Milano ridiscute gli anni violenti ma sul caso Ramelli resta divisa di Giovanni Cerruti

Milano ridiscute gli anni violenti ma sul caso Ramelli resta divisa II convegno promosso da dp - Quell'omicidio fu errore o delitto? Milano ridiscute gli anni violenti ma sul caso Ramelli resta divisa MILANO — Mario Capanna, dal palchetto dell'affollatissima sala della Provincia, promette e invoca «caparbio onestà di ricostruzione storica-. Legge le sue 28 pagine di relazione e avvia questo convegno che dura un sabato pieno: 'Milano, 1968-1976, le vere ragioni*. La platea è attenta. La sala sembra l'aula magna dell'Università Statale, una dozzina d'anni fa. Gente ovunque, anche sul palco. Come allora non mancheranno fischi a chi critica e dissente. E perfino una scazzottata, nell'atrio, tra un gruppetto di autonomi e militanti di democrazia proletaria. All'ingresso le cassette per la colletta: «Fondi per i compagni arrestati*. Per gli ex militanti di Avanguardia Operaia accusati dell'assassinio del giovane missino Sergio Ramelli. Un cognome che verrà pronunciato spesso. Quattro volte da Capanna: •L'agguato risoltosi con la niorte di Ramelli — dice — fu un tragico errore umano e politico. Umano, perché una vita fu spezzata. Politico, perché fu agguato gratuito, contro un bersaglio ormai sconfitto*. 'Ma ora — aggiunge — da questo tragico episodio si vuol metter sotto accusa tutto il '68*. Capanna, la sua proposta l'ha già fatta conoscere: amnistia, come accadde per i 14 mila dell'autunno caldo del '69. Proposta che Stefano Rodotà, deputato della sinistra indipendente, non condivide: *Le amnistie hanno un senso solo se sono di sostanza, se sanzionano una nuova legalità. Noi dobbiamo distinguere tra responsabilità politica, responsabilità morale e responsabilità giuridica. Questa è la linea che ci fa chiedere, per gli arrestati, il processo subito. La magistratura ha l'obbligo giuridico di valutare il contesto in cui sono avvenuti certi fatti*. Un contesto, per Capanna, che è quello della Milano di quegli anni: 'Occorreva essere a Milano, credo, per capire a fondo cosa accadeva*. 'Però — interviene il deputato comunista Claudio Petruccioli — non dobbiamo ignorare, qui, il tema scottante. Quello che ci divide non è la valutazione sull'importanza del '68, die è slato una grande cosa. Non sono d'accordo nel definire l'iniziativa giudiziaria come arresti per antifascismo: gli aggressori di Ramelli hanno compiuto un gesto criminale. Dunque "si" alle spiegazioni e "no" alle giustificazioni*. Intervengono Giovanni Pesce e Ludovico Geymonat, Bianca Guidetti Serra e Rino Formica. Applaudito Giovanni Moro, figlio di Aldo Moro, che prende la parola a nome del Movimento federativo democratico: *E'in atto un tentativo di criminalizzare il '68. C'è chi lo vuole cancellare. Ma noi non possiamo fare a meno di quella cultura: è indispensabile*. Franco Fortini: 'C'è violenza giusta e violenza ingiusta. Senza disegno politico per l'avvenire, la violenza è ginnastica. Non dobbiamo essere contro i tumulti, ma solo contro i tumulti stupidi: ne abbiamo visti troppi*. Quando tocca a Miriam Mafai, presidente della Federazione della Stampa, succe¬ de la rissa tra autonomi e demoproletarl. I primi hanno tentato di non farla parlare, Mafai attacca Capanna: 'Sei un affabulatore. Cerchi di piegare storia e cronaca alle tue convinzioni. Il '68 è stato un grande movimento, ma c'era anche molta paranoia, pane e intolleranza. Gli scontri davanti alle fabbriche erano cosa ben diversa dall'aggressione a freddo a Ramelli. Ramelli non è stato un errore, ma un delitto*. La sala si svuota quando è già sera. Per la prima volta, dopo anni, Milano prende a discutere 11 passato di Milano. *Non serve continuare a fare i distinguo, io c'ero, io non c'ero — interviene Mario Dalmavlva, uno degli imputati del "7 aprile" —. Finora le ricostruzioni di quegli anni le abbiamo sentite nelle aule di giustizia. Ora cominciamo a farle tra noi*. Erano più di duemila, ieri. «JVon un mucchio selvaggio di reduci, ma gente che discute il passato per trarne lezioni per il futuro*. Un passato che si chiama anche Ramelli. Giovanni Cerruti

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