Gran signore con bastone e pennino di Giampaolo Dossena

"W, .A . f |.«ioì> wtotwxs «on sW»*wmI-« Ueb<m9*#- e pennino LA GUERRA, L'AVVENTURA LETTERARIA, I CELEBRI AMICI, GLI ANNI DI BAGUTTA "W, .A . f |.«ioì> wtotwxs «on sW»*wmI-« Ueb<m9*#- e pennino A Bologna, in via Barberia, su un muro di Palazzo Salina, una lapide con medaglione di bronzo ricorda Giuseppe Bacchelli, avvocato, deputato al Parlamento, presidente della Deputazione Provinciale e della Società del, Quartetto, uno dei fondatori dell'Istituto Ortopedico Rizzoli. Questo galantuomo veniva da una vecchia famiglia di proprietari terrieri e di avvocati e di funzionari papalini, seguace di Sonnino e di Minghetti. E ha un tocco in più. Ha sposato una tedesca nata a Costantinopoli, di profonda educazione musicale, Anna Bumiller, bellissima. Nella casa di Giuseppe Bacchelli e di Anna Bumiller, in via Santo Stefano 28, è ospite abituale, con gran confidenza, Giosuè Carducci. Quando in via Santo Stefano nasce il primogenito Riccardo, nel 1891, Carducci ha 56 anni, la signora Anna ne ha 33. Carducci si fa tradurre da lei le poesie di Heine e di Platen. I Bacchelli hanno anche una villa fuori porta Saragozza, la secentesca «Cipressino». Dopo il primogenito Riccardo, Anna Bumiller dà agl'avvocato Bacchelli altri quattro figli. Giorgio morirà in Russia, durante la seconda guerra mondiale. Mario, pittore, morirà negli Stati Uniti in un incidente automobilistico. Guido vivrà a Bologna fino al 1980. Beatrice, unica femmina, si separerà consensualmente dal marito, pianista, e si farà suora, mentre il marito entrerà nel gesuiti. Tutti i Bacchelli dunque vengon su bene, e in modi non banali. Han traslocato in via Arienti. Il primogenito Riccardo vlen su benissimo. Fa le elementari in casa. Frequenta il liceo Galvani, studia molto per conto suo, vorrebbe fare il geologo. Abbandona l'università al second'anno (facoltà di lettere, rapporti burrascosi col povero vecchio Giovanni Pascoli), pubblica a sue spese un romanzo nel 1911, e va a Firenze, redattore capo della Voce. E' amico di Giovanni Amendola più che di Papini e Prezeolini, ma alle Giubbe Rosse e al Paskowskl conosce tutti quelli che contano. Combatte nella prima guerra mondiale, ufficiale di artiglieria, volontario. Morisse in guerra, avrebbe la sua lapide, forse accanto a quella 'del padre. Dopo il romanzo del 1911 infatti ha pubblicato anche un volume di poesie, nel 1914, questa volta dal grande editore Zanichelli. Ma alla fine della guerra, nel 1918, il ventisettenne Bacchelli comincia una seconda vita. Si trasferisce a Roma. Già illustre fra i giovani letterati del tempo stringe subito le amicizie giuste con Emilio Cecchi, Vincenzo Cardarelli, Antonio Baldini, che hanno sette, quattro, due anni più di lui. Insieme, fondano una rivista. La Ronda, che dura dal '19 al '23. Ha in copertina un tamburino, si propone un •richiamo all'ordine», è una rivista (come dirà Bicchelli stesso molti anni dopo) «di illuminato conservatorismo artistico e un tantino politico». I rondisti Quando La Ronda cessa le pubblicazioni, i vecchi amici restano a Roma e restano •rondisti: Bacchelli ha ben altro per il capo. Lascia Roma e va a Milano. Siamo nel 1926. Comincia la terza parte della sua vita. Lavora alla redazione della Fiera Letteraria di Umberto Fracchia, in via Spiga al 24. Gira a destra in Sant'Andrea, gira a sinistra in Bagutta e va a mangiare in una piccola trattoria toscana, posto da muratori, senza tovaglie, dal •sor Peport-. La trattoria di via Bagutta diventerà per merito di Bacclielli la più famosa di Milano. Qui nascerà, presidente Bacchelli, il primo premio letterario d'Italia (1927). Da via Bagutta, dopo cena, Bacchelli attraversa via Manzoni e va pian plano verso casa, chiacchierando con gli amici. Orio Vergani, Adolfo Franci, Gino Scarpa, Marino Parenti, Mario Alessandrini... La sua figura si è fatta imponente, porta un monocolo all'occhio sinistro, si va stempiando. Abita poco lontano, in via San Marco. Nel cuore di questa vecchia città acquatica italiana che si sta trasformando in metropoli europea di asfalto e cemento, Bacchelli trova il meglio di sé. Nel 1927 esce a Milano il suo primo grande romanzo storico. Il diavolo al Pontelungo. Il vecchio amico •rondista- romano, Antonio Baldini, capisce che Bacchelli ha voluto cambiar strada. Già «gran signore delle lettere», apprezzato dal letterati, ora Bacchelli vuole conquistare anche «11 pubblico della domenica», «quello chs mangia semi e batte le mani». Per fortuna, dice il .rondista» romano, questa deviati te ambizione del Bacchelli milanese sarà frustrata. Il •rondista- romano si sbaglia. Comincia col Diavolo al Pontelungo fa fortuna popolare di Bocchelli, che culminerà nel '38-40 coi tre volumi del Mulino del Po, il libro suo più famoso, che avrà trasposizioni cinematografiche (1948) e televisive (1963). Appena uscito, fu messo sugli altari, con incensi di Benedetto Croce e di Gianfranco Contini, ma la gente non si lasciò