Arlecchino, ultima scoperta di Fo

Arlecchino, ultima scoperta di Fo Incontro con Fattore che a Venezia prepara lo spettacolo di compleanno Arlecchino, ultima scoperta di Fo Collabora il professor Marotti, storico del teatro - La maschera diventa ruolo intorno al 1585 - Una figura astuta e ambigua DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA — Arlecchino compie quest'anno quattrocento anni e la Biennale Teatro ha pensato d'affidare 1 festeggiamenti per l'onusto compleanno all'attore che più In Italia oggi gli si apparenta, pur non avendolo mai impersonato: Dario Fo. La festa sta per prendere corpo in uno spettacolo Herlequln, Harlekln, Arlekin ovvero un laboratorio per Arlecchino, che andrà in scena, quasi a conclusione della Biennale Teatro, dal 18 al 20 al Teatro Goldoni. Nella piccola sala teatrale della parrocchia del Redentore, alla Oludecca, Fo va provando il prologo dello spettacolo, insieme a Franca Rame, che ha accettato d'interpretare 11 ruolo della «comica» Isabella, e ad alcuni giovani attori e allievi. Vicino a lui c'è un autorevole signore panciuto e barbuto, che, in sprezzo alla sua dignità accademica, indossa una tuta blu e zoccoli neri alla Eugenio Barba. E' 11 professor Ferruccio Marotti, che insegna Storia del teatro all'Università di Roma e che è 11 Giovanni Battista di questo progetto. 'Arlecchino diventa ruolo intomo al 1585 con Tristano Martinelli, un improvvisatore geniale, vezzeggiato dal Gonzaga come dai re di Francia, errabondo tra l'Italia e Parigi. Martinelli, e, dopo lui, a metà Seicento, un altro gran¬ de attore italiano, il bolognese Domenico Blancolelli, adorato come Dominique dal francesi, arricchiscono questa maschera del "diverso" — che non rappresenta nessun ruolo, sociale, che tutto scombina e di tutti si sbarazsa a colpi di trovate assurde — di un numero strepitoso di "entrate comiche": \ -Tutti possono leggere i set-, tantatré scenari di Dominique e quelli di Flaminio Scala' che riflettono indirettamente' il lavoro creativo di Martinelli. Da anni pensavo di metterli a disposinone di Dario. Franco Quadri ha permesso che questo progetto prendesse' corpo. Ci siamo incontrati con Dario nelle città più diverse. Io e altri colleghi gli leggevamo squarci di quegli scenari e lo vedevamo entusiasmarsi.. •Poi tutto — prosegue Fo, che s'è seduto accanto a noi, madido di sudore — ha preso corpo alla Libera Università' di Alcalraz, fondata da alcuni anni da mio figlio Jacopo a Santa Cristina di Gubbio. Quando, alla lettura, individuavo un nucleo schietto di comicità, lo disegnavo su carta e poi mi mettevo a improvvisare. La mia improvvisazione veniva registrata su video, la rivedevamo con Marotti, la discutevamo con una ventina di allievi di varie facoltà di Lettere che abbiamo invitato a lavorare con noi (ecco il perché del termine "laboratorio" nel sottotitolo del nostro imminente spettacolo), finalmente la trascrivevamo: così è nato il copione dello spettacolo: •Quella che lei vede — s'avvicenda il professor Marotti, indicandomi 11 palco — è la tipica scena comica cinquecentesca codificata da Sebastiano Serlio. Avremmo potuto metterne insieme quattro o cinque di spettacoli col mate¬ riale raccolto e rielaborato. Invece tra queste semplici quinte ne presenteremo per ora uno solo, e sema un intreccio rigorosamente organico: sarà piuttosto una messa in asiane della creatività di Arlecchino: •Tu non puoi immaginare — incalza Fo, che ha l'aria dell'attore conquistato definitivamente dal professore alla sua causa — quanta e quale sia la fantasia di Arlecchino in quei scenari: come intrappoli gli avversari, come finga l'incidente, come si scateni in inganni a garbuglio, come sproloqui, come saltabecchi da un soggetto sema senso all'altro. Non c'è un Arlecchino: ce ne sono dieci, cento: è carceriere e brigante, pomicione e tartufo. Tanto per fare un esemplo, può fare una dichiarazione d'amore millantando d'essere chi non è, oppure sfottendo sema sembrare l'amata, oppure soffocando il terrore del marito in arrivo, oppure tergiversando mentre il compare deruba lei e il consorte in cucina. Ecco, cercheremo di restituire quest'ambiguità continua di Arlecchino, questa sua imprevedibile incongruema: I ragazzi che recitano con lui hanno finito l'intervallo, sono già alle prese, grazie a quattro lunghe corde, di un altissimo palo a pioli: «Que-I sto che abbiamo messo in apertura, mentre Franca-Isabella racconta una specie di antefatto, è il lasso della scala: ma ne vedrai altri, a bizzeffe. Vedi, quello che mi fa arrabbiare del professori d'università è di non averci mai spiegato come questi gag sopravvivono pari pari in tutte le forme di spettacolo cosiddette "minori", dal circo al teatro del burattini, dai clowns al varietà. Altro che roba da eruditi, l'eredità di Arlecchino è viva e palpitante: Finalmente l'Intervistatore riesce a mettere bocca tra l'allampanato ultimo Arlecchino e 11 barbuto e panciuto professore: «A proposito, a che punto siete con le prove?». •Indletrissimo — ribatte quasi offeso Darlo —, sarà il solito casino, ma stavolta con Arlecchino è d'obbligo: Guido Davico Bonino Dario Fo sarà Arlecchino: a destra uno schizzo della maschera, tracciato dallo stesso attore

Luoghi citati: Francia, Gonzaga, Gubbio, Italia, Parigi, Santa Cristina, Venezia