Al femminismo ora piace l'umorismo di Lietta Tornabuoni

Libri fumetti e incontri a Milano sulla donna e il sorriso Libri fumetti e incontri a Milano sulla donna e il sorriso Al femminismo ora piace l'umorismo SCRITTRICI che fanno ridere (volontariamente, si capisce) ce ne sono, oppure la comicità non si addice alle donne? L'umorismo è anche femminile, oppure è un genere letterario, un'attitudine, un esercizio intellettuale impraticabile o poco praticato dalle donne? Come succede che le donne', capacissime nella chiacchiera di ridere di sé e delle altre, quando scrivono si prendono spesso atrocemente sul serio? Come sarà che nell'espressione artistica, letteraria o grafica, l'ironia femminile è soprattutto sferzante, e provoca amari sogghigni più che sorrisi o risate? Per riflettere su slmili dilemmi, la femminista Libreria delle Donne di Milano organizza un Mese dedicato all'umorismo, all'ironia e al grottesco nei libri delle donne, che s'inaugura giovedì 19 settembre con un incontro con Camilla Cederna. Altri tre incontri, sempre di giovedì, riserveranno piccoli spettacoli, pezzi di teatro, happenings; contemporaneamente, una mostra di autrici di fumetti, intitolata con un tocco di patetico «Anche le donne sorridono», viene ordinata in quel ristorante gestito da donne e riservato esclusivamente alla clientela femminile battezzato, con la definizione della chiacchiera in milanese. -Cicip e Ciciap-. Il gruppo di libri e di scrittrici scelto e messo in mostra per l'occasione dallu Libreria delle Donne può anche suscitare sorpresa e sconcerto. Si capisce l'inclusione di autrici come Brunella Oaspcrlni, Luisella Fiumi o Eva Bom- beck («Se la vita è un piatto di ciliegie., • Solo il budino ascolta i miei sospiri ■ J. spesso abbastanza comiche nella descrizione lepida di quadretti di vita quotidiana famigliare o domestica, per lo più scritti per i rotocalchi femminili e raccolti poi in volume. Ma con Ivy Compton Burnett oppure Gertrude Stein de/fVAutoblografla di Alice B. Toklas. c'è davvero dà ridere? E con Jane Austen di «Orgoglio e pregiudizio.., di «Amore e amicizia.? Pare assai forzato far rientrare nella categoria dell'umorismo Natalia Ginzburg con «Lessico famigliare, o «Caro Michele.., Barbara Pimm con «Donne eccellenti». I bellissimi «Piccoli raccon- «La scelta dei libri e delle autrici può sembrare stravagante, è vero», dice u?ia delle organizzatrici, la saggista e docente universitaria Luisa Muraro. Ma, spiega, il problema è naturalmente un altro. Produzione culturale, tradizione e pratica femminista hanno sempre usato l'ironia, il grottesco e più raramente la comicità contro gli uomini e contro la civiltà degli uomini. Hanno sempre riservato alle donne un atteggiamento patriottico, acritico o giustificazionista che escludeva la minima riserva come il più pallido sorriso, che spesso considerava l'autoironia come un resa o un'intesa col nemico, elle a volte opponeva alla cultura misogina l'autoesaltazione. che giudicava come detrattrict o traditrici del proprio sesso quelle autrici capaci di ridere di sé e delle sorelle. Bene. Adesso tutto è cambiato? Adesso si tratta di dare una legittimazione femminista alla misoginia femminile, di rivalutare le donne che parlano (scrivono) male delle donne? «No. Si tratta di riconoscere che per procedere nel nostro pensiero abbiamo bisogno dell'ironia femminile intema, del senso grottesco e ironico che le donne hanno di se stesse. La capacità di ridere e di non prendersi sul serio può aiutare a stabilire le distanze, dare sollievo. Questa capacità di ridere, che può essere anche feroce senza essere sprezzante, che esiste nelle donne, cerca forme espressive per potersi esercitare: la riflessione sul gruppo di autrici che abbiamo scelto è già un inizio.. ti di misoginia, di Patricia Highsmith sembrano più sinistri che comici; i libri di Natalia Aspesl sui rapporti di coppia («Lui visto da lei., .Vivere in tre-) sembrano più pamphlets che farse, destinati a suscitare consapevolezza e ribellione più che sorrisi e risate. E Dorothy Parker, Irene Brln, Camilla Cederna o Claire Bretécher coi suoi disegni sono piuttosto classiche autrici di letteratura di costume. La scelta indurrebbe allora a pensare che. anche per tutte le possibili ragioni storico-sociali, tra comicità e donne il legame sia tenue o inesistente: che almeno in Italia le donne capaci di far ridere (volontariamente, si capisce) siano attrici più che scrittrici e siano oggi anche molto poche, Franca Valeri. Franca Rame. Livia Cerini, mentre Monica Vitti, un tempo Mariangela Melato, Lucia Poli, Marina Confatone o Monica Scattini sono interpreti di testi comici scritti per loro da altri, quasi sempre da uomini. Si potrebbe pure, più semplicemente, pensare die l'iniziativa della Libreria détle Donne sia volontaristica, velleitaria pppure pretestuosa. Illuslr.ì/ione di Clairc Brctccher Lietta Tornabuoni

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