la mia generazione ricorda ancora troppo bene certe identificazioni tra il governo e il partito nazionale fasci sta. Piuttosto che portare tutti i segretari di partito dentro il governo, io propongo di portarli tutti fuori». Nel «no» al direttorio, si mescolano anche calcoli politici, da parte di chi pensa al dopo-Craxi, al ritorno della de alla guida del governo, al rilancio dell'alternanza. «Non c'è nulla di male a dire die, per chi sostiene il principio dell'alternanza a Palazzo Chigi, il direttorio sarebbe un controsenso — sostiene il ca pogruppo dei deputati demo-1 cristiani, Virginio Rognoni pogruppo dei deputati democristiani, Virginio Rognoni —, che cozza anche contro la necessità di tenere le istituzioni separate il più possibile dall'invadenza del partiti. Non c'è nessun bisogno di far diventare ministro il segretario democristiano: cnche percìté la de non deve dar prove di lealtà a nessuno, ma proprio in questa crisi ha dimostrato nei fatti la sua estraneità a beghe e a maneggi». Non c'è dubbio — concorda Guido Bodrato, vicesegretario democristiano —. La de questa volta non ha presentato una rosa di nomi, con suoi candidati, proprio per evitare I l'impressione (che già gualche] candidali, proprio per evitare l'impressione (che già qualche socialista stava alimentando) di una congiura contro Craxi, concordata all'ombra di questa crisi. Se la rottura si fosse verificata a primavera, dopo i congressi, noi avremmo sicuramente posto il problema dell'alternanza, perché sarebbe stato un passaggio naturale, sema polemica. Adesso, potevamo far nascere il dubbio cìie la de stava difendendo il governo, ma in cuor suo sperava che cadesse. Non è cosi: e dunque, è inutile adesso che si pretenda dal segretario democristiano che addirittura entri al governo, in postetene subordinata rtspet to al leader di un partito mi- posizione subordinata rispetto al leader di un partito mi nore. Non è il caso, grazie». Niente direttorio, dunque, e appuntamento a primavera. O forse, anche prima. «Non abbiamo presentato al Capo\ dello Stato nomi democrtstia ni perché riteniamo che ci sia una continuità di governo da rispettare — dice Rognoni — ma anche perché la crisi ha dei tempi, del ritmi e del passaggi ben precisi. Siamo al primo atto: io mi auguro che il primo attotcoincida con la soluzione di ogni problema Ma per ogni passaggio, si vedrà...». Ezio Mauro

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