Spadolini: non sono un falco

Spadolini: non sono un falco «Le ragioni del pri non hanno niente a che fare con le ragioni della Casa Bianca» Spadolini: non sono un falco «Testimonianza ed estradizione sono cose diverse: volevo che Abbas fosse interrogato dalla magistratura, non mi sono mai pronunciato per la sua colpevolezza» - «Il terrorismo, lo diceva con ragione Pertini, ha connessioni internazionali e ì'Olp ci è entrata» Caro Direttore, ! •e se anche il presidente amerlcn.no ne restasse con-' vinto, Spadolini come potrebbe negarsi?: E' una affermazione, sorprendente,, che' chiude l'articolo di Gianfranco Plazzesi, «Semaforo giallo-, e che esige da parte mia un'immediata e rigorosa precisazione. ' Le ragioni del pri non hanno niente a che fare con le ragioni della Casa Bianca. I motivi profondi della crisi — esplosa in questo momento dopo essere stata evitata decine di volte, e proprio dal, senso di responsabilità nazionale dei repubblicani — investono grandi questioni, che! toccano anche l'interpreta-, zione italiana della politica estera, ma non certo le diret-; Uve o le preferenze di altri Paesi. Stati Uniti in testa. Nella denuncia o nella cor-' rezione concreta di taluni errori ed eccessi americani nei giorni della «Achille Lauro», non c'è stata nessuna differenza nel governo: come non ci fu alcuna differenza — e il Pentagono l'ha riconosciuto — nel «no» a far proseguire verso gli Stati Uniti i dirottatori discesi a Sigonella, su un ordine diretto del presidente del Consiglio. Taluni «ca- nard» giornalistici possono alimentare vergognose polemiche ma non cambiare i dati della realtà. La speculazione nazionalpopulista non ci interessa e non ci riguarda: ed è stata definita, nei termini che merita, da Ernesto Galli della Loggia sempre sulle colonne della Stampa, di sabato. Che poi quella speculazione servisse a riallacciare i rapporti con gli Stati Uniti, per avere o esibire certificati che nessuno di noi ha chiesto, questo è un altro discorso, che era facilmente prevedibile. ! E' evidente: che il governo americano non volesse la crisi del governo italiano sul caso Abbas, era chiaro a chiunque avesse, non dico un corrispondente, ma semplicemente un amico o un cognato a Washington. Cosi come era chiaro che. il governo degli Stati Uniti non volesse la crisi di Mubarak e neppure quella di Felipe Gonzalez. Che alcuni italiani siano stati costretti a porre sul tavolo certi problemi, in completa indipendenza rispetto agli indirizzi geopolitici dell'alleato americano e in solitudine rispetto agli altri partiti italiani, significa che c'è ancora qualcuno per il quale le questioni di coscienza vai' gono più delle analisi e degli interessi politici, interni ed internazionali. Qualcuno per cui — come diceva Croce — una Messa vale sempre più di Parigi. Che Reagan sia disposto a fare considerare come un fa vore per lui la partecipazione italiana a quel vertice econo mico-flnanziario di Washington, che sarebbe stato pura follia per il nostro Paese di-, sertare, rientra nella logica della convenienza politica. Noi siamo stati i primi a plaudire all'iniziativa di Washington, che consente di evitarci un errore fatale, quale sarebbe stato rischiare di compromettere, nel vertice, dei Paesi industrializzati, quel posto che con tanta fatica, e senza nessuna stabilità, fu conquistato dalla diplomazia italiana nel corso di un decennio di lotte silenziose e difficili. Ma che questo fatto pur positivo dovrebbe di per sé convincere i repubblicani che in sede governativa non siano stati commessi errori e non sia necessario ripararli; per questa e per altre vicende analoghe, ebbene questa è una gratuita presunzione di «sudditanza», appena degna di Reporter. Un punto fondamentale, per-esemplo, che potrebbe risultare deformato da talune interpretazioni di stampa, merita di essere chiarito una volta per tutte. Non mi sono mai pronunciato per una presunzione di colpevolezza di Abbas. Mi sono pronunciato per il diritto-dovere della magistratura italiana di poterlo interrogare almeno come teste. i Testimonianza ed estradizione. Sono due questioni de) tutto diverse. Quanto all'estradizione, non mi sono mai dichiarato né contro né a favore. Ho solo ritenuto che fosse giusto, anzi obbligatorio, consentire alla magistratura inquirente italiana di assolvere ai suoi compiti, almeno in questi limiti. I Su questo potere-dovere della magistratura ordinarla ;— l'ha scritto un giurista come Neppi Modona — noi abbiamo una certa opinione .che evidentemente non coin■ cide con quella di altri. Ma riteniamo di avere dalla nostra anche il testo della Costituzione che non lascia dubbi sull'assoluta autonomia dell'ordine giudiziario italiano. Prima espressione della sovranità nazionale. Quello che ci importava e che ci importa è che non venisse steso sull'Italia il sospetto di essersi comportati nell'occasione come obiettivi favoreggiatori di un presunto capo terrorista. Ecco perché il chiarimento deve riguardare insieme la collegialità di governo (un governo di coalizione non è un governo presidenziale); le linee complessive della politica medio-orientale; la distinzione, che dovrebbe interessare anche al partito comunista italiano, fra «terrorismo» e «patria palestinese», fra; lotta contro 11 terrorismo internazionale e politica di equidistanza fra arabi ed israeliani. Non si tratta di essere falchi; si tratta di credere allo Stato di diritto, all'unità della nostra azione internazionale e alle ragioni profonde della resistenza al terrorismo. Il quale in Italia non è stato mai soltanto interno. Ha avuto connessioni Inter-, nazionali, come diceva sempre e a ragione il presidente Pertini. In queste connessioni internazionali ci è entrato — e come! — il Medio Oriente. Ci sono entrati i palestinesi prima dell'Olp e con ì'Olp, ci sono entrate le frazioni antl-Olp, ci sono entrati e c'entrano i nuclei del fondamentalismo islamico. Questo tema noi dobbiamo vederlo come un tema centrale che non consente né debolezze né distrazioni. Una volta eravamo tutti d'accordo. Adesso rischiamo, su questa materia, di restare soli. • Giovanni Spadolini ,