intimidire. Col Mulino del Po Bacchelli è definitivamente uno scrittore arrivato, un personaggio pubblico, un elzevirista conteso. Scrive su La Stampa e sul Corriere, e anche sulla Domenica del Corriere, e anche su Novella e La lettura e La Nuova Antologia. Scrive novelle e scrive per il teatro, scrive di storia e di musica, scrive libri di viaggio e biografie, fa edizioni di classici annotate e traduce. E'potente. La sua figura si attesta sui US chili. Maneggia una canna da passeggio solo per vezzo. Porta sempre una cravatta a farfalla. Ha sostituito il monocolo con occhiali cerchiati in tartaruga. Frequenta ancora Bagutta, ma è ormai un personaggio che si siede sotto il proprio ritratto. Anche il modo di scrivere di Bacchelli entra nella leggenda. Sedendo al tavolo di lavoro indossa una vestagliona rosso-scuro. Fuma come un turco. Ha cominciato a 13 anni, non di nascosto: chiedendo il permesso al padre. Fuma tabacco nero arrotolandosi le sigarette con le cartine. Nel far ciò è abilissimo. Fuma e scrive. Usa cannucce d'argento sottili, prendendole da un portapenne a forma di cane bassotto. Sulle cannucce infilza pennini inglesi, marca 'Perry-, numero 27. Fuma, e scrive su fogli protocollo da notaio, di buona carta pesante, rigata. Scrive sui tre quarti del foglio, lasciando un margine sulla destra per correzioni e aggiunte, ma corregge pochissimo. Scrive con calma, ordinatamente. Dirà: «Scrivere a mano è un vedere crescere plasticamente la propria frase. Naturalmente, per questo, bisogna avere una bella grafia. Ossia: bisogna averla studiata. Io appartengo a quella generazione che ha studiato calligrafia. Da bambino facevo le aste». Scrive una trentina di fogli protocollo al giorno. Il mulino del Po è scritto su circa 2000 fogli. Ha traslocato da via San Secondo in Corso di Porta Nuova, pochi isolati più in là. Arriva le. nomina a Accademico d'Italia. Arriva la guerra. Arrivano i bombardamenti del '43. La casa viene distrutta, col manoscritto di un romanzo incompiuto e i manoscritti di studi sul Machiavelli. Sfollamento in casa di amici, in una villa veneta. Arriva la Repubblica Sociale Italiana. Bacchelli dà le dimissioni da Accademico d'Italia, ma siamo già al '44-45. Cento libri Nel '45 Bacchelli torna a Milano, torna a Bagutta, prende una nuova casa sempre nello stesso quartiere, in via Borgonuovo, forse la via più signorile della città, ben più signorile della via Bigli dove si installa Eugenio Montale. Bacchelli ha sempre avuto un'automobile (la prima nel 1910, a diciannove anni). Ora ha una Mercedes Diesel, nera. Agli occhiali, al bastone, alla cravatta a farfalla, ha aggiunto un cappello duro, inglese. Milano cambia. Alfa trattoria di Bagutta si vengono contrapponendo altri ritrovi, per altre generazioni, altre tendenze. Il bar Giamaica presso Brera, la Casa della Cultura in via Borgogna. Bacchelli passa attraverso i decenni come se nulla fosse. Dopo Ceschina, dopo Rizzoli, il suo editore è Mondadori. La casa editrice Ceschina scompare; Bacchelli no. Nascono nuove case editrici impensate, Feltrinelli, Adelphi. Bacchelli continua a scrivere per il suo pubblico degli Anni 30, e per se stesso. Da Mondadori continua a uscire quasi un suo libro nuovo all'anno, ma soprattutto escono le edizioni popolari, nel -Pavone-, nella •BMM-, e finalmente negli -Oscar-. Bacchelli è tra i primissimi autori italiani a far tutelare i suoi interessi d'autore da un agente letterario, Erich Under. Solo verso la fine degli Anni 70 Bacchelli comincia a rallentare il suo ritmo di la-, voro. Comincia ad accusare disturbi circolatori. Il bastone comincia a servirgli d'appoggio. Comincia a dover seguire una qualche dieta. Comincia a affievolirsi il reddito dei suoi cento libri. L'impresa mondadorìana di edizione critica di Tutte le opere di Riccardo Bacchelli si arena. Nell'autunno del 1980 Bacchelli, dopo aver passato le acque a Salsomaggiore come gli anni precedenti, non può tornare in Borgonuovo, deve chiudersi in una clinica di via Lamarmora. Non può pagare la retta e l'assistenza speciale delle infermiere, che devono accudirlo giorno e notte. Il Comune di Milano si accolla le spese. Le spese crescono, Bacchelli non muore. Si parla di dargli un Sposto al Senato. Si parla di \dargli una pensione di Stato. Per dire queste cose, si mette Bacchelli in prima pagina sui quotidianiQuesta quarta parte della vita di Bacchelli è stata molto triste, ma Bacchelli probabilmente non ne ha sofferto. Il suo spirito era già altrove, ci aveva lasciato prima che il suo cuore cessasse di battere. Tutto ciò confonde le idee ai giovani, che si stupiscono di apprendere come Bocchelli sia morto solo «ai piornf nostri-. Per loro, era un romanziere milanese degli Anni 30, era un romano della Ronda, era un fiorentino della Voce, era un bolognese dei tempi di Carducci. A Bacchelli tali stupori e tali confusioni non sarebbero spiaciuti. Giampaolo Dossena Riccardo Bacchelli con Eugenio Montale a un premio Bagutta (Archivio «La Stampa»)