Stroheim, il potere dello sguardo di Gianni Rondolino

Stroheim, il potere dello sguardo Il centenario del grande regista-attore, re nel cinema hollywoodiano degli Anni 20 Stroheim, il potere dello sguardo Il creatore di personaggi indimenticabili ha avuto quest'anno, come unico omaggio, la versione ricostruita di «Queen Kelly» Se i centenari hanno ancora un senso e possono svolgere una loro funzione memoriale, quello della nascita di Eric von Stroheim — che cade il 22 settembre — avrebbe potuto essere l'occasione d'una grande e completa retrospettiva che Inquadrasse finalmente l'opera del grande attore e regista in una più corretta e documentata dimensione storica e critica. Invece ci si è accontentati, prima al Festival di Berlino poi alla Mostra di Venezia, di presentare la versione ricostruita dell'incompiuto Queen Kelly, un film che Stroheim aveva iniziato a girare nel 1028 e dovette ben presto interrompere per gli Insanabili conflitti con la produzione. Azione certamente lodevole, ma indubbiamente insufficiente per un degno ricordo del regista, anche perché passata quasi del tutto inosservata dal pubblico e dalla critica (almeno a Venezia). Stroheim merita ben di più. Non soltanto perché ha saputo creare una galleria di personaggi indimenticabili — tanto che ancor oggi la sua figura rigida, imbustata nella divisa d'ufficiale, dominata da un volto che esprìme al tempo stesso disgusto e arroganza, è l'emblema stesso del militarismo completo e corrotto —; ma anche perché ha dato al cinema uno del suoi elementi fondamentali: 11 potere dello sguardo. La capacità, cioè, di mostrare sullo schermo una ««alta «più vera del vero», quasi intollerabile nella sua concreta fisicità. Era nato a Vienna nel 1885, da una modesta famiglia d'origine ebraica, ed era emigrato In America verso il 1909. E fu negli Stati Uniti che Stroheim. come molti altri eml granii europei, si affermò nel mondo del cinema, prima come attore e assistente del grande Griffith, poi come regista in proprio. Alternando, o meglio combinando sapientemente il mestiere di attere e quello di regista, egli imporre se stesso e ». ">i f in una Hollywood ohe . ti m sa attraversando il suo periodo più fulgido e creativo, fuori delle convenzioni dello spettacolo codificato e del condizionamenti della censura. Sicché, nonostante le contir e e spesso irreparabili rotare coi produttori, causate I dalla sua irruenza, dispendio sita, stravaganza — e soprat¬ tutto dal contenuto eversivo dei suol film —, egli riuscì a dominare il cinema americano degli Anni Venti, lasciando un'eredità artistica di straordinario valore. Già in La legge della montagna, 11 suo primo film del 1919, il suo sguardo indagatore, spesso anche cinico e cru- dele, si posava su uomini e cose mettendone In luce i risvolti inconsueti o grotteschi, a volte persino ripugnanti. Ma è con Femmine folli (1921). e poi con Rapacità (1924) e poi ancora con Sinfonia nuziale (1926-28) — per tacere degli altri film per lo più massacrati dalla produzione — che l'osservazione del reale si fa più acuta, pungente, addirittura tagliente. I suol personaggi — perché il suo cinema è stato soprattutto un cinema di personaggi, più che di storie o d'ambienti — è come balzassero tutti interi dallo schermo col peso della loro- - «presenza» drammatica. Il suo stile, cadenzato su lentissimi e indagatori movimenti di macchina, su un ritmo di montaggio plano e quasi Inavvertibile, è come si annullasse nella corposità dell'immagine. Ed è sull'Immagine, perfettamente calibrata sul personaggio, che Strohejm attore e regista costruì la sua fama di grande realista del cinema. Quando dovette abbandonare Hollywood e contentarsi di recitare sotto la direzione altrui (mori «in minore» nel 1957 in Francia), egli non abbandonò il suo realismo, che trasfuse in quella galleria di personaggi che il pubblico seppe al tempo atesso amare e odiare. Basti ricordare, per tutti, l'indimenticabile Maggiore von Rauffenstein della Grande illusione di Renolr, una delle creazioni' più Intense della sua carriera d'attore. Ma almeno altri dieci personaggi andrebbero ricordati Ed è in questo ricordo che la figura di Eric von Stroheim ci appare ancor oggi centrale nella storia del cinema mondiale. Gianni Rondolino Stroheim in una scena di «Femmine folli» del 1921, uno dei film più significami del regista-attore

Persone citate: Eric Von Stroheim, Griffith, Queen Kelly

Luoghi citati: America, Berlino, Francia, Stati Uniti, Venezia, Vienna