Il «buffo roditore» di Darwin

Il «buffo roditore» di Darwin Il «buffo roditore» di Darwin Dal prossimo nume-, 10 di «Airone» (Giorgio Mondadori editore) anticipiamo alcune ! parti di un articolo ri- ' guardante II capibara, 11 più grande dei roditori viventi. IN Venezuela si consumano migliala di quintali di bistecche di capibara: la maggior parte, 500.000-800.000 chili all'anno, viene servita a tavola durante la settimana San-: ta, perché la tradizione lo-: cale vuole che questa carne sia considerata «di magro». L'ennesima specie che rischia l'estinzione? Forse no. Anzi, sembra che la scoperta di questi roditori come animali da macello possa addirittura rappresentare una garanzia per la loro so , pravvlvcnza e anche per la| conservazione di uno degli ambienti naturali più peculiari del mondo: i llanos venezuelani. Vedremo poi perché. Il capibara (Hidrochoerus hidrochacris) è il più grosso roditore vivente ed è oggi al centro dell'interesse di parecchi studiosi. Ma quando Darwin lo incontrò nel COlHl -I-li '-»»"««>^ ... più efficienti nel convertire l'erba In carne. In cifre: 35 capibara su un chilometro quadrato producono 2700 chili di biomassa in un anno; di questi, il 30 per cento può essere «raccolto» senza che la popolazione abbia a rlsen-. Urne (contro 11 10 per cento del bovini), a patto di rispettare certe regole: risparmiare femmine gravide o con prole, e i giovani al di sotto del 20 chili. E se sono preziosi 1 capibara, diventa importante mantenere intatti i llanos, invece che tentare di adattarli a tutti i costi all'alleva^ mento del bovini, magari bonificandoli. Alcune migliala di capibara uccisi in cambio di una nuova risorsa alimentare e della conservazione di 200.000 chilometri quadrati di savana e palude, assieme agli ibis, 1 cavalieri d'Italia, i becchi a forbice neri, 1 caracarà, gli avvoltoi neri, i formichieri, i serpenti, le tartarughe. 1 cani e i gatti selvatici, 1 pipistrelli: questo il baratto, che oggi molti considerano accettabile. Maddalena Jahoda so del suo viaggio intorno al mondo non trovò di meglio che definirlo semplicemente «buffo»; anche Humboldt, nel 1800, ne fu incuriosito e, In particolare, notò clic il modo di nuotare ricordava quello del cani; pure Linneo, Infine, se ne era occupato: lo riteneva un maiale, più precisamente un «maiale d'acqua». Una classificazione ancora più fantasiosa la fornirono I cattolici sudamericani che considerarono l'animale, strettamente legato àli'ha-i bltat acquatico, un pesce. La specie, l'unica della famiglia degli idrocherldi, è diffusa in gran parte del Sudamcrlca, dalla Gulana al bacino, del Rio della Piata in Argentina, attraverso il Brasile e la Bolivia; vive di preferenza fra la vegetazione tropicale, sempre in prossimità dell'acqua: lungo i fiumi, sulle rive di laghi, paludi e piccole pozze. Ma la si trova anche in un ambiente molto diverso: i llanos del Venezuela, le vaste pianure erbose che si estendono piatte e uniformi alla sinistra dell'Orlnoco fino al piedi delle Ande,. Proprio nel llanos, dicono I ricercatori, sta il futuro del capibara: se le loro previsioni sono giuste potrebbe essere stata trovata una soluzione di compromesso tra uomo e natura, una volta tanto vantaggiosa per entrambi. Ecco di che cosa si tratta. Gran parte delle pianure del Venezuela sono suddivise tra 1 grandi ranch tradizionalmente impostali sull'allevamento del bestiame. Ora, si è scoperto recente-' mente che è molto più redditizio concentrare l'interesse sul capibara invece che sul bovini. Questi ultimi vengono infatti allevati tra mille difficoltà e con una resa relativamente bassa in un ambiente in. cui una stagione secca e una di inondazioni si avvicendano drammaticamente e né un . estremo né l'altro sono l'ideale per i pascoli. I capibara invece vi prosperano benissimo da sempre; oltretutto i ricercatori hanno appena stabilito che la loro resa come erbivori è superiore a quella di pecore, conigli e bovini: in altri termini, i grossi roditori sono Un Cntnlicrc d'Italia nel suIL primo segnale di allarme è giunto da Orbetello, l'oasi toscana del WWF che guarda 11 Monte Argentarlo. Qui esisteva una fitta colonia di Cavalle-, ri d'Italia ma negli ultimi due anni pochissime coppie hanno nidificato. Un calo del 50 per cento ha colpito anche altri Paesi come la Francia e 1 Balcani, dove il Cavaliere d'Italia, si ferma per nidificare di ritorno dall'Africa, dove sverna. Che cosa ha provocato questa flessione? La risposta verrà forse da un gruppo di ricercatori che, guidati dall'ornitologo francese Philip Dubols e per conto del Wader Study Group (gruppo di ricerca dei limi¬

Persone citate: Cavalle, Giorgio Mondadori, Humboldt, Linneo, Maddalena Jahoda