Chet Baker, l'anima del grande jazz
Chet Baker, l'anima del grande jazz Per Settembre Musica un concerto con ampio programma del trombettista americano Chet Baker, l'anima del grande jazz Ospite della serata Toots Thielemans -\a due stars associate per fare show - Hanno anche suonato «Estate» di Bruno Martino TORINO — Dopo 11 concer- ' io (jazz) in forma di opera tenuto la scorsa settimana da Friedrich Guida, qualcosa di. autentico abbiaJiio invece ascoltato l'altra sera all'Auditorium. Con Chef Baker, la musica afroamericana a Set-' tembre Musica riprende subito quota. Per una folla attenta e' pronta all'applauso, il trombettista americano ha presentato, un programma, .ctjnpio nelle scelte dei iéyfi, varia*, mente interpretati sia alla tromba che con la voce, prò-, ponendo un piccolo complesso (il trio) che ci pare esprima al meglio il mondo, la poetica talvolta crepuscolare del leader. Con Philip Catlierine alla chitarra e Jean-Louis Rassenfossc al basso, Chet Baker ha ridotto al minimo la propria orchestra preferendo l'essenziale al superfluo per trovare la strada più diretta nella direzione della semplicità. Quella semplicità die caratterizza la sua musica, così scarna, schiva, un simbolo da oltre trent'anni, una l'Ita, un capitolo della storia del jazz. Una storta che con il transitare degli stili Ita sempre e comunque segnalato l'antagonismo dt trombettisti bianchi e neri: Louis Armstrong e Bix Beiderbccke, Roy Eldrldge e Bunny Berigan, Miles Davis e, appunto, Chet Baker. Oggi Davis si fa i fatti suol percorrendo un tracciato che dovrebbe condurlo tra i primi nelle Hit Parade internazionali; si è — come si dice — compromesso mentre Chet con infinita modestia tira avanti la propria esistenza sui consueti binari di una lunga carriera. Quale del due sia il più grande a noi non interessa, Davis, il geniale uomo di successo, l'estroso sperimentatore ma anche l'uomo dei compromessi; Baker, l'eterno poeta sempre sulla strada, il musicista legato al mondo della sua giovinezza, al bebop di Charlie Parker, at film con James Dean, ai romanzi di Jack Kerouac. A noi è più simpatico Baker. Forse perclié abbiamo una predilezione per gli sconfitti, una debolezza, d'accordo, forse perché l'ogliamo illuderci die Il danaro non sia proprio l'unico scopo di un'esistenza, forse perclié la musica di Baker si esprime struggente con suoni e accenti umani e non ripiega sul trionfi delle tecnologie. ' : ' Baker a Torino ha suonato con molta concetrazione, come sempre, ma più di altre volte lo abbiamo trovato perfettamente a suo agio nel contatto con pubblico. Inoltre un labbro in eccellenti condizioni gli consente di esprimere qualsiasi frase mentre pronta è sempre l'invenzione. Adorabile il crooner quando alla tromba preferisce la voce. Notevole la collaborazione del chitarrista Catherine, un belga intenzionato a succedere al grande René Thomas suo connazionale. Patria di chitarristi il Belgio. Guest star della sera era infatti Toots Thielemans che trascorre sei mesi all'anno a New York (è un conteso freelance) e sei nella sua Bruxelles dove si dedica alla composizione e al jazz. E' toccato a lui di aprire il concerto perché un incidente di viaggio aveva ritardato l'qnrlvo di Baker. .TfliéffiììtMè 'Untltàqmformidabile' armonicista che 1 / clienti di Quincy Jones conoscono bene. Il pubblico torinese lo ha ricompensato della faticaccia con applausi. •' In chiusura di programma Baker e Thielemans si sono associati per fare show. Insieme hanno anche proposto un tema di Bruno Martino, «Estate», un omaggio alla nostra canzone e all'unico autore italiano che non compone all'italiana. Franco Mondin! Chet Baker, concerto per una folla attenta e pronta all'applauso
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