Il porto di Genova è un modello per rilanciare l'azienda pubblica

Il porto di Genova è un modello per rilanciare l'azienda pubblica Il presidente Roberto D'Alessandro e la sua ricetta per uscire dalla crisi Il porto di Genova è un modello per rilanciare l'azienda pubblica «Il porto di Genova è oggi un laboratorio culturale — lo dico tranquillamente e la parola non mi spaventa — cui guarda una certa Italia che vuole cambiare e migliorare. Per dirla in parole povere, il nuovo assetto organizzatila del CAP, della Porto di Genova spa e delle altre società di gestione a capitale misto, pubblico e privato, sta diventando un modello da imitare a livello nazionale: esiste il sistema, questo il nostro mes- saggio, per rendere utili, competitive e produttive aziende pubbliche. E, si badi bene, non aziende pubbliche produttrici di beni, ma aziende di servizi'. Roberto D'Alessandro, 50 anni, genovese, tornato -in patria- dopo vent'anni di attività manageriale svolta a Pordenone (Zanussi) e Milano (Pirelli, Gruppo Editoriale Fabbri, Publikompass), ha sul suo tavolo ottocentesco di Palazzo San Giorgio, sede del Consorzio Autonomo del Porto, 11 destino della città e della Liguria. Presidente del CAP, dopo molte polemiche e contrasti, dal febbraio del 1984. ha -inventato- una sorla di ricetta per far uscire il maggior scalo Italiano da una crisi che assomigliava a una malattia mortale. Ha individuato le cause della crisi anche nella vetustà degli strumenti amministrativi e giuridici e nel regolamento dell'Ente, non diverso da una virgola dalla legge istitutiva del 1934. Matite copiative, burocrazia da ministero, macchine per scrivere monumentali, fattorini che portano le circolari a mano, un centralino telefonico ancora in galalite nera del 1938, inesistente l'ufficio commerciale, nessun addetto alla promozione e sconosciuta la parola «marketing-. In meno di due anni, nell'impossibilità di avere una legge organica dal parlamento, è stato deciso di dar vita a una holding, la 'Porto di Genova spa- a capitale in parte privato (industriali, commercianti, artigiani, armatori, spedizionieri, agenti marittimi, compagnie auto- j nome del portuali, ecc.) e,a maggioranza pubblica (lo stesso CAP). Dalla holding, presieduta dallo stesso D'Alessandro, discendono una serie di sub-aziende di gestione, ciascuna specializzata per attività: è decollata la società di telematica, la società di gestione dell'aeroporto, è stata costituita quella per la gestione del porlo petroli. «. tro otto¬ bre sarà varata la società di gestione per le riparazioni navali, quindi (prima di arrivare al settori, più tranquilli, delle merci varie, delle rinfuse, ecc.) si dovrà affrontare, tra novembre e dicembre, la costituzione della società per 11 traffico del contalners. Questa sarà veramente la prova più ardua per lo scalo, perché in pratica i containers rappresentano l'avvenire del trasporto marittimo moderno. Il futuribile (entro quattro anni) scalo satellite di Voltrl, al quale si lavora da vent'anni, sarà in pratica funzionale quasi esclusivamente per 1 trasporti in contenitori. La nuova società accetterà il principio della produttività e della scelta — orari, programmi operativi, organico del personale, ottlmalltà delle squadre — esattamente come un'azienda a terra. Questo obiettivo può far sorridere soprattutto coloro che sono poco pratici di cose portuali o marittime, ma si avrà il definitivo tramonto dell'organizzazione medievale e corporativa del lavoro, basata sulla formazione autonoma delle squadre, contrattata, quasi levantinamente, volta per volta, con il cliente e con 10 stesso ente coordinatore (nel caso, il Consorzio). Ecco perché, come suggerisce 11 direttore generale della «Porto di Genova spa-, Fabio Capocaccia, docente universitario e con alle spalle una prestigiosa carriera all'Ansaldo e all'Elsag-Selenia, alcuni progetti nazionali di riforma degli enti locali (comuni, province, regioni) prendono lo spunto dalla «rivoluzione- di Genova per mettere a punto le modifiche di gestione. «Confido nei grandissimi risultati che mi darà, quando gireremo a ritmo pieno, la-società di telematica, alla quale ha collaborato la Sip e le aziende Jrl del settore. Il porto di Genova sta per essere avvolto in una rete di memoria. St stanno accumulando — spiega D'Alessandro — tutte le iti/orinazioni interne ed esterne relative alla gestione. Ogni dirigente avrà la possibilità di conoscere tutte le informazioni relative al funzionamento dello scalo, sia negli uffici, sia in banchina. Non solo: si stanno accu-, mutando anche le informazioni relative alla situazione economica della città, degli enti e delle aziende a terra plU o meno collegate al porto. Disporremo d'una banca dati di eccezionale potenziale. Oggi un porto può essere gestito solo cosi-. Per D'Alessandro la società di telematica è lo strumento chiave per poter arrivare a decisioni sumultanee, ribaltando la lentezza e l'approssimazione del passato. Ma c'è un ulteriore elemento caratterizzante della nuova filosofia portuale: la «privatizzazione-. «Certo — aggiunge ancora il presidente del CAP — alcuni anni fa parlare di privatizzazione avrebbe sollevato una vera e propria rivoluzione. Oggi anche i portuali, la toro compagnia, i sindacati la accettano coinè un valore positivo. La privatizzazione non è stala soltanto un recupero di investimenti e di finanziamenti. Ha significato invece una riaffezione della classe economica della città al suoporto. Categorie individualisticlie, ostili tra di loro e lacerate al loro interno, come imprenditori, agenti marittimi, armatori, spedizionieri, titolari di aziende import-export, si sono disciplinatamente riunite e hanno deciso di consorziarsi per una politica comune. Dico di più: abbiamo strappato la fiducia anche nel campo 'scabroso' delle riparazioni navali. Per ora, sfuggono solo gli autotrasportatori, ma credo si tratti d'uri1 ctistì1"1 limile. •••»:. «C'è, in questi anni, una scommessa della città sul porto. Una scommessa i cui protagonisti sono i soggetti attivi dell'economia territoriale. E questa, in parole povere, è la privatizzazione. E' un nuovo vento che è modernissimo, ma al tempo stesso affonda le sue ragioni e la sua ideologia nella antropologia e nella storia di Genova-.

Persone citate: D'alessandro, Fabio Capocaccia, Gruppo Editoriale Fabbri, Roberto D'alessandro