I radicali lanciano una sfida ai giudici del processo Tortora di Giuseppe Zaccaria

■ radicali lanciano una sfida ai giudici del processo Tortora Da Roma parte un attacco al «rito partenopeo» di amministrare giustizia ■ radicali lanciano una sfida ai giudici del processo Tortora «Solleciteremo il Parlamento a indagare su questa vicenda» - L'eurodeputato: «Mi occuperò di chi sta peggio di me» ROMA — I giudici del processo alla «NifSva camorra» sono ancora in camera di consiglio, l'attesa continua a montare, all'ultimo atto del più sconcertante «show» di questi anni mancano ormai poche ore: ma quale che sia la sentenza, per la magistratura napoletana si prepara un autunno di fuoco. Dopo mesi di critiche, di polemiche, di accuse, il partito radicale ha lanciato ieri una specie di dichiarazione di guerra a tutto quello che un gruppo di giudici, un sistema d'indagine, un certo modo di condurr^ i processi possono rappresentare. Già da domani, 11 «rito partenopeo» rischia di essere eletto a simbolo delle distorsioni di tutto un sistema. «Nelle prossime ore — annuncia Giovanni Negri, segretario del partito — solleciteremo tutti i parlamentari e la coinmissione Giustizia della Camera a indagare sull'intera vicenda. Il vero dibattito si apre adesso-. E per i giudici di Napoli non si parla più di superficialità o di protagonismo: il pr il accusa apertamente di aver agito «con coscienza e con dolo». In quarant'anni di tormentati rapporti fra politica e giustizia, non c'è traccia di un attacco cosyontale, cosi diretto. Un mese e mezzo fa, nella conferenza stampa che aveva preceduto (o provoca' lo) il rinvio a settembre della sentenza sulla «Nco», accanto al radicali sedeva il vicesegretario del partito socialista Claudio Martelli. Ieri, al tavolo di Negri, Teodori e Spadaccia, Martelli non c'era, ma rispondendo ad una domanda il segretario del pr ha pre cisato che quest'assenza non aveva alcun significato. Rispetto al problemi della giù stlzia. ha detto, il psl conduce col radicali «una battaglia comune, sia pure con diverse sfumature». Si indagherà dunque, dicono 1.radicali, sull'intera azione'«concepita, 'costrutta; dolesamente condotta contro Tortora». Un'azione che secondo l'Ipotesi di Massimo Teodori punta ad un «grande depistamene» rispetto ad al tre indagini, altri fascicoli che a Napoli giacciono, e sembrano destinati ad esplodere, prima o poi, con conseguenze difficilmente calcolabili. Secondo Teodorl, nel processo 11 «pentito» Pandico «per tre volte ha accennato al caso Cirillo, ma è stato bloccato» (cosa da una parte ovvia, trattandosi di un giudizio di argomento diverso, e dal l'altra inutile, essendo le dichiarazioni di Pandico sul «caso Cirillo» già da tempo registrate a verbale dell'inchiesta napoletana del dottor Memi). Di questa tenebrosa vicenda, sempre a giudizio di Teo¬ dorl, farebbe parte anche la misteriosa morte di Salvatore Imperatrice, già accompagnatore di Caslllo durante i contatti nel carcere di Ascoli Piceno con Raffaele Cutolo, autorizzati dai servizi segreti. Anche la recente, mancata eliminazione di' Corrado Jacolare risponderebbe al tentativo di far sparire ogni testimone degli sporchi accordi fra delinquenti, terroristi ed esponenti di un apparato dello Stato. Ma intanto, che farà Enzo Tortora? L'uomo eletto suo malgra¬ do a simbolo del maxi proces-. so, ieri ha lungamente ascoltato le accuse dei suol compagni di partito. Poi, l'aria tesa ma il linguaggio sempre levigato, è parso voler ricordare un po' a tutti che se di lui, negli ultimi mesi, si è par-' lato quasi sempre come imputato, la sua qualità di parlamentare europeo resta ferma. E che le più recenti esperienze l'hanno rafforzato, se mal ce ne fosse stato bisogno, nel proposito di lottare contro un malessere «che si è trasformato ormai quasi in un Aids giudiziario, con le stesse devastanti conseguente». •• ... ■ «Non voglio parlare di me, della mia situazione — afferma Tortora — ma degli altri, di tutti quegli uomini e quelle donne che, senza mai vedersi puntato un riflettore- in faccia, si trovano in condizioni ben peggiori delle mie». Lunedi scorso, poco dopo le sette di sera, durante una delle ultime arringhe, nel processo di Napoli — ha detto — si è scoperto l'ultimo «omonimo». Un uomo che era agli arresti da nove mesi. Il «pentitismo», Il prolungarsi della carcerazione preventiva, il moltipllcarsi di detenzioni assurde o Immotlvate mostrano a tutti le condizioni di «una giustizia malata ai limiti del collasso, se non già ad encefalogramma piatto». «Fra breve, con la sentenza la mia figura ingombrante potrà sparire, la soubrette se ne andrà. Restano le persone sema storia: è il momento di occuparsi di loro». Da oggi antiche battaglie (come quella per la riforma del codice di procedura, I bilanci della giù stizla, la tutela del diritto di difesa) troveranno nell'eurodeputato Enzo Tortora un sostenitore ancora più acanito. Resta da vedere fino a che punto, per facilitare questo progresso, i giudici di'Napoli siano disposti a sostenere il ruolo delle vittime. Giuseppe Zaccaria

Luoghi citati: Ascoli Piceno, Napoli, Roma