I generali-presidenti argentini in faccia ai giudici, attendono

I generali-presidenti argentini in faccia ai giudici, attendono L'amara storia dei desaparecidos sta arrivando alla conclusione I generali-presidenti argentini in faccia ai giudici, attendono II pni Strassera apre la requisitoria: «Non sono solo, novemila scomparsi hanno lasciato la loro muta testimonianza» - Il nodo del processo: sono da condannare anche gli ufficiali subalterni? DAL NOSTRO INVIATO BUENOS AIRES — Mai prima d'ora, nella memoria del mondo, tre capi di Stato, avevano dovuto sedere sul banco degli imputati, a subire 11 verdetto non della sto-' ria ma degli uomini, e delie leggi che hanno violato. I generali Vldela, Viola e Galtleri, presidenti della Repubblica argentina dal '76 all'82. comandanti di tre giunte militari che hanno fatto di questo Paese la frontiera dell'orrore, sono stati portati in tribunale sotto scorta, obbligati a stare faccia a faccia con i loro giudici. Sarà così fino a martedì, per venti ore: di una requisitoria dove a reclamare giustizia, come dice 11 p.m. Strassera aprendo il lungo atto d'accusa, «é non solo il popolo argentino, ma la coscienza giuridica universale». Là lunga amara storia dei desaparecidos sta arrivando alla sua conclusione. 'Non sono solo in quest'Impresa — dice ancora Strassera —. Mi accompagnano più di novellina persone scomparse, che attraverso la voce di quanti hanno avuto la fortuna di tornare dalle tenebre ìianno lasciato la loro muta ma non per questo meno eloquente testimonianza d'accusa». Le imputazioni sono di assassinio, tortura, sequestro, violenza; le condanne richieste saranno probabilmente l'ergastolo per i generali Videla e Viola, per gli ammiragli Massera e Lambruschini e per il brigadiere Agosti. La sala del processo è piccola, con due tribunette stipate di giornalisti e un palco di ottanta posti per il pubblico. Gli imputati sledono di fronte alla Corte, dando le spalle alla gente. Stanno rigidi, immobili ; sono tutti in divisa, tranne Galtieri e Videla in completo grigio come ulti- mo atto di protesta per il processo. Non ci sono parrucche, toghe, rituali antichi; la procedura è semplice, i giudici vestono i loro abiti di taglio classico, con cravatte appena scure. Ma la solennità è nell'atto di giustizia, e la tensione stringe la sala. Sul fondo, in alto, sta appeso un grande crocefisso di legno. Visto dall'Europa, nell'eco che se ne può avere laggiù, questo giudizio può anche apparire meno sensazionale di come lo si viva qua; ma nel concreto della realtà latinoamericana, dove i generali Bolivar e San Martin sono santi libertadores. dove il potere militare è una delle componenti tradizionali (e non necessariamente negative) del potere politico, i generali presidenti che debbono sedere di fronte a un magistrato In abiti borghesi sono un fat to storico, destinato a segna re profondamente il corso a venire degli equilibri politici continentali. E a questo punto, la «specificità» della società argentina diventa definitivamente un fattore in più nel complesso amalgama di costumi, radici culturali, e valori del Sudamerica. Il processo, apertosi il 22 aprile, si sta svolgendo sotto la tutela di una serie di misure di sicurezza che, sebbene siano estese, severe e attente, poco hanno a che fare con gli spiegamenti di forze che s'erano visti da noi al tempo del processi al terrorismo. Qui il tribunale è stato circondalo da una fascia di circolazione controllata, e dai tetti attorno all'edificio hanno puntato 1 loro fucili una cinquantina di tiratori scelti. Passaggi elettronici e perquisizioni filtrano l'entrata di giornalisti e pubblico, fuori dalle transenne le Madri di Plaza de Mayo e un centinaio di giovani barbuti chiedono -giustizia per tutti i torturatori, condanna non solo per i generali». Questo è uno del punti più controversi del processo: decidere se siano colpevoli solo i capi delle giunte militari, o anche gli ufficiali che poi in concreto hanno ammazzato, torturato, violentato, uomini donne, bambini e vecchi, indifferentemente, senza rispetto più della dignità della vita e della persona. La scelta finora è stata di distinguere tra la responsabilità dei comandanti e l'obbligo di obbedienza dei subordinati (distinguendo poi ancora, tra questi, coloro che hanno eseguito gli ordini con particolare ferocia e efferatezza). Non pare che questa società possa permettersi di andare oltre quel limite, che comunque è già molto anche per il costume giuridico della vecchia Europa e per la storia del suol processi politici. Il p.m. Strassera, nervoso, attento, una sigaretta dopo l'altra, si muove con abilità: è partito con una lunga ricostruzione della violenza guerrlgliera del montoneros e dell'Erp, e ha tolto cosi gran parte delle armi di dibattito che la difesa certamente avrebbe voluto usare; poi ha detto: «I guerriglieri sequestravano, torturavano, e.ammaszavano. Che ha fatto lo !» ptr combatterli? Spjue^. "strtire, torturare, e ammazzare, in una scala infinitamente più grande e, quello che è più grave, al di fuori dell'ordine giuridico e della legittimità istituzionale». Secondo Strassera, in que-* sto tribunale sono presenti novemila vittime innocenti, innocenti perché nessuna di loro ha potuto avere un processo. L'affermazione è soltanto giuridica, ma in un Paese che per sette anni ha preferito chiudere occhi e orecchie per vivere tranquillo la propria vita qualunque, è anche un atto di accusa terribile, un dito puntato contro tre milioni di complici. Mimmo Condito h Buenos Aires. I membri dell'ex giunta militar* che governarono il Paese sino al 1983 sul banco degli imputati. Dall'alto: Videla, Lambruschini, Graffigna, Anaya, Agosti e Galtieri

Luoghi citati: Buenos Aires, Europa, Sudamerica