Bisogno di mistero di Sergio Quinzio
Bisogno di mistero DIETRO IL RITORNO DEL SACRO Bisogno di mistero Se ha perso un po' di voga,' perché alla ribalta ormai da parecchi anni, il tema del «ritorno del sacro» nell'Occidente moderno non ha perso però di attualità. Le nostre città, e le cronache ogni tanto ce lo ripropongono, sono punteggiate da attivi e variopinti gruppi di proseliti di più o meno esotiche religioni antiche e nuove; ma anche all'interno dei confini istituzionali cattolici, e delle altre Chiese cristiane, c'è una vitalità che qualche decennio or sono sarebbe stata inimmaginabile. Per la verità il «ritorno del sacro», fenomeno che appena apparso poteva sembrare destinato a divampare ed estendersi a dismisura, ha ormai rivelato, a quel che pare, le sue tutto sommato modeste dimensioni. E' pur sempre una minoranza quella che davvero si riconosce in una convinzione e in un culto religiosi: anche se possono avere qualche ragione i sociologi come Peter Bcrgcr e Thomas Luckmann, che vedono sopravvivere quella che sarebbe l'insopprimibile esigenza religiosa dell'uomo in forme nascoste, non più pubbliche ma private. Il rapporto dell'uomo contemporaneo con la religione è ambiguo e confuso. Sotto la coltre compatta dell'indifferenza dei più affiora qua e là un fondo in- cui si mescolano cose diverse: bisogno di mistero, disagio o anche pena di non credere, dispetto di fronte a qualcosa che dovrebbe essere stramorto ma che continua tuttavia a intrigare, nostalgia per una sublimità perduta, paura per la perdita di verità e ordine assoluti, ammirazione o anche invidia per l'autorità e il potere che circondano ancora i vecchi pulpiti. Questa confusa ambiguità che si può scorgere nel costume contemporaneo ha le sue individuabili radici culturali. Come tutto del resto: la droga che nel secolo scorso e agli . inizi di questo seduceva gli in""tcllcttuali più ò mèrlo 'iW"cH»i ,,pggi tenta le masse dei giovani nelle periferie urbane e persino in paesi sperduti. Giovanni Filoramo, che insegna storia delle religioni a Torino ed è noto per i suoi lavori sulla gnosi, ha dedicato il suo ultimo libro — Religione e ragione tra Ottocento e Novecènto, edito da Laterza — ai tentativi di interpretazione razionale dell'esperienza religiosa che si sono succeduti dall'illuminismo fino alle soglie del dibattito attuale. Quello che emerge anzitutto, attraverso le pagine di un libro che vuol documentare le tendenze interpretative e non proporre una tesi risolutiva, è appunto, dirci, l'inadeguatezza ■dei diversi tentativi, in definitiva il loro fallimento, l'inca¬ pacità di cogliere l'oggetto al quale si applicano. Filoramo non fa nulla per nascondere «la situazione ai stallo in cui si trova attualmente lo studio scientifico della religione». L'idea illuministica, e poi positivistica, era di interpretare scientificamente ogni aspetto della natura umana, risolvendo quindi anche i contenuti della religione in termini razionali, e per ciò stesso riducendo la religione a ragione. Si arriva, per questa via, a Marx ed Engels. Ma verso la fine dell'Ottocento la crisi antipositivistica e anticvoluzionistica cominciò a intaccare questo quadro di riferimento. Anche contro le intenzioni, in autori come Durkheim, Weber, Freud, l'e- riacquista così il suo autonomo valore, e si affianca come ambito di ciò che è notturno, e nel mistero sana i conflitti e placa la ricerca ritornando, a certezze antiche, alla diurna esigenza della chiara, ma ahimè sempre conflittuale, spiegazione razionale. Attraverso Rudolf Otto, Gcrardus van dcr 1/rcuw, Joachim Wach, Cari Gustav Jung, attivi fino intorno alla metà de! Novecento, Filoramo ci mo stra con l'imparzialità delle storico il ritorno, e in sostanza il prevalere, del religioso. In questi autori, infatti, si va più meno esplicitamente dal tentativo di spiegazione scientifica alla reimmersionc nelle immemorabili categorie del «sacro». Da scienziati essi tendono a ridiventare teologi. Il solco è così preparato per l'attuale diffuso costume del «ritorno del sacro». Proprio per questo le stesse velleità e incertezze che abbiamo visto segnare la moderna riflessione critica sul dato religioso, facendola oscillare precariamente dall'estremo della riduzione della religione a ragione a quello opposto del ridissolvimento della ragione nella religione, si riflettono e si riproducono in atteggiamenti che sono largamente' presenti nel costume odierno. E il «ritorno del sacro», quindi, non può che portare con si i difetti e le insufficienze dell'approccio tentato in precedenza dalla ricerca colta più esigente. Non fa che ripercorrerne la via: quello che a prima vista appare come un rifiuto della cultura del proprio tempo ne è in realtà la conseguente applicazione. La ragione, applicatasi a fagocitare la religione, si direbbe che abbia finito addirittura per esserne fagocitata. O si dovrebbe dire, piuttosto, che si sono fagocitate a vicenda, confondendosi l'una nell'altra: ma anche questo ci segnala comunque che siamo ormai molto lontani dalla originaria pretesa di chiarire tutto in lineari, termini „di «ragione scientifica»." Probabilmente, il difetto fondamentale d'impostazione, che rende impossibile pervenire a risultati, stava già all'inizio, e ancora permane. Assumere il termine «religione» nella sua astratta generalità era già un'operazione deformatricc della ragione: la realtà non conosce la «Religione», ma solo positive religioni, anche radicalmente diverse e incommensurabili tra loro. Ma ormai dovremmo aver imparato anche che la realtà conosce diverse «ragioni», non però quella utopica «Ragione» totalizzante che voleva, ma è cosa di ieri, abolire o annettersi l'esperienza religiosa dell'uomo. 0 _ . Sergio Quinzio
Luoghi citati: Torino
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