Figli del Sessantotto dove andate?

A17 ANNI DALLA CONTESTAZIONE STUDENTESCA: COS'P RIMASTO, COSA CAMBIA A17 ANNI DALLA CONTESTAZIONE STUDENTESCA: COS'P RIMASTO, COSA CAMBIA Figli del Sessantotto dove andate? I gióvani di allora erano ciechi e sprovveduti. Quelli d'oggi sanno meglio affrontare la nuova società Pasolini fu inascoltato. Si cerca un altro profeta in grado di capire Molti sociologi italiani, entrati nell'università grazie al Sessantotto, sono attualmente impegnati a studiare 1 giovani. C'è chi 11 studia con l'obiettivo di cercare tra loro Improbabili protagonisti di nuovi movimenti; chi si limita a constatare che ogni passione politica è spenta. Nascono da queste ricerche le contrapposizioni di cui si legge sul giornali: la generazione del '68 era animata da forti tensioni politiche, quella attuale è appiattita sul temi del privato, divisa tra chi nutre aspirazioni di carriera e chi coltiva la propria marginalità tra droga, lavoro nero e disoccupazione. Ho forti dubbi che questa rappresentazione della condizione giovanile corrisponda alla realtà: 1 giovani che fecero 11 '68 furono, Infatti, una piccola minoranza nlent'affatto rappresentativa dei sentimenti e delle aspirazioni della generazione alla quale appartenevano, i a contestazione studentesca non avrebbe avuto gli effetti sconvolgenti che ebbe, non sarebbe mal diventata mito, se non si fossero avute quelle aperture della classe politica che con sentirono al portatori della mitologia sessantottesca di entrare, in massa e precocemente, nelle scuole e nelle università, nei giornali e nel mass-media senza dover superare prove ed esami alle quali In tutto il mondo si sottopongono coloro che aspira no al lavori intellettuali di grado elevato. Anche partiti e sindacati soprattutto nella sinistra, reclutarono i loro quadri tra i cosiddetti leader della contestazione nella Illusione che fossero capitani e colonnelli di nuovi eserciti di militanti e di elettori. Tale Illusione è durata a lungo perché ' le complicità — Ideologiche e di classe — hanno a lungo mascherato o reso nebulosa la realtà del fatti. Il '68 è cosi diventato per una generazione di intellettuali, o pseudo-tali, quello che per altre generazioni sono state le guerre e le lotte partigiane: un mito che legittima Itinerari biografici e carriere. La «campagna del Sessantotto» ha cosi prodotto i suol reduci, con mutilati e invalidi ai quali una pensione non si può negare.. Con l'aggravante che le pensioni, in questo caso, hanno consentito a molti «redu ci - di continuare a far danno alimentando in mille modi 1 miti sessantottesca nelle scuole e nelle università, nei giornali e nei mass-media, nel partiti e nel sindacati. Come ognuno può constatare e come sempre di più si è di sposti ad ammettere; anche perché, col patsar del tempo, non pochi reduci si sono rav< veduti di fronte a un corso degli eventi ben diverso da quello immaginato o sperato. Questa precisazione è necessaria per evitare di confrontare ciò che sappiamo dei giovani di oggi con le mitologie del Sessantotto che misero in ombra ciò che realmente stava accadendo in quegli anni tra le masse giovanili che si affacciavano per la pri¬ ma volta sullo scenarlo di un'Italia in grande trasformazione senza che nessuno le avesse preparate ad affrontare e a capire 11 senso di tale trasformazione. Da questo punto di vista 1 giovani di oggi sono più consapevoli dei loro fratelli maggiori: non hanno più, dietro le spalle o dentro la testa, le Illusioni di chi allora pensava ancora in termini di «Italietta> o di chi li incitava a' improbabili rivoluzioni. I giovani di oggi sono figli del mass-media e del consumismo, più che del loro genitori, ignorano il senso della competizione, che la scuola non ha loro trasmesso, ma sanno di vivere in una società moderna e altamente differenziata. Non hanno avuto maestri nel senso proprio del termine ma hanno dovuto imparare, con difficoltà, a costruirsi una loro personalità mediando tra opposte tendenze e rischiando la schizofrenia. Hanno un rapporto forte con la tecnologia e la scienza, sono armati di buona volontà e hanno voglia d'Imparare, se solo riescono a trovare qualcuno disposto a insegnare. Sono assetati di certezze, di quelle certezze concrete e minute che alimentano la vita di tutti 1 giorni. Possono apparire ingenui e disarmati, un po' come gli americani sono apparsi per decenni ai sofisticati osservatori europei. Ma dietro tale facciata si può intravedere, se la si sa cogliere, una realtà assai meno bizzarra e lunare: la realtà psicologica di chi è cresciuto a contatto con mondi vitali più complessi di quelli delle precedenti generazioni. A me pare che la generazione del Sessantotto era composta da giovani ciechi e sprovveduti mentre quella attuale è armata di un'esperienza di vita che la