Casteggio i ricchi e i poveri di Mario Salvatorelli
Casteggio i ricchi e i poveri Casteggio i ricchi e i poveri I nostri soldi di Mario Salvatorelli e Ancora una ricerca sui redditi, e ancora piami sul divario Nord-Sud, senza alcun approfondimento metodologico che lenti, quantomeno, un test di verifica sull'attendibilità delle rilevazioni», scrive la professoressa Franca Racca, di Torino. Alla lettera è accluso un lungo promemoria sugli «amplissimi margini d'errore» di cui sarebbero affette queste ricerche, «comunque denominate». Tra le cause di questi errori, una «sistematica sottovalutazione dei redditi medi prò capite», da attribuirsi in buona parte alle attività «sommerse», nonché al mancato cambio di residenza di persone trasferitesi dal Sud al Centro Nord per lavoro, specie nella pubblica amministrazione, e tendenti a ottenere il ritrasfcriincnto aj luoghi d'origine. Ce del vero in quel che scrive la professoressa Franca Racca, ma c'è anche una «sottovalutazione» (se posso ritorcere la critica su chi l'ha mossa) di come vengono compiute queste ricerche. Probabilmente, se avesse esaminato il rapporto su 11 reddito nei Comuni italiani, che le ha offerto lo spunto per scrivermi, la lettrice si sarebbe resa conto che non sono state trascurate le fonti d'informazione di cui, invece, lamenta l'assenza. Vorrei, però, anche per il riguardo che sempre si deve ai lettori, soffermarmi questa volta sui «margini d'errore», e citare un caso che di recente ha destato molta curiosità nell'opinione pubblica. E' quello di Castcggio, eletto, con un colpo a sorpresa, «Mister Comune», se cosi posso dire, cioè il Comune più ricco d'Italia. E questo perché è risultato da una ricerca che aveva, con 30 milioni in media, il mag- §ior importo di depositi ancari per abitante. In effetti, Casteggio ha tutte le carte in regola per figurare nella parte alta di una clas- sifica del benessere, con un reddito disponibile per abitante che lo colloca al terzo posto tra i 190 Comuni della provincia di Pavia, la quale, a sua volta, è al 29" posto tra le 95 Province italiane. Ho trovato curioso, però, questo primato bancario, per un Comune che pare abbia un rapporto tra consumi c reddito piuttosto alto, il 74,4 per cento, contro una media provinciale del 71,2 (per non parlare, ovviamente, della media n'azionale, che è del 64,5 per cento). Mi è venuto ora in soccorso, per appagare questa curiosità, un appunto di Franco Marchesini e Gianni Porcelli, dell'Ufficio studi della Banca nazionale del Lavoro, i cui dati ridimensionano drasticamente la «ricchezza» di Casteggio. Ecco la spiegazione. La «unità di rilevazione» di quella ricerca sui depositi era lo sportello bancario. Ma in Italia sono circa quattromila i piccoli Comuni senza sportelli bancari, gli abitanti dei quali, ovviamente, utilizzano per le loro operazioni bancarie gli sportelli dei Comuni vicini. Casteggio ha fior di banche,- ma nella sua zona, in un raggio di nove chilometri, si trovano 29 Comuni che ne sono privi, di cui 7 confinanti e 4 vicini a Casteggio. Anche in un'ipotesi minima,' che tenga conto dell'attrazione esercitata da Pavia a Nord, da Voghera a Ovest, i depositi raccolti dalle banche di Casteggio vanno divisi, cosi, non solo tra i 7500 abitanti di Casteggio, ma tra la popolazione, molto più numerosa, che gravita su di esse. I depositi bancari degli abitanti di Casteggio si ridurrebbero, pertanto, da 30 a 11-12 milioni in media prò capite. Tutto allo Stato «Se lo Stato incamerasse (una tantum!) tutti gli interessi difine anno 1985, maturati a qualsiasi titolo (Boi, Cd, eccetera), quanto incasserebbe? Si risolverebbe il debito pubblico? In fondo, a nessuno verrebbe tolto qualcosa: a tutti verrebbe "non-dato" qualcosa, in proporzione alla ricchezza posseduta. Mi piacerebbe che lei sviluppasse questa idea-proposta, e sapere se essa è incostituzionale o no», scrive il signor Mario Cena, di Torino. A parte la Costituzione, la morale comune, e via dicendo, di fronte alle quali lo Stato ci ha abituato a una ccr'a «elasticità», l'idea-proposta del lettore è largamente insufficiente a «risolvere il debito pubblico». Gl'interessi dei titoli di Stato ammontano quest'anno a circa 63 mila miliardi. Se anche, con «l'eccetera», il lettore volesse includere gl'interessi netti dei depositi bancari, arriveremmo a poco più di 100 mila miliardi. Non copriremmo neppure il disavanzo dello Stato di quest'anno, figuriamoci il debito pubblico, che a fine 1985 avtà raggiunto il valore del prodotto nazionale, l'ha detto il Governatore Ciampi, e cioè, oltre 670 mila miliardi.
Persone citate: Ciampi, Franca Racca, Franco Marchesini, Gianni Porcelli, Mario Cena
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