Al Fondo nessun accordo sui debiti dei poveri di Renata Pisu

Al Fondo nessun accordo sui debiti dei poveri Si è conclusa la riunione del Fmi a Seul, ognuno ha mantenuto le proprie posizioni Al Fondo nessun accordo sui debiti dei poveri DAL NOSTRO INVIATO SEUL — Calorosi applausi per il peruviano Luis Alva Garda che ha denunciato con veemenza la politica del Fmi definendolo -uno strumento degli Stati Uniti- e ha annundato che il suo Paese, indebitato per 14 miliardi di dollari, non intende destinare, più del 10 per cento di quanto ricava dalle esportazioni per onorare il suo debito. Ma la sala della conferenza del Fmi é della Banca Mondiale era semideserta quando Garda ha parlato, i rappresentanti dei Paesi ricchi per la maggior parte non c'erano, erano partiti o impegnati in altri incontri. Tra l'altro la posizione del Perii era già nota e l'appello peruviano alla costituzione di un nuovo organismo internazionale più •equo» del Fmi è caduto nel vuoto. A Seul in effetti il confronto tra debitori e creditori non è stato cosi drammatico come tre anni fa, quando la crisi debitoria del Messico parve minacciare la stabilità del sistema bancario mondiale. Forse il piano proposto dal segretario al Tesoro degli Stati Uniti Baker per risolvere il problema dei debiti del Terzo Mondo, nonostante sia stato accolto con molte perplessità sia dai. ricchi, sia dai poveri, ha dimostrato che gli Stati Uniti intendono cambiare linea. Ma come potrà funzionare nella pratica la linea di Baker che prevede per i Paesi in via di sviluppo una maggiore valorizzazione del settore privato, da finanziare almeno per il SO per' cento con prestiti dalle banche commerciali dei Paesi industrializzati, resta nel vago. Baker stesso ha detto in una conferenza stampa che la sua è soltanto una pro¬ posta iniziale e che «bisognerà discuterne nel prossimi mesi». Tuttavia questa nebulosa proposta è stata considerata meglio che niente, anche perché è stata avanzata due settimane dopo l'accordo di New York tra i Cinque per abbassare la quotazione del dollaro. Secondo i rappresentanti del Paesi del Terzo Mondo convenuti a Seul non si può, però parlare di «crescita; mondiale dell'economia» se i due maggiori responsabili, Giappone e Stati Uniti, non riescono a giungere a un coordinamento delle loro politiche economiche. Il ministro delle Finanze dell'India e stato chiaro: «A noi si chiede un riaggiustamento, ma la minaccia del protezionismo che manderebbe all'aria qualsiasi nostro tentativo di crescita viene da un Paese industriale che si dimostra molto riluttante a riaggiustare la propria economia». Che il Giappone si sia finalmente dimostrato generoso destinando 40 miliardi di dollari per il periodo 1986-1992 ai Paesi in via di sviluppo, è giudicato «encomiabile», ma i sottosviluppati vorrebbero di piti, non in moneta sonante ma in volontà politica: che la seconda potenza industriale dèi mondo comperi di piti dall'estero, che apra il proprio mercato, che stimoli la domanda interna. Cosi, tra reciproche accuse ed esortazioni a comportarsi come si deve tn futuro, ieri sera è calato il sipario sulla quarantesima conferenza del Fmi e della Banca Mondiale durante la quale si sono confrontati debitori e creditori. Un incontro meno negativo di quanto si supponeva prima del summit di New York del 22 settembre sul dollaro, allontanando misure protezionistiche da parte americana. Allontanando, non scongiurando, hanno sostenuto a Seul i rappresentanti dei Paesi del Terzo Mondo le cui esportazioni verso i Paesi industrializzati hanno subito un netto calo nel primo semestre di quest'anno, calo che ha ritardato il loro sviluppo e reso arduo il pagamento degl'Interessi per i debiti contratti. Con uno «staremo a vedere cosa sarete capaci di fare», ricchi e poveri si sono accomiatati con un ancor più combattivo impegno a sorvegliarsi a vicenda, rimanendo tutti ancorati alle proprie convinzioni, ma con una speranza in più di riuscire a far combaciare l rispettivi inte.ressi. Renata Pisu

Persone citate: Baker, Luis Alva

Luoghi citati: Giappone, India, Messico, New York, Stati Uniti