rende più adatta a competere nella nuova società che è venuta alla luce. Giovanni Bechelloni Nacquero In un'epoca, il Sessantotto, in cui sembrava che anche la cicogna avesse le ali colorate di rosso. Allora I giovani di diciotto anni cercavano la rivoluzione, occupavano le Università, volevano l'immaginazione al potere. Poi tutto è finito. La polvere si è accumulata sulle bandiere, Il rosso si è sbiadito, e il tempo ha dimostrato che le ali delle cicogne non avevano colore. I contestatori di allora non hanno avuto eredi: I giovani nati nel Sessantotto hanno oggi diciassette anni, non pensano alla rivoluzione, non sanno che farsene dell'Immaginazione al potere. Eppure un profeta lo aveva detto. Il profeta di quella generazione aveva capito e ammonito. Anche se la sua voce era stata un grido nel deserto. I contestatori non avevano creduto alle parole di Pier Paolo Pasolini: attenti, la vostra è una falsa rivoluzione, l'esito tinaie sarà la sconfitta. Un'analisi fatta da Pasolini in articoli e saggi, una denuncia che scatenò contro di lui un esercito di nemici. Nei versi Intitolati Poesia della tradizione, scriveva: -Oh sfortunata generazione I piangerai, ma di lacrime senza vita l perché forse non saprai neanche riandare l a ciò che non avendo avuto non hai neanche perduto SI riferiva alla distruzione dei valori, a quel rifiuto del passato che ' sarebbe finito con l'approdare a un tunnel senza vie di uscita. Un'analisi lucidissima. -Sono cambiati I valori del Potere borghese — scriveva Pasolini In seguito alla seconda rivoluzione industriale che ha trasformato II vecchio capitalismo in una torma assolutamente nuova, inedita, Inaspettata, imprevedibile di capitalismo —. Che tipo di uomo vuole II nuovo Potere, Il Potere della seconda rivoluzione Industriale? Non vuole più che l'uomo sia un buon cittadino, non vuole più che sia un buon soldato, non vuole che sia una persona onesta, previdente eccetera. Non vuole che gli uomini siano tradizionalisti e nemmeno religiosi. Il Potere vuole che l'uomo sia semplicemente un consumatore. «E allora — continuava Pasolini — riprendiamo l'elenco che ho fatto prima. I rivoluzionari e I contestatori del Sessantotto volevano essere del buoni cittadini? No. Volevano essere dei bravi soldati? No. Volevano essere delle persone oneste, perbene e previdenti? No. Volevano essere del tradizionalisti? No. Volevano essere dei buoni cattolici e del bravi religiosi? No*. Conclusione di Pasolini: 'li Sessantotto ha alutato il nuovo Potere a distruggere quel valori di cui il Potere voleva liberarsi*. E' l'uccisione del passato. I contestatori come becchini, che aiutano Il Potere (che Pasolini scriveva sempre con la maiuscola) a dare definitiva sepoltura a quei valori che per più di vent'anni avevano tenuto In piedi manetta contadina e pre-industriale. Distruzione di valori. Ma per sostituirli con che cosa? Questo fu il rimprovero che il profeta Pasolini rivolse a quella generazione: -Oh generazione sfortunata! l Che nell'Inverno del 1970 usasti i cappotti e scialli fantasiosi... la lotta di classe vi cullò e vi Impedì di piangere*. Quella generazione non gli diede ascolto. GII intellettuali di grido, schierati con i contestatori,' lo accusarono di tare il gioco -della forze moderale e conservatrici». Ma Pasolini era ormai abituato alle accuse. Accadde anche quando pubblicò quel versi Intitolati // pei al giovani. Il 1° marzo 1968, sui viali di Valle Giulia, a Roma, gli studenti universitari si scontrarono con la polizia. Caroselli di camionette, fughe, lanci di lacrimogeni. Una vera e propria battaglia. Il giorno stesso Pasolini prese in mano la penna e si mise a scrivere: «Quando Ieri a Valle Giulia avete fatto a botte l con I poliziotti l io simpatizzavo con I poliziotti! I Perché I poliziotti sono figli di poveri, i Vengono da periferie, contadine o urbane che siano*. E rivolto agli studenti: .Avete facce di tigli di papà i vi odio come odio I vostri papà I buona faccia non mente l avete lo stesso occhio cattivo*. Gli studenti erano per Pasolini I figli del ricchi: i poliziotti i figli dei poveri. Lui stava con questi ultimi. Qualche tempo dopo, sull'Espresso chiari: -Per questo provoco i giovani: essi sono presumibilmente l'ultima generazione che vede degli operai e del contadini: la prossima generazione non vedrà Intorno a sé che l'entropia borghese*. Era la sua denuncia. Un Potere che tutto appiattisce e tutto travolge, che distrugge i vecchi valori e le vecchie culture per imporre un unico idolo: il consumo. La generazione che nel Sessantotto voleva la rivoluzione disprezzò allora le profezie di Pasolini. Oggi la generazione nata nel Sessantotto che non vuole la rivoluzione, cerca un profeta che sia in grado di capire. Mauro Anselmo

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