I «Non allineati»: uniamo le voci contro Pretoria e le superpotenze di Igor Man

I «Non allineati»: uniamo le voci contro Pretoria e le superpotenze Il futuro dell'Africa australe dopo la conferenza di Luanda I «Non allineati»: uniamo le voci contro Pretoria e le superpotenze Indipendenza della Namibia, sgombero delle forze sudafricane dall'Angola, lotta all'apartheid: questi i cardini della dichiarazione finale -1 vantaggi di un dialogo «stile Rhodesia» DAL NOSTRO INVIATO LUANDA — Una scarica di adrenalina: questo l'effetto della Conferenza di Luanda sul Movimento dei non-allineati. Non sappiamo se il Movimento in sé conserverà la «carica» necessaria per affrontare l'anno prossimo ad Harare (ex Salisbury) un vertice che si preannuncia storicamente drammatico. Ma possiamo ben dire che i Paesi dell'Africa australe mostrano di aver compreso, grazie a un dibattito una volta tanto pragmatico anche se a tratti acceso, come di qui all'autunno dell'anno venturo sarà in giuoco il loro futuro. Prendendo spunto dal titolo d'un libro di Henry Favrod uscito nel lontano 1961, Alfred Nzo, forse il più vecchio dirigente del Congresso nazionale africano (il famoso Anc), la principale formazione clandestina opposta a Pretoria, dice che oggi (l'Africa australe è sola». Contesa tra l'Est e l'Ovest, stretta tra la nostalgia d'una cultura difficile da recuperare e la dipendenza in termini economici dal Nord industrializzato (cicco cos'è il neocoloniatisino»), l'Africa australe «deve finalmente riuscire u parlare in prima persona». La dichiarazione finale della Conferenza dei non-allineati /afferma che «il conto alla rovescia per il collasso dell'apartheid è cominciato».- I) documento (appoggiai) la lotta armata in Sud Africa, (■chiede» sanzioni contro il regime razzista di Pretoria, «esige» l'indipendenza imme' diala per la 'Naniibia c lo sgombero totale delle forze sudafricane dall'Angola. Il debito estero va pagato, ma va respinto lo «strozzinaggio» del Fini. C'è da dire che molti delegali s'aspettavano di partecipare a una delle solile, formali riunioni sul tipo dell'ultimo vertice, in New Delhi, nel 1983. Il riassetto in tempi rapidi (per una spesa di 200 milioni di dollari) del centro di Luanda non ha cancellato la realtà tragica dell'Angola devastata dalla guerra (non dichiarata) e dal pauperismo.' Il peso di centinaia di migliaia tra morti e feriti, dicci miliardi di dollari di danni piagano un Paese intero cui e vietato' sfruttare le sue immense risorse dalla guerriglia di destra (Y Unita) che insidia le principali vie di comunicazione e controlla, in fatto, quasi tutte le zone più ricche dell'Angola. Durante la Conferenza, Jonas Savimbi, leader de\YUnita, ha tuonato giornalmente da Radio Sud Africa, annunciando attacchi alla capitale c^ sabotaggi: ('Rapiremo i fantocci del comunismo internazionale, li lasceremo senz'acqua e senza elettricità». Codesta propaganda s'è rivelata un boomerang, poiché ha avuto l'effetto insperato di far prendere coscienza a molti delegati, africani c non, della reale dimensione della crisi dell'Africa australe. «Il regime di Pretoria è un attentato alla sicurezza mondiale», ha esclamato Joachim Glissano, ministro degli Esteri del Mozambico, certificando cosi il fallimento del Patto di Nkoniati firmato appena l'anno scorso con il Sud Africa. «E' un nemico dell'umanità», ha soggiunto Witness Mangwcndc, ministro degli Esteri dello Zimbabwe. E quando le agenzie hanno depositato sui tavoli della Conferenza le telefoto dei ministri degli Esteri della Ccc a banchetto con gli ospiti sudafricani, proprio mentre nei ghetti la polizia sparava contro i neri, Alfred Nzo ha gridato al tradimento. Adesso che son venute le minisanzioni di Reagan e della Ccc contro {'apartheid, il vecchio combattente nero dice: ('Contiamo sul metodo americano, cioè sulla pressione dell'opinione pubblica, in Usa e in Europa; occorre mobilitarsi per imporre ai propri governi le sanzioni contro Pretoria». La lotta sarà dura, ma per Alfred Nzo, segretario generale dcìVAnc dal '58. in esilio da un quarto di secolo, «oggi il sogno comincia a materializzarsi». Il massacro di Shapcrville nel I960, l'interdizione di movimenti quali VA ne, l'imprigionamento di leader come Nelson Mandela aveva- no garantito lunghi anni di pace al regime di Pretoria. «Ma infine il bubbone è scoppiato, c stavolta non si torna più indietro». Certo — aggiunge —- non è senza significato che i più grossi club di uomini d'affari sudafricani abbiano chiesto di incontrare i dirigenti dclYAnc, un movimento considerato (terrorista» per essere il capofila della rivolta di ieri e di oggi. «La nostra parola d'ordine — conclude Nzo — è: rendere impossibile /'apartheid e il Sud Africa ingovernabile». • In teoria tutto ciò è possibile, ancorché non sulla corta distanza. Tuttavia, scarica di adrenalina a parte, i più avveduti tra i leader africani si rendono conto che la lotta armata contro una piccola superpotenza quale il Sud Africa è destinata al fallimento. L'unica praticabile è la via del dialogo, seguendo quel modulo che ha permesso alla Rhodesia di diventare lo Zimbabwe. Ma il dialogo passa per la porta stretta della politica di Reagan, come osserva realisticamente Eduardo Dos Santos, il giovane, moderato presidente dell'Angola. Se a Washington prevarranno i «falchi» il risultato sarà quello, negativo, di legare definitivamente l'Angola (e l'Atte e la Swapo) ai suoi ('protettori» socialisti, e di chiudere l'Africa australe sempre più nella trappola dei rapporti Est-Ovest. A tutto detrimento dell'Europa, che è il principale partner economico dei Paesi della regione e che potrebbe, sol che lo volesse, giocare qui un ruolo politico davvero determinante. Igor Man

Persone citate: Alfred Nzo, Henry Favrod, Joachim Glissano, Jonas Savimbi, Nelson Mandela, Reagan, Salisbury